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Quali romanzi arabi per i book club?

Creato il 03 febbraio 2016 da Chiarac @claire_com_

Qualcuno, tempo fa, mi aveva chiesto suggerimenti di romanzi arabi da leggere nel proprio “book club”, quei gruppi informali di lettori che discutono e commentano insieme un romanzo. 

E qualcuno di recente si era “lamentato” che alcuni romanzi fossero difficili da trovare, o ormai fuori stampa. È vero, purtroppo: molti bei romanzi non si trovano più perché sono andati fuori stampa. Ma è anche vero che negli ultimi dieci anni almeno ne sono stati tradotti molti altri, alcuni molto belli e ben tradotti in italiano, che meritano di essere letti e conosciuti.

Il post di oggi quindi contiene dei suggerimenti di lettura per i club del libro che vogliano leggere romanzi arabi tradotti in italiano: ho cercato di scegliere romanzi pubblicati di recente – dunque facilmente reperibili –  che ovviamente sono piaciuti in primis a me, o che mi sono stati consigliati da lettori di cui mi fido ciecamente, scritti da autori arabofoni, che quindi scrivono in arabo.

Accanto alle informazioni sul libro, ho aggiunto alcune brevissime note di lettura e impliciti suggerimenti tematici per – spero – facilitare gli organizzatori dei vari club nella scelta. I libri sono elencati in ordine alfabetico per cognome dell’autore.

Al-Aswani, Alaa’, Palazzo Yacoubian (Feltrinelli 2006; trad. di Bianca Longhi): il romanzo bestseller in Egitto degli anni 2000, da cui è stato tratto il film più costoso dell’industria cinematografia egiziana. Al-Aswani non ha una prosa sofisticata, poetica o particolarmente brillante, ma Palazzo Yacoubian è importante perché aprì uno squarcio su un lato dell’Egitto che all’epoca quasi nessuno conosceva. Ci ha fatto entrare nelle stanze degli abitanti di questo palazzo del Cairo, siamo diventati intimi con i suoi inquilini, i loro segreti, le loro magagne, i loro sogni di gloria, le loro personali tragedie.

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Al-Barghouthi, Mourid, Ho visto Ramallah (Ilisso 2005; trad. di Monica Ruocco): secondo Edward Said, questo è il romanzo che meglio di altri ha descritto cosa sia la ghurba, quell’esilio intimo e fisico tutto particolare che non ti fa sentire a casa da nessuna parte, perché qualcuno quella tua casa ha deciso di togliertela per sempre. In questo caso l’autore, poeta palestinese, ritorna in Cisgiordania dopo un’assenza forzata durata 30 anni (dopo il 1967, anno della “Guerra dei sei giorni”) e scopre che la sua Palestina, quella che aveva tenuto nel cuore per tutto quel tempo, forse era solo un miraggio, una fantasia della sua mente. Tranne per alcune, importanti cose.

Antoon, Sinan, Rapsodia irachena (Feltrinelli 2010; trad. di Ramona Ciucani): sono già passati 6 anni da quando è stato tradotto questo libro in italiano? Questo piccolo capolavoro letterario immerge il lettore nella vita degli iracheni sotto il regime di Saddam Hussein. Umanizza le vittime, quei cittadini di un Iraq sconvolto da decenni di guerre, quegli uomini e donne che non conosciamo. Sinan Antoon è uno dei più importanti rappresentanti della letteratura irachena e araba di oggi, un intellettuale a 360°, critico, brillante, da leggere.

Barrada, Muhammad, Il gioco dell’oblio (Mesogea 2009; trad. di Ramona Ciucani): ambientato nella magnifica Fez, in Marocco, Il gioco dell’oblio è una storia circolare, in cui la madre del protagonista e Fés, la città in cui questi ha passato il periodo d’oro della sua vita, l’infanzia, rappresentano il nucleo unificante e vivificante della intera esistenza del protagonista, Hadi, che nel romanzo racconta la sua vita, fin da quando era bambino a Fès e poi a Rabat agli anni della maturità, poi a Parigi e di nuovo in Marocco. Romanzo intimista, scritto in una prosa forse un po’ complessa ma che vale sicuramente lo sforzo.

Darwish, Mahmoud, Darwish. Una trilogia palestinese (Feltrinelli 2014; trad. di Elisabetta Bartuli e Ramona Ciucani): non è un romanzo, innanzitutto. Trilogia palestinese raccoglie i tre più importanti brani di prosa scritti dal poeta palestinese Mahmoud Darwish. Tre scritti intimi e dolorosi composti in tre differenti parti della vita di Darwish che ripercorrono la vita personale e la carriera poetica e intellettuale  di Darwish e che scandiscono anche la storia recente della Palestina, raccontata da uno dei suoi più grandi intellettuali senza sentimentalismi o eroismi e in una prosa poetica che trascina e cattura.

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Douaihy, Jabbour, San Giorgio guardava altrove (Feltrinelli 2012; trad. di Elisabetta Bartuli): uno dei tanti romanzi sulla guerra civile libanese, raccontata attraverso la vicenda tragicomica di un giovane libanese, nato musulmano sunnita ma cresciuto come un cristiano maronita. Il nostro eroe è un giovanotto spensierato e altruista, che della guerra non potrebbe infischiarsene di meno. Ci intenerisce con la sua generosità e voglia di viversi la vita, gli amori e le amicizie, sullo sfondo di una Beirut sempre più incandescente, dove la guerra monta sempre di più fino all’esplosione finale. Il tutto narrato con uno stile delicatissimo e poetico.

Ibrahim, Sonallah, Le stagioni di Zhat (Jaca Book 2014; trad. di Elisabetta Bartuli): questo romanzo merita più di una chance. È divertente, tenero e pieno di oggetti. E sogni e disillusioni. La protagonista è la Zhat del titolo, egiziana della media borghesia che sognava una vita sfavillante negli anni ’60 e dopo tre presidenti e tante amarezze si è ritrovata con meno soldi e più sogni infranti di prima. È un Libro con la L maiuscola e non per niente l’ho scelto come primo libro da leggere nel mio “book club”!

Jaber, Rabee, Come fili di seta (Feltrinelli 2011; trad. di Elisabetta Bartuli): questo bellissimo romanzo è il perfetto esempio della forza della letteratura quando è di qualità. Racconta una storia che dal punto di vista della geografia e dello spazio ci è completamente distante: è ambientato all’inizio del ‘900, tra la regione dello Sham e gli Stati Uniti d’America e ha per protagonista una giovane donna, Marta, che parte dal Libano per andare a cercare il marito, disperso in America. È una storia, quella di Marta, che ci avviluppa completamente e ci ritroviamo in un battibaleno con lei, a dorso degli Stati Uniti, per aiutarla nella sua ricerca, a soffrire e gioire per lei.

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Khalifa, Khaled, Elogio dell’odio (Bompiani 2011; trad. di Francesca Prevedello): l’unico romanzo ad essere stato tradotto in italiano di Khaled Khalifa, ad oggi uno dei più importanti scrittori siriani e arabi in circolazione. Ambientato ad Aleppo, e raccontato per bocca di una giovane narratrice, riporta alla luce un episodio terribile della storia recente della Siria, quella del massacro di Hama del 1982.

Khuri, Elias, Specchi rotti (Feltrinelli 2014; trad. di Elisabetta Bartuli): un romanzone intenso e struggente sul Libano, le sue comunità, la guerra civile. Narra del ritorno a casa di un uomo, che ha vissuto gli ultimi dieci anni scisso tra due paesi, tra il ricordo di un amore, e un presente che non sente più suo. È un libro sulla ricerca della propria identità, sulla memoria, sul passato, sul senso dell’esistenza, dove fraseggi perfettamente cesellati si alternano alla cronaca storica più dura.

Khuri, Elias, La porta del sole (Feltrinelli 2014; trad. di Elisabetta Bartuli): IL romanzo sulla Nakba, la tragedia palestinese del 1948, quello che nessun palestinese aveva avuto il coraggio di raccontare. Lo fa Khuri, libanese, ma con la Palestina nel cuore da sempre, lui che in Palestina non c’è potuto mai andare ma che se l’è fatta raccontare e descrivere da chi c’era stato. Da questo libro è stato tratto l’ omonimo film e una storia vera, particolarissima.

Salih, Tayeb, La stagione della migrazione a Nord (Sellerio 2011; trad. di Francesco Leggio): uno dei capolavori della letteratura araba contemporanea scritto da un autore sudanese, profondo conoscitore della lingua e della letteratura araba nonché dell’Europa e del mondo occidentale. In questo libro denso di metafore, che si può leggere a più livelli di significati, il mondo arabo e l’Europa si guardano allo specchio, ognuno con i propri stereotipi sull’altro. Impossibile restare indifferenti di fronte alla tragicità delle scelte di Mustafa Said o all’ignoranza piena di pregiudizi pericolosissimi di certi ambienti inglesi nel periodo post decolonizzazione.

Telmissany, May, Dunyazad (EV casa editrice 2010; trad. di Ramona Ciucani): il racconto intimo e delicato di una tragedia nella vita di ogni donna, quella della perdita di un figlio, che è anche il racconto di una città e di un paese, l’Egitto, che stanno agonizzando.

[foto di copertina di Everyday Middle East, scattata a Baghdad in via al-Mutanabbi, “mercato” informale del libro della città]


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