Magazine Società

Provocazione in forma d’apolog(o/ia) 174

Creato il 07 settembre 2010 da Fabry2010

L’aperitivo rosso in bottiglietta troncoconica ed il liquore giallo che ha il nome di un premio letterario stanno lì da decenni uguali nel gusto e nella confezione, impavidi piloni contro cui le ondate dell’esistenza si abbattono invano. Non si può dire lo stesso di una certa birra rossa fino all’anno scorso più buona e calmante del latte di mamma: da quando la presentazione è cambiata di un niente è cambiato decisamente pure il gusto; anche se al numero verde, al quale si telefona dopo aver superato un comprensibile imbarazzo, il giovanotto di turno dice che no, che l’azienda, di fronte alle segnalazioni già pervenute in tal senso, ha fatto sapere che si tratta di mera suggestione. Ah, si ribatte, perché di segnalazioni in tal senso ne sono già pervenute, nevvero? Seguono un silenzio e un clic.
Capisco che può essere irritante sentir parlare di liquori e di birre in un mondo che lotta per l’acqua; di continuità nel tempo, di presenze che rimandano a un’idea di rassicurante armonia, in un mondo in cui il tempo continuamente si contrae, su uno scenario di cambiamenti angosciosi e drammatici.
Ma chi vuole ingannare prima di tutto tende a confondere, a far saltare i criteri ed i termini di paragone. Ed oggi questo è tanto più facile, in un contesto di generazioni che non si parlano e di stranieri che affluiscono in un mondo per loro tutto nuovo, e ai quali viene detto che se qualcosa non gli garba non devono far altro che andarsene.
Ci può essere in quanto precede, oltre a un’ovvia morale, una proposta?
Credo di sì: come un libro famoso, basandosi sul valore fondante della memoria, parlava di uomini-libro, credo che chi può e sa oggi debba davvero farsi non solo uomo-libro, uomo-idea, uomo-Costituzione, ma anche uomo-formaggio e uomo-vino, affinché non sia più possibile spacciare come PESTO ALLA GENOVESE un pesto fatto, come indicato a caratteri appena più piccoli, senza uso di aglio.
E già che ci siamo, dopo aver posto mano al cuore, si ponga mano al portafoglio, ma solo dopo aver posto mano al cervello: cosa che permetterà grandi risultati senza soverchi impegni materiali aggiuntivi e con un aumento del rischio non superiore al normale rischio di vivere.
È un vero spreco, ad esempio, sostenere le organizzazioni umanitarie che rattoppano le vittime delle mine anti-uomo e nel contempo affidare i propri risparmi a istituti di credito che con rigiri neppure troppo nascosti finanziano le aziende che quelle mine producono.
Come è una vera incongruenza, figlia della pigrizia intellettuale e morale, sovvenzionare attraverso fondi d’investimento non si sa chi non si sa come non si sa dove, quando, sotto i nostri occhi e quindi nella possibilità di un controllo costante, c’è un edificio storico che cade in rovina e si potrebbe far rivivere e fruttare con pochi milioni di euro; c’è la distilleria dello storico amaro “Alpestre” (qui sì che il nome è d’obbligo!) a rischio di chiusura e per la quale forse basterebbe anche meno; e soprattutto, anche perché non si dica che chi pensa a imprese del genere ha lo sguardo soltanto rivolto al passato, ci sono giovani brillanti i cui studi e le cui iniziative potrebbero essere supportate per il bene comune con una manciata di spiccioli.
Certo, ai fini di cui sopra non ci si potrebbe limitare alla mugugnante lettura di un estratto conto mensile; occorrerebbe un impegno collettivo ma al contempo personale, una serie coerente di gesti d’attenzione: in una parola un gesto d’amore, l’amore di chi crede di poter ancora dire e dare a sè e agli altri qualcosa – e se non altro una testimonianza.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine