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Quando il gioco diventa tragedia: ovvero l’antica arte giapponese dello Shibari e il Samurai della Bufalotta

Creato il 26 giugno 2012 da Federbernardini53 @FedeBernardini

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Alcuni mesi fa, destò grande impressione la morte di una povera ragazza, coinvolta da un sedicente maestro di bondage orientale in un gioco perverso.

I nomi e i volti dei protagonisti della vicenda sono ormai noti a tutti: la stampa e la televisione se ne sono immediatamente appropriati, com’è giusto che sia per diritto di cronaca, ma anche questo si è trasformato nell’ennesimo, impietoso caso mediatico su cui si sono buttati a capofitto i soliti conduttori “specializzati”, la solita compagnia di giro di esperti tuttologi e soprattutto orde di spettatori famelici, alla ricerca dei particolari più pruriginosi, sparsi con la generosità del seminatore.

Non vogliamo inutilmente insistere sul caso specifico, non vogliamo ricostruire con dovizia di particolari più o meno fantasiosi lo squallido scenario del garage di periferia in cui la povera ragazza ha esalato il suo ultimo respiro strozzato. A questo hanno già pensato altri, magari ricorrendo a un plastico allestito da maestranze rese ormai esperte da anni ed anni di lavoro al servizio della TV del dolore…un dolore che diventa spettacolo. Noi vogliamo riflettere e possibilmente capire, senza ergerci a censori o a giudici.

Lo Shibari è un’antica tecnica di legatura giapponese, praticata da secoli sia come semplice costrizione dei prigionieri, ricorderete le immagini di Toshiro Mifune in Rashomon, sia come forma di “body art”…per usare un termine moderno, sia come pratica erotica.

Tra le innumerevoli e complesse varianti dello Shibari erotico, ve n’è una che ha lo scopo di condurre a un determinato livello di anossia cerebrale che esalta le sensazioni di piacere e potenzia notevolmente l’orgasmo.

Una tecnica pericolosa, che richiede una grande perizia per evitare che l’anossia arrivi a tali livelli da provocare la morte. I Giapponesi sono maestri in quest’arte e la praticano da secoli, ma gli improvvisati imitatori nostrani, non dediti dalla disciplina del Samurai ma quasi sempre al semplice consumo di pornografia o alla frequentazione di circoli sado-maso, rischiano, per la loro imperizia, di trasformare un gioco erotico in tragedia.

Ciò è accaduto all’ingegnere romano protagonista della vicenda cui abbiamo fatto cenno e, badate bene, si trattava di un uomo considerato esperto in certi ambienti, definito addirittura un maestro. I fatti, purtroppo, dimostrano che si trattava solo di un incosciente.

Quando poi ad accostarsi a queste pratiche sono degli sciocchi pivelli che vogliono provare, magari dopo qualche bicchiere e qualche canna, “sensazioni forti”, il rischio aumenta in modo inversamente proporzionale all’esperienza, come dimostrano le migliaia di casi analoghi registrati ogni anno nel mondo.

In questa società superficiale ed edonista, dove anche il sesso è diventato un oggetto da supermercato, un’antica forma di erotismo orientale, del tutto innocua se praticata da un esperto, può trasformarsi in tragedia, falciando vite e rovinandone altre.

Non vogliamo dare giudizi morali, qualunque pratica erotica, tra adulti consenzienti e che non superi i limiti imposti dalla ragione e dalla legge è legittima, l’importante è che tutti, soprattutto i giovani, vi si accostino consapevolmente, consci dei limiti e dei rischi di certe pratiche.

L’ingegnere romano, probabilmente, non è un mostro da sottoporre a linciaggi mediatici, probabilmente è a sua volta una vittima ma certamente, nonostante la sua “fama”, ha dimostrato di essere solo un pivello.

Le reazioni del pubblico, puntuali come un cronografo svizzero: tutti schifati, tutti orripilanti, tutti sgomenti, tutti pronti a condannare la perversione e ad appellarsi alla morigeratezza dei costumi.

Ma quanti di loro…poi, sono pronti, quando si va morbosamente a rimestare in queste faccende, ad affollarsi intorno allo schermo come le api sul fiore o come le mosche sulla merda? Quello di cui ci si dovrebbe occupare seriamente sono i lati oscuri dell’animo umano e non rimuoverli, come cosa altra da noi, riducendo tutto, sempre, a uno show.

Federico Bernardini

Illustrazione: Toshirō Mifune in Rashōmon, fonte http://it.wikipedia.org/wiki/File:Toshiro_Mifune_in_Rashomon.jpg

 



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