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Quando andavo in via Veneto di Nicola Apollonio – 7

Creato il 19 febbraio 2016 da Cultura Salentina

19 febbraio 2016 di Augusto Benemeglio

Breve  storia di Via Veneto

7

Con una prosa lineare e scorrevole, talora nostalgica e ammiccante, non priva di accenti lirici e di spunti inediti, Apollonio descrive quella splendida follia che sono stati i mitici anni ‘60. Ritroviamo seduti ai tavolini del Bar Rosati di Via Veneto Elsa Morante, Alberto Moravia, Giorgio Bassani, Luigi Zampa, Marcel Carné, Leo Longanesi, Eugenio Scalfari, Ennio Flaiano, Ercole Patti, Sandro De Feo. “Qui sono nati amori e progetti televisivi, soggetti di film, inchieste giornalistiche, polemiche politiche. Qui Rossellini ideò i suoi primi film, Mario Pannunzio con Franco Libonati e gli altri amici fondarono “Il Mondo“; Paolo Monelli e Vittorio Gorresio discutevano di filosofia, cinema, teatro, o delle battaglie politiche per la democrazia….
Mi ha raccontato Nicola che Via Veneto (diventò via “Vittorio” Veneto solo dopo la vittoria italiana nella guerra del 1915-18) era nata subito dopo Roma Capitale, verso l’ultimo decennio del diciannovesimo secolo, – dalla distruzione della Villa del Cardinale Ludovisi, nipote di Papa Gregorio XV, e che la moda dei Bar negli alberghi era cominciata già allora, ma l’affermazione di via Veneto come cuore mondano e intellettuale di Roma avvenne tra le due guerre, con il pullullare di caffè che nella bella stagione mettevano fuori i tavolini fino a tarda notte: il Rosati, lo Strega-Zeppa, il Doney e, più tardi, il Cafè de Paris. Ma la strada era balzata a notorietà internazionale dopo la seconda guerra mondiale, anche perché gli ufficiali alleati che alloggiavano all’Excelsior e negli altri alberghi frequentavano l’Harry’s Bar, Rosati poi diventato Carpano e il Caffè Strega, dove invitavano personalità e le star di Hollywood, da Lana Turner a Marlon Brando, da Tyrone Power a Ava Gardner.
E lì, tra i tavolini di quei caffè, Nicola incontrava e parlava con Vittorio Caprioli e Franca Valeri, il conterraneo Carlo Mazzarella, sempre incerto tra cinema, tv e giornalismo, o Vittorio Gassman con Anna Maria Ferrero, o la bellissima Silvana Pampanini, con la quale magari gustava un buon whisky. “Sento ancora nel palato il sapore dolcemente amaro del primo bicchiere di baby (“Ballantine“) che assaporavo al tavolino del Cafè de Paris…”
Si incontravano in via Veneto anche i produttori e gl industriali famosi come Andrea Rizzoli, che finanzierà il film di Fellini pretendendo che il titolo sia proprio “Via Veneto”. Federico promette e giura che lo accontenterà, ma poi non lo farà. L’idea che il film di Fellini sia una specie di film-cronaca –verità di via Veneto e dintorni è tanto radicata che quando scoppia un incendio all’Albergo Ambasciatori, e quattro guardarobiere, imprigionate tra le fiamme, si buttano da una finestra su via Liguria, qualche giornale scrive: “Fellini si prepara ad aggiungere l’episodio al suo film”.
E anche Apollonio è lì, col suo paparazzo, come il giornalista Mastroianni del film-scandalo, – il più vituperato, ma anche osannato di tutti i film del regista romagnolo. Anche lui, come Marcello Mastroianni-giornalista, conoscerà la sua “Anita” e la sua “Maddalena”, bella ricca annoiata e aristocratica, conoscerà la folla rabbiosamente assetata di speranza del falso miracolo, le feste spettrali nei castelli dei nobili, le orge stracche degli artisti da strapazzo, i pesci-mostro, e le fanciulle dal sorriso enigmatico.

(Fine settima puntata)

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