Magazine Per Lei

Quando essere donna è un crimine da pagare con la vita

Creato il 09 settembre 2010 da Alesha

La lapidazione prevede che la donna sia sotterrata con la sola testa che fuorisce dal terreno. Le pietre che si lanciano devono essere appuntite e taglienti ma non grandi in modo da rendere più lenta e dolorosa la morte.

La condanna è stata confermata dalla corte suprema iraniana e solo il perdono dell’Ayatollah Khamenei (leader spirituale iraniano) può salvarla.
l 12 agosto 2010, è stato trasmesso dalla prigione un programma televisivo di Stato in cui Sakineh ha reso una piena confessione dei reati imputatigli. Il suo avvocato sostiene che sia stata torturata per due giorni prima del colloquio.
Per ora sembra che la pena sia stata sospesa, ma questo non mette al sicuro Sakineh dalla morte che la aspetta.
Dal 1979 (dopo la rivoluzione) l’Iran è una repubblica islamica e molte norme si rifanno alla lettura più integralista del Corano. Prima della rivoluzione islamica guidata dall’Ayatollah Khomeyni, il governo dello Scià (poi spodestato) aveva aperto all’Occidente e la condizione femminile anche se non bellissima era comunque accettabile. Dopo il 1979 vennero annunciate misure restrittive della libertà delle donne. Tutte le giudici vennero private del loro incarico, alle donne s’impedì l’accesso alla facoltà di diritto.
Nel1997, vennero introdotte nuove leggi e adottate nuove severe politiche sia nel campo dell’istruzione che della sanità che avevano come obiettivo quello di segregare donne e uomini. Le scuole femminili sono “zone vietate agli uomini”. Alle insegnanti donne fu impedito l’accesso in aule maschili e, viceversa, agli insegnanti uomini fu vietato l’accesso alle classi femminili.
Anche nel campo della sanità furono applicate misure segregative : gli ospedali devono tutt’ora separare, a seconda del sesso, tutti i servizi ospedalieri. Il Centro Giudiziario “Martyr Ghodusi”, una delle più importanti branche della magistratura, specializzata nella lotta contro le manifestazioni della cultura occidentale, considerata decadente e satanica, su richiesta della fazione più estrema del regime, introdusse delle nuove regole particolarmente rigide sull’abbigliamento femminile, emanando una “hejab” (codice del costume) rigorosissima. La pena prevista in caso di non rispetto delle regole andava dalla prigione (da tre mesi a un anno) all’ammenda e alla flagellazione. Le donne che indossavano «un foulard leggero che non copra completamente la capigliatura o il collo» delle «gonne senza indossare un lungo mantello sopra», dei «mantelli corti» o dei «tagli alla moda» o dei «colori sgargianti» correvano seri rischi di essere arrestate, caricate su pulmini e portate ad un centro contro la «corruzione sociale». A causa di questo regime così oppressivo l’età media delle prostitute è passata dai 27 ai 20 anni, e il numero delle ragazze fuggite da casa è salito del 30%, per non parlare dell’ aumentato numero dei suicidi delle donne; ben quattro volte di più rispetto agli uomini.
Oggi la situazione non è delle migliori (il caso di Sakineh ne è un chiaro esempio). Le donne sono state le protagoniste delle cinque manifestazioni e hanno fatto emergere il loro odio per il regime misogino. Tuttavia la presa di coscienza, sebbene rappresenti un passo avanti rispetto al passato, non basta a modificare la situazione. Dall’elezione del nuovo Presidente iraniano (Ahmadinejād) la repressione contro le donne è nettamente peggiorata. Il bersaglio privilegiato sono le giovani donne, prese di mira per cercare di non far perdere le antiche tradizioni islamiche basate sul rispetto del Corano. Ali Khamenei, il supremo leader religioso iraniano, sostiene che le donne del suo paese non hanno diritto ad un’attività politica e sociale, in quanto il loro unico scopo nella vita deve essere quello di rimanere a casa, di mettere al mondo i bambini, allattarli, crescerli ed educarli. Anche da punto di vista fisico, psicologico ed emotivo, sempre secondo l’ayatollha, le donne, sono troppo deboli rispetto all’uomo.
In Iran essere donne è un crimine e non possiamo far altro che augurarci che la situazione cambi al più presto, unendoci al resto del mondo che chiede a gran voce l’annullamento della pena di Sakineh ( e di tutte le altre donne condannate come lei alla lapidazione) e soprattutto il rispetto dei diritti umani, che a quanto pare rimangono solo parole scritte su pezzi di carta a cui nessuno fa caso.
Alessandra

Quando essere donna è un crimine da pagare con la vita

One Response to “Quando essere donna è un crimine da pagare con la vita”

  1. Quando essere donna è un crimine da pagare con la vita
    Kathy scrive: 09/09/2010 alle 23:42

    Informative story, bookmarked your blog for hopes to see more information!


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine