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Q (Luther Blissett)

Creato il 13 ottobre 2014 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Agguati, complotti, lotte religiose, truffe e libri proibiti: c'è proprio tutto in Q, romanzo che ha reso famoso il collettivo di scrittori che opera sotto lo pseudonimo di Luther Blissett e, più di recente, con quello di Wu Ming. Uno straordinario affresco storico del periodo compreso fra il 1518 e il 1555, anni segnati dal conflitto fra la Chiesa cattolica e le idee riformiste di Lutero, così come con tutti i movimenti ereticali sorti in seguito alla polveriera scatenata dalle 95 tesi. Sullo sfondo della vicenda di Gert dal Pozzo (uno dei tanti nomi del protagonista-narratore) scorrono gli eventi che vanno dalla scomunica del frate agostiniano alla pace di Augusta fra Carlo V e i principi protestanti tedeschi, passando per la predicazione degli anabattisti, il Concilio di Trento, il potenziamento dell'Inquisizione e le rivolte popolari in Germania e Olanda, in cui questioni dottrinali si mescolano al desiderio di riscatto sociale, ma anche a comportamenti truffaldini.
Q (Luther Blissett)Luther Blissett ci trasporta nel cuore della storia e delle storie, raccontandoci le avventure un eretico senza nome che si lega prima a Thomas Müntzer, poi agli anabattisti e infine si vota al commercio di un libro proibito dal titolo Il beneficio di Cristo; egli è costantemente inseguito da Q, il misterioso emissario del cardinale Gianpietro Carafa, principale fautore dell'Inquisizione e della caccia alle eresie e strenuo oppositore di qualsiasi compromesso con i riformatori. Gert si muove da Frankenhausen ad Augusta, da Strasburgo ad Amsterdam, da Münster ad Anversa, per approdare infine a Venezia, dove si giunge solo "per commerciare o per nascondersi", entrando in contatto con predicatori, professori, lenoni invasati da fervori religiosi e pronti a farsi tiranni, abili truffatori dei Fugger, i più potenti banchieri europei, e imprenditori giudei. Quella di Gert è una predicazione ora plateale e portata avanti con sanguinose battaglie e rivolte nei borghi tedeschi, ora sospinta con sottili raggiri condotti sfruttando le potenze commerciali di Anversa e Venezia. In quest'ultima città sono ambientate le pagine più belle del libro, che devono la loro magia all'anticonformismo della Serenissima verso la Chiesa, all'aura torbida che aleggia sulla laguna, con le sue istituzioni onniveggenti e i suoi traffici illeciti, al fascino delle botteghe e delle stamperie di libri proibiti, e al carattere pittoresco delle architetture, che talvolta mi hanno ricordato le città invisibili che si affacciano nel racconto del Marco Polo di Calvino.
Al primo sguardo distante, reso più incerto dai veli di nebbia che fanno del sole un disco biancastro, non sai se il miraggio sia il mare che stai solcando, e invece è terraferma, o i palazzi e le chiese appoggiati sull'acqua, in realtà scogli di forme architettoniche. (p. 429)
«A Venezia ci si perde, compare, anche quando si crede di conoscerla bene, capito? Si resta completamente in balia di quella città. Un labirinto di canali, vicoli, chiese e palazzi che ti compaiono davanti come in un sogno, senza un legame apparente con quanto hai potuto vedere fino a quel momento.» (p. 406)
Alcune pagine della prima metà del romanzo risultano un po'complesse, soprattutto per la presenza di molti personaggi con nomi simili e idee anche solo leggermente diverse (dal momento che la mia lettura si è protratta per qualche settimana, ho dovuto spesso tornare a cercare questo e quello), ma la narrazione è ben costruita, accattivante e ricca di descrizioni che rimandano al grande romanzo storico. Ad ogni capitolo si avverte la solida documentazione storica, religiosa, economica e artistica che sta alla base e non di rado ci vengono presentati i grandi avvenimenti del passato in un'ottica che li riscatta dal grigiore di un'epoca decisamente meno accattivante dei secoli che l'hanno preceduta.
E poi c'è l'onnipresente riflessione sulla diffusione del libero pensiero e sull'importanza della stampa, il grande nemico contro cui si scaglia l'Inquisizione: ambientando molte pagine di Q nelle botteghe e nei locali frequentati dagli spacciatori di testi illeciti, Luther Blissett stuzzica il nostro appetito di lettori, stimolando bellissime riflessioni sul potere dei libri, come quando fa parlare Pietro Perna, collaboratore di Gert nei traffici di carta stampata:
«Io faccio il mio mestiere, capito? Io sono un libraio, vado in giro, vedo un sacco di gente, vendo i libri, scopro talenti nascosti sotto le montagne di carta… io propago idee. Il mio mestiere è il più rischioso del mondo, capito? Sono responsabile della diffusione dei pensieri, magari di quelli più scomodi.» (p. 414)

Q (Luther Blissett)

Il volto di Luther Blissett seondo A. Alberti e E. Bianco

Altre bellissime riflessioni riguardano la fede, che, attraverso Gert, che pure non disdegna di servirsi della sua autorità e delle sue abilità per arricchirsi, diventa oggetto di una predicazione che fa leva sull'umiltà, sul diritto di tutti a godere della presenza di un Dio che la Chiesa presenta come un'entità lontana e che i semplici confondono con una statua. Oltre alla rigida dottrina cattolica e alle macchinazioni di Carafa e di Q per stanare gli eretici, si affaccia, fra le pagine di questo romanzo una religiosità semplice, che cerca parità e conciliazione e vuole scardinare i paradossi di un clero che pensa solo a ristrutturare la propria autorità e i propri privilegi e partecipa dei giochi finanziari di banchieri e speculatori come qualsiasi altro monarca europeo.
«L'Apocalisse non è un obiettivo da raggiungere, è in mezzo a noi. Negli ultimi vent'anni ho sentito tanto gridare all'Apocalisse, che se oggi venisse davvero, ci vorrebbe del bello e del buono per riuscire a distinguerla dalla sorte quotidiana riservata agli uomini. Il vero Regno di Dio comincia qui, - punta l'indice sul petto - e qui, - si tocca la fronte. - Essere puri non significa separarsi dal mondo, condannarlo, per obbedire ciecamente alle leggi di Dio: se vuoi cambiare il mondo degli uomini devi viverlo.» (p. 355)
L'unico difetto di questo bellissimo libro è nella punteggiatura, non sempre perfetta, ma diciamo che possiamo anche chiudere un occhio, a fronte delle numerosissime pagine di altissima qualità regalateci dal collettivo.
Consiglio Q agli amanti dei thriller storici e a coloro che non temono di scendere nelle profondità della storia, ma, soprattutto, ai lettori che vogliono riconoscere nelle pagine di un romanzo l'importanza apportata dal libro e dalla stampa al pensiero umano.
«In questa vita ho imparato una cosa sola: che l'inferno e il paradiso non esistono. Ce li portiamo dietro ovunque andiamo.»
C.M.

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