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Quando i soldi fanno la felicità: il povero Alleghe Hockey

Creato il 22 luglio 2013 da Amina De Biasio @aminavagante
L'Alleghe cade. E il ghiaccio è duro.

L’Alleghe cade. E il ghiaccio è duro.

Quando l’Alleghe Hockey è nato io ero ancora nella spina dorsale del mio bisnonno.
Quando sono nata io, invece, l’Alleghe Hockey ha vinto l’Alpenliga.
Poi il lento declino, fatto comunque di emozioni.

Sono cresciuta come la maggior parte degli alleghesi circondata dall’hockey, con l’hockey. Come molti ho parenti in vita, conoscenti giovani o incartapecoriti, amici e nemici che hanno militato o militano tra le fila dell’Alleghe. Io, invece, mi sono sempre limitata ad intonare il canto della civetta. Quando a dodici anni mi facevo regalare per Natale l’abbonamento allo stadio e cantavo a squarciagola i cori del Nucleo Disagiato, ero una ragazzina convinta che l’hockey fosse lo sport più bello del mondo: pulito e sincero. Ero piccola, non sapevo e non immaginavo che dietro alla gestione di una squadra di hockey su ghiaccio in un Paese in cui l’hockey su ghiaccio conta quasi zero ci fossero qualcosa come qualche centinaio di migliaio di euro.
Ho cantato per anni in curva, con i miei compagni di avventura, e ho gioito e pianto per le emozioni che questo sport ha saputo darmi. Poi, un giorno, è finita. Così. Come quando un quadro decide di staccarsi improvvisamente dalla parete: sta lì fermo, nessuno lo tocca, e lui decide di cadere, di rompersi. Così è successo a me.
Ho cominciato ad interessarmi ad altro, e ho seguito solo le partite più emozionanti: i derby con i cugini di Cortina o i match infervorati con Brunico e Bolzano.
Quando ho saputo che il principale sponsor – Tegola Canadese – ha deciso di mollare, non mi sono molto sorpresa. Perché mai un’azienda dovrebbe investire tutti quei soldi (tanti, ma tanti davvero) in una squadra che in ottant’anni ha vinto un solo trofeo? Mi sono messa nei panni di un ipotetico Leonardo Del Vecchio nel 2013, con un’azienda dalle importanti dimensioni in un momento di crisi economica quasi globale.

Perché dovrei dargli questi soldi? – mi sono chiesta.

Ed effettivamente, non ho trovato risposta. L’amore per la squadra che hanno i tifosi è apprezzabile e merita certamente un applauso, ma perché mai un amministratore delegato dovrebbe dare questi soldi ad una squadra che a livello di marketing offre poco dato che vince poco? Ho cominciato a pensare che il problema non fossero i giocatori.

Quando ho letto sul giornale il titolo “Alleghe, è frattura tra il paese e il club“, devo dire di essermi sentita tirata in causa e di essermi anche un pochino irritata. Per evitare le “ciàkole da bar”, sabato si è tenuto un incontro informativo sulla situazione del club, e al paese è stato rinfacciato lo scarso numero di presenti. Ma l’Alleghe Hockey si è mai accorto che Alleghe è un paese che tira avanti grazie ad un’economia turistica? Lo sa l’Alleghe Hockey che il 20 di luglio è piena stagione e probabilmente molti alleghesi alle sei di sera sono nelle cucine degli alberghi o nelle sale dei ristoranti e delle pizzerie a servire gli ospiti?
Sull’articolo di Santomaso ad un certo punto si legge: “A mettere il dito nella piaga è Mirko Mezzacasa. Guarda la sala: su 188 posti disponibili 110 occupati. Di Alleghe, a occhio e croce, non tanti. Quando verrà loro chiesto di alzare la mano si avrà la conferma. Di operatori economici appena tre.” Ma cosa credeva, che la gente desse forfait al lavoro per andare ad un incontro informativo? Di sabato sera in piena stagione proprio il giorno in cui il paese brulica di giovani grazie allo Schiuma Party?
Quando i soldi c’erano, il tifoso aveva un’importanza relativa per il club. Quando era ora di far pagare i biglietti 3€ in più del solito solo perché l’avversario probabilmente avrebbe regalato un match indimenticabile, la società non si è mai posta la domanda “Come devo trattare i miei tifosi?”.
Adesso che i soldi non ci sono, tutti a puntare il dito. La verità è che ora che la nave sta inesorabilmente affondando la dirigenza vorrebbe che gli alleghesi facessero di più. Ma cosa? Di più cosa? Cosa vuole esattamente la società dagli alleghesi?
Poi si legge: “Se mille persone avessero messo un solo euro ciascuna era già diverso, perché ci si poteva presentare dallo sponsor con numeri diversi“. A me nessuno ha chiesto di fare questo piccolo gesto simbolico, cosa avrei dovuto fare? Mettermi in piazza con un banchetto? IO? Ci sono persone che se non sbaglio percepiscono lo stipendio dall’Alleghe Hockey. Perché non loro?

Non spetta agli alleghesi salvare l’Alleghe Hockey. Il loro compito è quello di supportare le iniziative per quanto possibile, di andare allo stadio e urlare “Tutti insieme per le Civette!” con tutto il fiato possibile.
Il mio compito è quello di recarmi al De Toni e guardare la partita, non salvare la società. Non sono io l’amministratore delegato, il responsabile marketing o il responsabile delle relazioni con il pubblico. Io sono il pubblico.



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