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Punto. A capo

Creato il 12 gennaio 2015 da Cultura Salentina

Punto. A capo

12 gennaio 2015 di Titti De Simeis

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Resto a guardare, ma non fino alla fine. Non ce la faccio.

Poi, come altre volte, vedo sfilare infiniti post d’indignazione, condivisioni di frasi fatte, immagini di matite spuntate e temperate, manine di neonati inconsapevoli.

E’ stato un attentato, contro la libertà di satira, di cultura contro la più rispettabile delle espressività, quella di pensiero. Un atto terroristico contro ogni dignità che si rispetti, contro l’umanità intera. Contro dei lavoratori indifesi, uccisi perché ‘disegnavano’, per mestiere. Contro l’apertura mentale, l’intelligenza della tolleranza, della matita tagliente che non conosce censura. Contro un pregiudizio: che la religione sia vendicabile con la violenza, che sia difendibile togliendo la vita a qualcun altro. La religione: delicatissimo il confine con l’umano, quando ci si confonde sulla ‘sacralità’ di un atto come questo. La Storia poi, porta l’esempio. Migliaia di guerre hanno mietuto diritti, per il solo dovere di fare giustizia in nome di un Dio. E, se quel Dio è uno, non occorre nemmeno andar tanto per il sottile a differenziarlo con un nome piuttosto che un altro.

Ma se quel Dio è in ognuno di noi, allora tutto cambia. Siamo educati al ‘bene’, ci viene insegnato che Dio è il ‘Bene’. Ma poi ci istiga ad uccidere, proprio quel Dio che avremmo dentro e che sappiamo essere in qualsiasi altra persona. Verrebbe ucciso anche ‘Lui’, dunque.

Un giornale: la sede parigina di una delle testate più provocatorie e scomode. Difficile lavorarci. Coraggioso restarci. Indegno morirci. Ma è successo. Come è successo in quanti altri giornali, a quanti giornalisti, scomodissimi. E non perché usavano vignette satiriche contro Dio ma soltanto perché osavano verità irritanti, fastidiose, che mettevano ‘disordine’. Come ogni verità, del resto. Lo stesso movente: azzittirli. La stessa violenza da arma da fuoco. Lo stesso dolore: il silenzio imposto con la morte.

Solo che, in quei casi, il loro Dio non c’entrava nulla.

La libertà. Sta qui l’inghippo. Ci viene insegnata male, ci viene fatto credere che andarle dietro ci renderà schiavi, ci chiuderà alla vita perché ci farà vivere costretti a guardarci le spalle, per sempre. Costretti a scendere a compromessi, per sempre. Con chi? Con chi della nostra libertà ha terrore. Vedendoci privi di ogni catena ce la impone con la politica della paura, del ricatto, della minaccia. Per poi passare ai fatti. E insegnare al resto degli uomini ‘liberi’ che, prima o poi, la libertà costa cara. Meglio premunirsi e prevenire, ritrattando se stessi. Meglio ritrattare che dar vita alla libertà. E la religione è solo uno strumento per giustificare, per ‘legittimare’ un atto privo di giustizia, privo di credibilità. Se non nel nome dell’unico ‘credo’ che la ragione non discute: quello religioso, appunto.

Facile e vigliacco. Fuori da ogni perdono, religioso o, semplicemente, umano.

Ed oggi, riempire il mondo con matite colorate, più o meno spuntate o temperate non serve. E’ di effetto e smuove emozioni e sdegno, ma oltre non si va. Ci fu un tempo in cui si lottava per la libertà, si rompevano le righe per difenderci l’uno con l’altro. Ci si allenava con la libertà. Essa era premio e vittoria. Ora, invece, spesso è sogno da nascondere, da mettere a tacere, da cancellare con la gomma.

Ma la Cultura non la teme, anzi ne è promotrice e mecenate. Essa non abita solo le sedi di un giornale. Essa è ovunque, è in ognuno di noi. La Cultura è Dio. E’ il Dio che non commette omicidi, è il Credo, l’unico, in cui ragione e sentimento sono entrambi dalla nostra parte.

Essa è l’unico Dio che parli alle menti, per dire che la Libertà non è in un grilletto e non sta nel premerlo. Non è una matita contro una pistola. Non è niente e nessuno contro niente e nessuno. E’ estremismo puro, la Cultura non ha regole se non quella dell’accoglienza e il suo libro sacro è la vita stessa.

Essa è il coraggio di una mano nuda, vuota ma capace di un gesto che disarma, che aiuta a rialzarsi, che lascia un’impronta, che non chiede soprusi e non toglie la vita. Mai. A nessuno.

Titti de Simeis


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