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QUANDO FINIRA’ IL “SURPLACE”?, di GLG, 12 dic ‘13

Creato il 13 dicembre 2013 da Conflittiestrategie

 

1. Sembra più chiaro il disegno in atto da due-tre anni, ma che va accentuando i suoi caratteri “sporchi” e truffaldini soprattutto a partire dall’ultimo governo. Il discorso del premier per ottenere la fiducia è esemplare: non dice nulla di preciso, è un seguito di dichiarazioni di propositi del tutto generici, privi di qualsiasi riscontro con vere prese di posizione e decisioni. L’intenzione è quella, già da me indicata, del “surplace” utilizzato dai velocisti nelle gare onde sfibrarsi vicendevolmente e studiare il momento per lo scatto finale bruciante. Solo che qui non si sa evidentemente come produrre tale scatto, non se ne hanno i muscoli né una qualsiasi idea in testa. Si spera semplicemente in una fine della crisi o quanto meno in qualche ripresina o, detto meglio, in una situazione di stallo che consenta il galleggiamento a tempo indefinito.

Intanto, diciamo subito che il motivo fondamentale di questa situazione di “attesa” è di carattere internazionale, è legato alla politica degli Stati Uniti che, finita la speranza di potersi attestare in posizione monocentrica in seguito alla dissoluzione dell’Urss, puntano ad ostacolare e ritardare comunque un effettivo policentrismo, che poi condurrebbe alla necessaria resa dei conti, giudicata pericolosa almeno in questa fase storica. Meglio ritardarla il più possibile e manovrare “a geometria variabile” per mantenere un instabile equilibrio tendenzialmente multipolare ma con ancora notevoli vantaggi per la potenza predominante. Quest’ultima cerca di convincere “il mondo” che l’epicentro delle sue manovre è l’Asia e il contenimento della Cina, mentre è sempre più evidente che la “guerra di movimento” – non sempre legata a scontri di carattere apertamente bellico – si svolge in Europa, nell’area mediterranea e nelle zone a est della Russia, ancor oggi l’avversario da tenere maggiormente sotto controllo.

Da questo punto di vista, possono avere una qualche importanza paesi come la Grecia o la Spagna, ma molta di più ne ha l’Italia: per la posizione geografica, per il numero di basi controllate dagli Usa e, immagino, per la disposizione ed efficacia di quei centri di ricevimento e irradiazione di informazioni e “comandi segreti”, che sono fondamentali nel predisporre le pedine per sempre nuovi conflitti, come già detto, a “geometria variabile”, cioè flessibili e con largo uso di interventi particolarmente intrisi di inganno, raggiro o di forza, ecc. a seconda dei casi. E’ dunque evidente che l’Italia non deve giungere ai livelli di disgregazione della Grecia (del resto anch’essa sottoposta adesso a svariate “cure”), ma nemmeno rimettersi in sesto come, per certi versi e almeno in parte, sta accadendo alla Spagna. Deve restare a bagnomaria, con un presdelarep e un governo (da tale presidente difeso a spada tratta) capaci soltanto di chiacchiere per progetti fasulli e di modi d’agire funzionali alla disgregazione sociale, mentre si fa di tutto per impedire la nascita di una reale opposizione.

Importante in tal senso è sempre Berlusconi; è come se (ripeto: come se) fosse stato studiato ad arte il renderlo oggetto ventennale di un ripudio forsennato da parte dello schieramento definito “sinistra” e di un’ammirazione altrettanto forsennata da parte della cosiddetta “destra”. Quest’uomo può anche rischiare la galera o invece, alla fine, “sfangarla” parzialmente, ma continua nella sua subdola azione che ha favorito – con un atteggiamento di “stop and go” (anzi continuando, alternativamente, ad ingranare la prima per poi frenare e mettere la marcia indietro) – la nascita degli ultimi governi (Monti e Letta) di “tradimento” nazionale alla “Savoia-Badoglio”. Con Letta ha anzi manovrato per ritardare ogni opposizione – pur continuando ad “agitare la platea” contro l’aumento dell’imposizione fiscale, il non taglio della spesa pubblica, negli ultimi tempi anche mediante aspra polemica contro Germania ed euro, ecc. – provocando infine la scissione del Pdl e garantendo così almeno un bel po’ di mesi (e anche più) di vita al governo; nel mentre si assicura comunque il mantenimento di un buon gruzzolo di voti, tale da consentirgli pur sempre di contrattare con il suddetto governo, con il presdelarep e, più in segreto, con i vertici preminenti situati oltre oceano.

Come detto, siamo in stato di “surplace”, nulla viene realmente deciso, nessuna direzione presa, poiché si attende che le mosse statunitensi trovino una loro stabilità mediante un qualche accordo con la Russia, che si continua a punzecchiare per convincerla ad acquietarsi nella trattativa. Inoltre, pur se non credo proprio si sia compresa la realtà della crisi attuale, dovuta a de-regolazione del sistema globale, si attende che vi siano periodi di galleggiamento meno turbolenti con magari piccole e deboli inversioni di tendenza, che comunque ingannino la popolazione e la tengano buona; in ciò confidando nella funzione reazionaria dei sindacati e, appunto, dell’intera sinistra (compresa quella critica del capitalismo, ma soprattutto dei cattivi banchieri, degli organismi monetari, dei tedeschi e di quant’altro serva a sviare l’attenzione dal fulcro dei processi mondiali in corso).

In tale situazione, si produce intanto un peggioramento notevole delle condizioni economiche del paese che mette in moto un processo di relativo impoverimento della maggioranza della popolazione. Soprattutto, questo peggioramento viene vissuto come più grave di quello che è poiché segue ad un lungo periodo di crescita del tenore di vita di questa stessa maggioranza. Perfino un arresto della crescita crea malcontento, ma credo che oggi vi sia anche un tendenziale abbassamento del tenore di vita di strati sociali abbastanza ampi. Si produce inoltre un certo contrasto intergenerazionale, su cui subito si sono gettati gli avvoltoi dell’attesa e, appunto, del “surplace”. Mentre una parte non indifferente delle nuove generazioni tira avanti sol perché le più vecchie hanno ancora margini dell’accumulazione reddituale precedente, si cerca di invelenire i giovani sostenendo che essi mantengono con il loro lavoro le “pingui” pensioni dei genitori (proprio così, se uno tocca i 2000 euro netti mensili, è considerato un pensionato ricco!). E a questi giovani si predice una pensione bassa (molto più bassa di quella realmente prevedibile) e una vita lavorativa quasi eterna perché le vecchie generazioni hanno avuto calcolata la pensione con metodo retributivo, metodo del tutto legale all’epoca e che ormai riguarda meno della metà dei pensionati.

In un clima, che deve essere definito di autentica irresponsabilità (forse meglio: corresponsabilità) criminale da parte di tutti i vertici del paese, si vanno manifestando fenomeni di scollamento, disaffezione, fino alla collera vera e propria, così come lo è l’ultimo in atto da qualche giorno. Vorrei fosse finalmente chiaro. Le parole d’ordine dei “forconi” sono spesso simili a quelle dei “critici critici”, che di fatto blindano l’attuale governo (“del presidente”): contro l’euro, contro la Ue, contro la Germania, contro le banche e la finanza in genere. Non so quante volte abbiamo chiarito che questi obiettivi non ci entusiasmano, ma non perché ci ergiamo a difensori della comunità europea (associazione a delinquere al servizio di altri criminali “globali”) o della moneta comune o di una nazione (Germania) che fa i propri interessi, cercando tuttavia di diventare il “maggiordomo” che ha sotto di sé i “camerieri” e gli “sguatteri” dei “gran signori” d’oltreatlantico.

Sto osservando però in questo momento una serie di attacchi a tale movimento da parte di fottuti personaggi; e nemmeno soltanto appartenenti al Pd, ma anche alla “sinistra critica”, la più ignobile interprete di un antifascismo che è il velenoso tradimento di ciò che fu l’intenzione migliore della Resistenza. Ho letto, da parte di questi vermiciattoli, che il movimento dei “forconi”, chiedendo di uscire dall’euro o dalla UE, fa del puro nazionalismo, quindi è fascista; ed infatti sarebbe appoggiato da organismi di destra estrema, magari tipo “alba dorata”, quindi addirittura neonazisti. Questi farabutti “antifascisti” hanno il coraggio di dichiarare che il movimento non indica quali sono i reali potentati economici e finanziari che ci danneggiano, limitandosi ad una protesta qualunquista, intrisa di populismo.

 

2. Si certifica una volta di più che questa “sinistra” è il nemico principale, è l’infezione mortale da combattere, se possibile seppellendo i suoi portatori. Questo paese non sarà mai salvo fino a quando “qualcuno” – a cui, lo dico subito, non mi metterei a chiedere le credenziali – non assolva il meritorio compito di infliggerle la lezione definitiva, ponendo in opera una disinfestazione che la faccia sparire dal suolo d’Italia. A questi infami della “sinistra critica” chiedo: quali sarebbero questi potentati economici e finanziari che ci danneggiano? E quali rapporti ha il governo della vostra sinistra con i potentati in questione? E quali rapporti avete voi – o furfanti vanitosi e che vi imbrodate l’un l’altro – con chi vi foraggia, vi pubblica libri e giornaletti, vi invita in TV, vi assicura la carriera in Università da cui tracima la vostra merda, che voi propagandate come “alta cultura”?

In questo momento, dopo decenni di devastazione del paese (e dei cervelli) da parte di questi traditori e delinquenti autodefinitisi prima comunisti poi antifascisti poi progressisti, ecc., non ci si può aspettare la nascita di un movimento con idee chiare. Ed è quindi probabile che nemmeno questo movimento sia ancora quello giusto. E’ però (forse) un sintomo che pian piano la misura si sta colmando. Tuttavia, anche quando si produrrà infine un vero sommovimento tellurico, non credo proprio che sarà pronta una “avanguardia”, cioè una élite, preparata ad una guida cosciente e ben mirata. Sarà quasi inevitabile passare per il populismo. Un movimento simile dovrà avere un capo carismatico ben riconosciuto – che so: un Masaniello o un Pugaciov, ecc. – mentre se ne avrà troppi, o anche tre o quattro, rischierà di disgregarsi.

L’unica cosa da chiedere quindi al movimento attuale è che cominci almeno ad interrogarsi su chi sta dietro alla scelta dell’euro, agli organismi europei; e su chi è il reale padrone di questo governo, di questo parlamento, di tutti i vertici di uno Stato che ormai attua una politica di sfascio e di devitalizzazione del paese per adeguarlo al “futuro” che aspetta il mondo “globale”. Se la sua rabbia sapesse intanto indirizzarsi veramente contro gli attuali schieramenti politici, che per vent’anni ci hanno turlupinato (dando comunque la precedenza alla “sinistra”, la vera rappresentante di quel potere economico tanto inviso ai “forconi”, mentre gli altri sono solo conniventi e falsi oppositori della stessa), sarebbe già un primo passo positivo. Attenti pure a non rendersi strumenti di provocatori, inviati sempre dal potere nemico (che lo siano consapevolmente o per ottusità e ottenebramento cerebrale, poco importa).

Uno dei sintomi interessanti di quest’ultimo sommovimento è proprio il rispetto, non proprio marginale, mostrato loro dai cosiddetti difensori dell’ordine costituito. Potrebbe forse trattarsi di un primo segnale che esiste la consapevolezza di essere in mano ad un gruppo dirigente italiano del tutto indifendibile per inettitudine, disonestà, atteggiamento arrogante e di prevaricazione per asservire il paese a scelte altrui. Malgrado tutto, ammetto comunque che alcune perplessità continuano ad assalirmi; ma non sono quelle avanzate dal pattume di “sinistra”, dagli “antifascisti del tradimento”, dai progressisti dei miei c…. Da dove derivano invece?

Stiamo assistendo da alcuni anni ad continuo risuonare di timbri stonati. Sia chiaro, la politica è sempre inganno; e la democrazia lo è più di qualsiasi altro regime, poiché i contendenti in lizza devono prendere in giro quote importanti della popolazione per farsi votare. Tuttavia, da un bel po’ di tempo le campane che suonano a distesa hanno assunto una tonalità stridente e sgradevole, pur se solo un orecchio “educato” riesce a cogliere questo “suono fesso”. Partiamo dalla situazione internazionale. Sono stati divelti alcuni regimi nordafricani, che garantivano una fedeltà filo-statunitense di rara durata e saldezza. Si è detto che erano ormai logori, ma non sono convinto di simili tesi. La nuova Amministrazione obamiana ha agito con leggerezza, cercando in modo avventuristico di utilizzare il “divide et impera”? Ci credo poco. Tunisia ed Egitto, ma in fondo anche la Libia gheddafiana, erano bastioni di un equilibrio non certo sfavorevole agli Usa. E un Berlusconi (il “mostro” creato ad arte dall’infame “sinistra” dei voltagabbana piciisti) era tramite tra la nuova Russia putiniana e certi leader alla Gheddafi, era un elemento di controllo più che di incertezza e instabilità. Eppure….. tutto è stato messo sottosopra.

Esiste, lo abbiamo ricordato più volte, una precisa strategia del caos, che a volte torna utile. Ma torna utile quando si ritiene più confacente in un conflitto “allagare” una data area e rammollire, rendere gelatinose, le strutture sociali ivi esistenti. Si deve mettere in conto una perdita di materiale (anche umano), che resta sommerso e affogato; tuttavia, si creano schiere che si muovono sottacqua. Nel tessuto molle e dunque malleabile della società dissestata, capace di assumere forme varie e tutte assai labili e adatte a scopi diversi, si formano alcuni punti più solidi, alcune isole con torri che lanciano segnali in varie direzioni e dirigono operazioni, che hanno la necessità di coprirsi con l’acquitrino paludoso o almeno il terriccio umido e pastoso tutt’intorno a loro.

Dobbiamo ammettere, senza tanto tergiversare, che non conosciamo bene (anzi molto male) gli intendimenti di “questi” Stati Uniti. Non tutto è preordinato, tutt’altro. Molti di coloro che si trovano invischiati nelle mene di specifici centri strategici si sentono veramente in conflitto acuto fra loro, si odiano mortalmente, si combattono; e in questo scontro rendono sempre più molle e gelatinoso il substrato politico ed economico (con il suo supporto ideologico altrettanto sfatto e marcio) di quella data area socio-territoriale. Le uniche certezze sono: 1) che l’Italia è una di queste aree a maggior interesse per la strategia “caotica” statunitense; 2) che la “sinistra” è il maleodorante marciume che diffonde infezione per rendere più liquefatto e rammollito il tessuto sociale del paese; 3) che lo scontro di idee è guidato dall’intenzione di attenersi al già ricordato, in altri pezzi, “antagonismo polare”, con reciproco sostegno degli infami che si prestano al gioco dei padroni (centri attualmente predominanti negli Usa) e dei servi (i “cotonieri” italiani e il loro indecente personale politicante).

Per questo mettiamo in guardia anche coloro che hanno dato vita al movimento dei “forconi”. Saranno blanditi e combattuti da schieramenti entrambi costituiti da viscidi personaggi al servizio dello straniero. Si cercherà di infiltrare il movimento, di spingerlo in vicoli ciechi. Si farà in modo di sollecitare gli attriti e le diversità di interessi, che sempre sussistono in movimenti nati senza sufficiente preparazione e organizzazione (almeno così sembra). L’importante da appurare è che non ci sia anche in questo movimento chi fa suonare le campane con tonalità falsa. O magari che sia sincero, ma manovrato dai furbastri di cui si è riempito il paese negli ultimi vent’anni e, specialmente, negli ultimi due-tre. E basta comunque con il fascismo, il populismo, ecc. Il vero nemico mortale (e da far morire) è la “sinistra” che si pretende antifascista e progressista (qualcuno ancora straparla di comunismo, ma questi sono ormai dei poveri deficienti, pericolosi solo nel senso in cui lo sono gli infermi di mente). Attenti invece agli intellettuali “critici”, alcuni dei quali straparlano persino di Marx facendone strame; essi vengono invitati in TV e gli si assicurano rapide carriere nella fogna chiamata Università. I forconi vanno usati per questa gente, che deve prima o poi essere sbudellata, pena lo sfascio completo di questo paese e della sua gente così ignara di tutto.


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