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Quando il bue dice cornuto all'asino. Storie permalose

Creato il 10 maggio 2011 da Zfrantziscu
Come i sacerdoti di altre Chiese, anche gli officianti di Sacra Romana Archeologia lanciando anatema citano il peccato, non i peccatori che non sono mai Fulanu o Bantine, ma solo e sempre “quelli che”. Non è per vigliaccheria, o almeno non credo; piuttosto per la ovvia superiorità di chi parlando dal Tempio della Regione di Essa è interprete. Quando questi sacerdoti accusano gli infedeli, o peggio gli apostati, di infamanti delitti culturali non pensano neppure lontanamente di insultare, calunniare, diffamare. Essi sono convinti di constatare, rilevare un dato, né più né meno di come un prete constata che un adultero viola una legge divina; dirglielo in faccia non è un'offesa.Produrre “una mole immensa di pagine, di farneticazioni, di cialtronerie che ci parlano di proto-ugaritico, di proto-sinaitico, di proto-altro (Paolo Bernardini)” o essere “linguisti improvvisati che scoprono etimologie a sentimento e parentele con la lingua degli abitanti di Atlantide, di Sodoma e Gomorra, dei nipoti di Ulisse e dei cugini di Iolao, dei parenti di Davide e del custode delle miniere di re Salomone (Paolo Maninchedda)” o, ancora, dire che “alcuni personaggi giungono ad impossessarsi di reperti autentici di varia età, erroneamente interpretati come testimonianze di scrittura nuragica, o addirittura a fabbricare deliberatamente false "iscrizioni nuragiche" su tavolette di pietra o d'argilla, blocchi di pietra o addirittura sui macigni di monumenti nuragici (Marco Minoja)”. Tutto ciò, fornito di nomi e cognomi, sarebbe in grado di suscitare processi per calunnia e diffamazione. In questa liturgia no: c'è la diffamazione non ci sono i diffamati.La cosa singolare è che gli autori di tante offese si inalberano se qualcuno risponde loro per le rime. Lo ha fatto recentemente in pubblico l'archeologo Paolo Bernardini, parlando di Atlantide e nuraghi in un convegno a Cagliari. “Dopo un mio ironico richiamo a protoscritture di invenzione, dal protougaritico al protochissachè, peraltro altrettanto di fantasia della scrittura che si pretende ora rivelata, vengo ripetutamente e metodicamente insultato in vari blog presenti sulla rete” ha detto. Vi prego di notare, en passant, la leggiadria con cui parla di “protoscritture di invenzione, dal protougaritico al protochissachè”. Si sentirebbe dare del bugiardo, se gli si facesse notare che nessuno ha mai parlato di “protougaritico” (anche noi cialtroni sappiamo che non è lingua citata)? O dell'ignorante se uno supponesse che quel “protochisachè” nasconde, in verità, nebbia sulle lingue antiche più fitta di quella che in Val Padana confonde ogni contorno?Sarei oltremodo curioso di sapere dal dottor Bernardini, che so lettore di questo blog, che idea si è fatta delle scritture che hanno preceduto il suo amato fenicio. Lo dico davvero senza malizia, interessato a sapere che cosa ne pensa, con la promessa che vigilerei attentamente per evitare che quel che volesse scrivere sia oggetto di considerazioni offensive. Nell'occasione, potrebbe anche spiegare che senso abbia il lungo brano che segue e che ho tratto dal blog di Pierluigi Montalbano. Io ho provato un brivido che non avevo più sentito dai tempi in cui un interprete mi traduceva alcuni articoli della Pravda. Ma forse ho capito male.
Lo sviluppo storico del mito atlantideo, come dicevo all’inizio, appartiene alla storia delle idee, delle utopie politiche, dei movimenti degli Stati, degli obiettivi nazionalistici e indipendentisti; ne parla egregiamente il grande Pierre Vidal-Naquet nel suo denso libro del 2005, riportando un’amplissima e seria bibliografia attraverso la quale, chi ne fosse interessato, potrà trovare ampi spazi di approfondimento e di riflessione.Di questo itinerario voglio soltanto ricordare quello a noi più tragicamente prossimo, legato al sorgere in Germania del nazismo e della follia hitleriana, quando l’Atlantide è ingoiata in quel mostruoso calderone di occultismo, storia antidiluviana, concezioni del cosmo, saggezza magica e arianesimo che doveva produrre, nella mente distorta dei suoi seguaci, una nuova età e una nuova razza, trionfatrice sui gretti detriti e impacci culturali giudeo-cristiani. Dalle derive razziste della Thule Gesellschaft, associazione occultista e teosofica ariana che Hitler e Himmler trasformeranno in partito politico di massa, alle concezioni allucinanti della terra cava, dell’eterna lotta tra il ghiaccio e il fuoco, Atlantide e la terra di Thule si incontrano ripetutamente; la favola platonica diventerà quella mitica isola del Settentrione, sede di una civiltà perfetta e superumana, l’inevitabile precipizio in cui sprofonda periodicamente l’ideologia della destra radicale. La pura razza degli Atlantidi, corrotta dal contatto con razze inferiori, subisce la catastrofe; pochi sopravvissuti di quel popolo daranno origine alla superiore razza “ariana”, cui spetta il compito di rinnovare i fasti atlantidei; cosa abbia portato all’Europa questa insana missione è noto a tutti e certamente amplifica di mille e mille volte l’immagine di Atlantide pensata da Platone, quella di un impero del male.In un recente e bel lavoro titolato “Sardegna ariana” l’amico Alfonso Stiglitz ha ripercorso, con serietà e ironia, le vicende del pensiero razzista di stampo fascista che, tra il 1938 e il 1943, ha tentato di inquinare la storia e l’archeologia della Sardegna; fortunatamente, si deve concludere con l’autore, con scarsi risultati e poco spessore. Eppure, vengono da quelle esperienze alcuni spunti che, proprio perché non elaborati criticamente, ritornano in modo significativo, e direi preoccupante, nei discorsi attuali che da più parti si fanno, anche da parte di chi sicuramente non professa nessun razzismo e nessun fascismo, intorno all’identità sarda e che rimettono in causa la civiltà nuragica, Atlantide e i Sherden (che per tutti, in modo lessicalmente scorretto, sono diventati i Shardana): in questi tre termini, percepiti e letti in modo del tutto antistorico, si colgono infatti elementi fondativi di presunti valori identitari e insieme caratteri di conoscenza superiore, di superiorità intellettuale e tecnica, di supremazia morale ed etnica. In questo panorama rientrano anche i numerosi proclami e esternazioni sulla scrittura degli antichi sardi; non voglio qui tornare su un argomento, per il quale, e dopo un mio ironico richiamo a protoscritture di invenzione, dal protougaritico al protochissachè, peraltro altrettanto di fantasia della scrittura che si pretende ora rivelata, vengo ripetutamente e metodicamente insultato in vari blog presenti sulla rete; la prossimità alla Pasqua, appena trascorsa, mi spinge ad auspicare per i miei acerrimi avversari la benedizione divina e che soprattutto il Signore restituisca loro il senno. Ma voglio tornare in conclusione all’Atlantide di Platone e al filosofo che l’ha concepita per farmi e per fare a tutti voi un augurio che è anche una speranza. Platone ha fatto un sogno e l’ha scolpito per sempre nella sua filosofia; non facciamo di questo sogno un incubo ricorrente nutrito di razzismo, ignoranza e inciviltà.

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