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Quando il problema è il sacro fuoco

Creato il 05 marzo 2011 da Stukhtra

Ovvero: com’è che sono diventato giornalista scientifico

di Marco Cagnotti

Pavia, una mattina di aprile del 1993. Il tepore primaverile anticipa il gran caldo che colpirà di lì a poche settimane. Il sole produce strane figure sulla scrivania, in quell’ufficio del Dipartimento di Fisica. “Marco, tu che cosa leggi in bagno?”. Un momento di sconcerto: perché una domanda così bizzarra dalla mia prof, che mi ha seguito per mesi, che ha letto la mia tesi e alla quale ora ho chiesto un consiglio per le mie scelte professionali? Mi riprendo dalla perplessità e le do una risposta spontanea: “Romanzi di fantascienza… saggi di divulgazione… Ma che c’entra, scusa?”. E a quel punto arriva la replica, sgradevole da ascoltare ma senza dubbio onesta: “C’entra, perché in un ambiente competitivo come la ricerca scientifica ci vuole il sacro fuoco, cioè il pensiero sempre rivolto, nel nostro caso, alla fisica teorica. Il sacro fuoco ti spinge a leggere ‘Physical Review Letters’ e ‘Classical and Quantum Gravity’ anche in bagno. E più tardi, sotto la doccia, la mente è concentrata sui conti e sui modelli, a caccia dell’intuizione che farà chiarezza sulla tua ricerca. Tu sei intelligente, Marco, ma ti manca il sacro fuoco. Pensaci…”.

Ci sono momenti nella vita in cui devi fare i conti con te stesso, con quello che pensi di volere e con quello che vuoi davvero. Momenti in cui basta la frase di un’amica per aprirti gli occhi. E allora capisco che è tutto vero: la passione per l’astronomia che mi animava da ragazzino, la scelta consapevole di iscrivermi a fisica, il fascino per la meccanica quantistica e le sue sottigliezze filosofiche, la lode che mi sono guadagnato il giorno della laurea… e ogni pezzo sembrava dover comporre il puzzle di una carriera da ricercatore. E’ tutto vero, ma accanto all’amore per le scienze esatte c’è il desiderio incontenibile di raccontarle agli altri. Quel desiderio che da anni mi spinge a scribacchiare articoli su rivistine e fanzine amatoriali. A plasmare le parole per chiarire concetti complicati, condividere conoscenze, aprire la mente, far volare la fantasia. “Marco, tu sei abile con la parola scritta”, riprende la voce amichevole della mia prof. “Perché allora non consideri la possibilità di farla diventare una professione?”.

Mi ci è voluto qualche giorno per “metabolizzare” queste riflessioni e per fare chiarezza dentro di me. Però poi, raggiunta la consapevolezza di quella che è davvero la mia vocazione, il resto non è stato troppo difficile: gli articoli mandati da valutare a un amico giornalista, il suo giudizio positivo e i suoi molti consigli, le prime proposte alle redazioni, l’emozione della mia prima firma in fondo a un articolo pubblicato e (soprattutto!) retribuito, le collaborazioni con le testate generaliste e i periodici specializzati, l’incarico come redattore in un importante mensile di astronomia. Sia chiaro: non è stato tutto rose e fiori. Per i primi anni ho tirato a campare con 300 mila lire al mese, ho perfino scritto gratis per far conoscere la mia firma. Ho dovuto combattere con il panico del monitor bianco, con lo stile che doveva maturare, con tante ingenuità. Sono anche stato vittima dei pescecani dell’editoria che sfruttano il lavoro dei giovani freelance senza pagarli. Però non ho mai avuto ripensamenti: né per l’antica scelta di studiare fisica né per la più recente decisione di votarmi alla sua divulgazione. Perché amo la scienza e ne ammiro l’eleganza formale, il rigore del metodo, gli enigmi risolti che subito suscitano nuove domande. Ma condividere con altri lo scopo e i risultati di questa sfida intellettuale rimane sempre l’attività che amo di più. Lascio ai ricercatori il sacro fuoco per la scoperta. Per me la prima domanda è sempre: “E adesso a chi la racconto?”.

Oggi sono redattore responsabile delle pagine di divulgazione scientifica e tecnologica presso il “Corriere del Ticino di Lugano”, scrivo per alcuni periodici svizzeri, curo programmi radiofonici per la Radio della Svizzera Italiana. Nel mio portfolio ci sono testate come “La Stampa”, “Le Scienze” e “l’astronomia” (risalenti all’epoca in cui ancora lavoravo sul mercato italiano). Ogni anno pubblico più di 200 articoli di attualità, di approfondimento e di commento. E insegno comunicazione scientifica divulgativa presso l’Università di Pavia, cercando di trasmettere ai miei discepoli la passione per il mestiere più bello del mondo. Perché mi regala la libertà di scrivere ciò che voglio quando voglio. Perché mi consente di mescolare la scienza con l’arte, la storia, la letteratura e tutto il resto che riesco a pescare nella mia cultura generale. Perché così posso spaziare ogni giorno in un campo diverso: dalla fisica delle particelle alla paleontologia, dalla climatologia alla neuropsicologia.

Che cosa leggo oggi in bagno? Ovvio: sempre romanzi di fantascienza e saggi di divulgazione. Che mi servono per trovare idee e spunti per i miei servizi. E più tardi, sotto la doccia, davanti ai miei occhi danzano le parole dell’attacco del prossimo articolo. Perché è quello il mio sacro fuoco…


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