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Psicologia della moda: abbigliamento e relazione madre-figlia

Da Susanna Murray

Psicologia della moda: abbigliamento e relazione madre-figlia

chawedrosin


La costruzione della nostra identità personale, passa attraverso un processo complesso, durante il quale a volte ci identifichiamo secondo certe categorie ( ruolo sociale, tipo di lavoro che facciamo, orientamento sessuale, stato di famiglia, caratteristiche dell'aspetto fisico, eccetera), altre volte ci identifichiamo con dei gruppi sociali o con certi ambienti, altre volte ancora ci diamo delle etichette.
Diciamo quindi che noi abbiamo svariati modi per percepire noi stessi e identificarci in un concetto di noi stessi che si modifica a seconda degli spazi, dei tempi e dei contesti.
Gli abiti, gli accessori e le scarpe sono oggetti di moda il cui valore va molto oltre la qualità dei materiali o il marchio di produzione. Da un certo punto di vista questo aspetto della moda e del valore che diamo all'abbigliamento, è stato analizzato sia da sociologi e psicologi che dagli stessi esperti di marketing, sia nella produzione che  nella promozione di alcuni oggetti di moda. Ed è forse per questo che spesso vengo attaccata da alcuni miei colleghi, che sentono il tema della psicologia della moda e dell'abbigliamento, come un settore legato alla superficie o al massimo alla psicologia sociale a vantaggio delle vendite.
Io invece sostengo che la psicologia della moda e nello specifico dell'abbigliamento, è profondamente legata al processo di identità individuale. Innanzitutto va ricordato che l'abbigliamento, i tessuti, i colori, i materiali e le forme sono a stretto contatto con la pelle. A livello sensoriale quindi avviene un procedimento ben preciso dove il contatto con certi oggetti va comunque a fornire, in modo inequivocabile, un confine tra mondo esterno e mondo interno. Mi spiego meglio: la pelle è uno degli organi più importanti, anche se forse a volte sottovalutato, non solo perché è il più esteso del corpo umano, ma è il nostro contenitore, il nostro guscio.
Anzieu, psicoanalista,  parlava proprio del "io pelle": una rappresentazione mentale del nostro confine corporeo e psichico che definisce i limiti dello spazio personale e quello degli altri, ma contiene anche tutte le parti psichiche individuali. Quindi l'abbigliamento diventa una vera è propria seconda pelle, attraverso cui esprimiamo e comunichiamo parti di noi. Quello che forse spesso ignoriamo è che non comunichiamo soltanto ciò che noi vogliamo comunicare, ma soprattutto comunichiamo aspetti e tratti di noi che noi stessi non conosciamo e di cui siamo inconsapevoli.
Questo per dire che l'analisi della nostra immagine corporea, per esempio nel lavoro clinico che svolgo quotidianamente, prende in esame anche quello che sfugge alla consapevolezza, e alla coscienza, ma che ci può dare importanti riferimenti su come l'individuo si percepisce e soprattutto sulle eventuali conflittualità.
Provo a portare un esempio molto comune: vi è mai capitato di conoscere madre e figlia vestite come fossero sorelle?Capita a volte che l'arrivo all'età della pubertà della figlia, metta i genitori in condizioni di una nuova messa in discussione.Se un figlio entra nel mondo dell'adolescenza, molti cambiamenti sono in atto, uno su tutti il processo di separazione dai genitori e un nuovo livello di autonomia dell'adolescente.Il rapporto tra madre e figlia è caratterizzato da dinamiche molto complesse: se da una parte la figlia necessita della madre come modello femminile a cui far riferimento, dall'altra sente la necessita di metterla in discussione ed entrare in conflitto, per dichiarare la propria autonomia.Terreno scivoloso, questo, soprattutto per le madri che non sanno come muoversi.Anche la madre alterna il desiderio di restare legata alla figlia alla consapevolezza di dover dare spazio all'adolescente per poter sperimentare l'autonomia e il distacco dai genitori.Ma c'è di più: una figlia che diventa adulta può rimandare alla madre il fatto che il tempo passa, che sta invecchiando e che il suo ruolo di madre sta cambiando.Non sempre questo processo è avulso da ostacoli e per molte madri diventa molto difficile accettare il distacco.Quando una donna saccheggia l'armadio della figlia e indossa un abbigliamento da teenager, quasi cercando di azzerare la distanza di età, bisogna chiedersi come la coppia madre-figlia stia affrontando il processo di separazione.E' piuttosto fisiologico un alternarsi di momenti simbiotici ad una serie di aspri conflitti e guerre dichiarate. Ma tuttavia a volte vedo in consulenza situazioni di disagio, in cui la giovane madre fatica ad entrare nel ruolo di donna adulta e vive una sorta di gratificazione ad essere scambiata per la sorella della propria figlia.La figlia adolescente non vive sempre serenamente questa situazione, ma anzi con enorme ambivalenza. L'adolescente vorrebbe che la madre facesse "la madre" e le lasciasse il suo spazio, ma allo stesso tempo sente di potersi fidare solo della propria madre, in un mantra che suona spesso come: "mia madre è la mia migliore amica".Quindi nuovamente l'abbigliamento rivela, ad un occhio più attento, queste dinamiche nella relazione madre-figlia e segnala come sia utile che entrambe trovino un "proprio vestito" individuale, per permettere loro di stare in una relazione più matura condividendo le proprie differenze senza temerle.

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