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Quando c’era Berlinguer

Creato il 19 marzo 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Quando c'era Berlinguer

 

Anno: 2014

Distribuzione: Bim Distribuzione

Durata: 117′

Genere:Documentario

Nazionalità: Italia

Regia: Walter Veltroni

Data di uscita: 27 Marzo 2014

 

Film documentario diretto da Walter Veltroni, Quando c’era Berlinguer ripercorre le tappe della vita personale e politica di Enrico Berlinguer , Segretario del PCI dal 1972 al 1984, attraverso i racconti di chi ha vissuto in prima persona la storia politica dell’Italia, nel contesto europeo e internazionale, e chi gli è stato accanto fino alla sera del 7 giugno 1984 quando, dopo l’ultimo comizio per le elezioni europee, viene colto da un fatale ictus cerebrale.

La voce narrante di Walter Veltroni è la voce della sua generazione (classe 1955) che  lascia un po’ perplessi: i filmati dell’epoca ci mostrano un fermento giovanile, misto ad una voglia di rinnovamento sociale, politico e culturale, che irruppe nell’Italia della metà degli anni Settanta e la caricò di speranze ben presto disattese.

Emerge timidamente il punto di vista del giovane Veltroni che ha guardato  Berlinguer come ad una guida, il fautore di una strada nuova per fare politica, una politica al servizio di tutti; non è tanto lo sguardo del regista che ci conduce nelle due ore di documentario ma la potenza dell’uomo e del politico Enrico Berlinguer, attraverso le belle immagini di repertorio.

A raccontarcelo, tra gli altri, c’è la figlia Bianca, che parla di come alcuni momenti di vita privata si siano intrecciati con le vicende politiche: quando le BR rapirono Moro, il 16 marzo del 1978, Berlinguer riteneva che una trattativa con i brigatisti li potesse legittimare e questo non era giusto nei confronti delle famiglie a cui le BR avevano ucciso i propri cari: in quell’occasione Berlinguer disse ai suoi che se fosse successo a lui, non si sarebbe dovuto trattare per nessun motivo;  anche il Presidente Giorgio Napolitano (che all’interno del PCI rappresentò l’opposizione interna a Berlinguer.) partecipa commosso alla ricostruzione della vita dell’uomo e del politico; Eugenio Scalfari, fondatore ed ex Direttore di Repubblica lo ricorda come una persona “integerrima, sobria, timida ma col martello”; Lorenzo Cherubini lo descrive con un’immagine di “leggerezza”.

Molto interessanti gli interventi di Michail Gorbaciov, segretario generale del Partito Comunista Sovietico (PCUS) , la cui politica segnò la fine della guerra fredda e della caduta del muro di Berlino e di Richard Gardner, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia dal 1977 che offrono una visione più ampia dell’idea, a tratti controversa, di eurocomunismo. “Siamo un partito comunista ma cerchiamo convergenze con altri partiti socialisti e socialdemocratici”: l’idea europea di Berlinguer era quella di formare una sinistra compatta nell’Europa Occidentale, che si distaccasse dal comunismo dell’Europa dell’Est dove vigeva il dominio di un unico partito. E se da un lato, a Est, questo gli comportò delle antipatie e dei rischi (a Sofia, dopo un incontro con il segretario del partito comunista bulgaro ebbe un incidente in auto che si rivelò un attentato destinato a lui), a Occidente, in particolare per gli americani restava comunque troppo filo-sovietico.

Così come la visione moderna dell’eurocomunismo di Berlinguer, anche le immagini e i filmati dell’epoca ci sembrano lontane anni luce: le tribune elettorali, austere, asciutte, essenziali, i telegiornali, la voce commossa di Paolo Frajese che cerca di testimoniare il rapimento di Moro e l’uccisione dei cinque agenti della scorta rappresentano una pagina di storia della televisione  ben lontana dal sensazionalismo, dalla sovra-informazione e dalla patina che avvolge la comunicazione politica di oggi. I giornali erano una vera e propria piazza dove poter divulgare idee, scambiarsi opinioni e fare dibattiti. E’ sul giornale Rinascita che Enrico Berlinguer pubblica tre articoli di “riflessione sui fatti del Cile”, a seguito della presa di potere di Pinochet , nei quali viene formulata la proposta del compromesso storico con il quale si auspicava una collaborazione con il partito di maggioranza, la Democrazia Cristiana, al fine di portare il Paese ad un rinnovamento che fosse per tutti.

Percorso dalle musiche di Danilo Rea e dalle parole di Sergio Rubini, che presta la voce a  Pasolini, e Toni Servillo che legge le lettere che Berlinguer scrisse dal carcere quando fu arrestato nel 1944 con l’accusa di essere il responsabile dei “moti per il pane”; il documentario ospita anche spezzoni  tratti dal film Berlinguer Ti Voglio Bene (film di Giuseppe Bertolucci del 1977, con un giovane esordiente Roberto Benigni), Quelli Della Notte di Renzo Arbore, vecchi spot trasmessi nel periodo del Referendum per il divorzio, il tutto nel tentativo di ricostruire il quadro sociale di un’Italia che sembrava lanciata verso un grande futuro, ma che ad un certo punto si è ritrovata orfana di una figura politica amata, e soprattutto orfana di una Sinistra solida e capace di portare il Paese verso il vento del cambiamento che di lì a pochi anni soffiava dall’Europa dell’Est.

 “Senza la morale non si fa politica”, Berlinguer voleva portare in Europa l’Italia pulita “e non l’Italia della P2” e usò parole dure nei confronti del banchiere Sindona e della connivenza tra politica e finanza. E i titoli di coda scorrono proprio con l’amarezza e il disincanto: celebrare la figura di Enrico Berlinguer oggi, dopo che sono trascorsi quasi trent’anni dalla sua morte sembra piuttosto riduttivo e semplicistico, specialmente perché se la sua figura avesse continuato a vivere nella politica del Paese, nelle scuole, negli spazi collettivi comuni, attraverso la cultura popolare e i mezzi di comunicazione di massa, probabilmente oggi non ci sembrerebbe così distante e moderno e seguirne la linea morale sarebbe il modo migliore per celebrarlo.

Anna Quaranta


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