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“Quando il sole si sveglia” di Giovanna Zoboli e Philip Giordano, Topipittori

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

solesvegliacop1Nell’infanzia, soprattutto nella prima, si è molto prossimi e sensibili ai ritmi naturali. Un bimbo piccolo non è ovviamente in grado di comprendere il significato dei numeri sull’orologio, di attribuire un senso reale alla nomenclatura delle ore.
Capisce però la collocazione delle azioni tipiche della giornata in corrispondenza delle fasi di buio e di luce. “Andremo a passeggio quando sarà giorno” oppure “Leggeremo la fiaba quando si farà notte” sono per lui espressioni comprensibili, tramite le quali vengono fornite informazioni che soddisfano la necessità di far chiarezza e orientarsi nella realtà.

I bambini, forse ancora per la loro prossimità alla natura, sono istintivamente animisti. E sovente le prime espressioni del loro animismo – ben rilevabili anche dai disegni che fanno – sono indirizzate al sole e alla luna, coloro cioè che portano quella luce e quel buio così fondamentali come punti di riferimento in una realtà che, ai loro occhi piccini, deve apparire sconfinata, bisognosa di limiti che ne favoriscano, rendendola più rassicurante, l’esplorazione e quindi la conoscenza.

Queste le prime suggestioni e spunti di riflessione che ho isolato dopo la lettura del delicato ed evocativo albo “Quando il sole di sveglia” di Giovanna Zoboli, illustrato con aggraziata e raffinata misura da Philip Giordano.

Un cartonato dallo sviluppo orizzontale che in copertina, su uno sfondo color carta da zucchero lievemente martellato, mostra la mezza faccia di una sole giallo, dalle forme nette ed essenziali.

Una geometria piena di finezza sarà il motivo portante delle tavole del libro, nelle quali linee curve, triangoli e quadrati si impasteranno con colori decisi ma eleganti ed armoniosi, rendendo l’insieme gentile e pulito, “musicale” se si potesse dare un suono all’intreccio delle linee.

Chi, voltando velocemente il libro, cercasse l’altro pezzo di sole sarebbe colto da un moto di sorpresa, perché l’astro che mostra metà di sé in quarta di copertina è invece la luna, corrispondente al collega diurno per dimensioni e forme ma, ovviamente, colorata di tutt’altre tinte.

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Anche quella che nel titolo è una frase dal tono affermativo – in realtà un incipit alla serie di proposizioni che si susseguono nell’albo– qui muta, oltre che oggetto, anche intonazione. E’ una domanda che troviamo: “E quando si sveglia la luna?”.
Questa è un’anticipazione sulla struttura del libro che appunto vedrà la prima metà dedicata a descrivere ciò che accade al sorgere del giorno e l’altra a raccontare dell’avvento della notte.
Mi colpisce molto e trovo azzeccatissima l’idea del cambio di tono che corrisponde perfettamente a cosa accadrebbe in una reale interazione con un bambino. E’ presumibile che dopo che un genitore abbia elencato eventi che si verificano al risveglio del sole, il piccolo ascoltatore intervenga chiedendo, mosso dalla sana curiosità e dalla logica stringente dell’infanzia: “E la luna?”. A quel punto alla mamma e al papà toccherebbe rispondere completando il cerchio, lo stesso che si congiunge in copertina.

E’ infatti allo stesso tempo una struttura ciclica e lineare quella che anima l’albo. Ciclica perché giorno e notte si inseguono incessantemente, si danno la mano per comporre il dì, che si ripete poi, rassicurante e prevedibile. Lineare perché il tempo e gli eventi si protendono sempre in avanti, come suggerisce l’orizzontalità del formato, delle cornici che racchiudono le figure e, nelle tavole che narrano il giorno, lo sguardo dei personaggi, che è sempre rivolto a destra, la direzione che in un illustrato che si legge da sinistra verso destra, suggerisce gli eventi futuri.

Quando si sveglia il sole, infatti, come in una necessaria e invariabile staffetta, è la luna che va a dormire. Dopo tutto può animarsi.

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La maggior parte delle immagini richiamate dagli autori è attinta dal mondo naturale: la rondine, il fiore, il gallo, la mosca.

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Ma anche l’auto parte per indicare la ripresa delle mansioni quotidiane, la casa si apre per permettere alla famiglia di affacciarsi al nuovo dì, di proiettarsi verso l’esterno e verso le ore delle attività.
La nascita del giorno è accompagnata, infatti, dalla forte sensazione del risveglio, della messa in movimento di tanti esseri, piccoli e grandi, che compongono l’affaccendato brulichio delle campagne e delle città.
Ma nelle tavole è rispettata anche la giusta lentezza e il tempo necessario per porsi in moto: il cane infatti sbadiglia e anche il gatto si stiracchia (anche se forse quest’ultimo, da animale notturno, potrebbe avere i ritmi invertiti).
Il bimbo sorride, accoglie con speranza la giornata che lo aspetta e la sua manina che saluta sottolinea la serenità che è motivo portante di queste pagine, le quali raccontano un fluire semplice e naturale, pacato e mai stridente.

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Quando invece è la luna a svegliarsi si apre un altro spicchio d’ore limitare, quello che conduce al riposo notturno, quando i ritmi si pacano e ci si predispone al rilassamento.

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Molti sostengono che il bambino, per affrontare meglio il sonno notturno, che per lui è sempre fonte di un poco di angoscia ed ansia di separazione, abbia bisogno di un lasso di tempo calmo, di luci più tenui, di voci meno accese.
La lettura di queste pagine, con i tanti personaggi animali che si fermano, si posano e tacciono, prima ancora di cedere all’addormentamento – gli stessi che precedentemente si erano messi in movimento – può mostrare al piccolo che la preparazione alla notte è affare che riguarda gli umani come le bestiole, la sua famiglia come quelle altrui. La casa che dorme, per il piccolo lettore, sarà d’istinto forse sempre la sua, ma la costruzione del libro spinge ad ampliare lo sguardo, a sentirci parte di un fluire comune.

Mi piace moltissimo che l’albo non racconti semplicemente la notte e il giorno, ma quegli spazi temporali che conducono all’una e all’altro. Potrebbe sembrare una finezza ma a mio parere è invece l’essenza, qualcosa che conferisce un grado di lievità e poesia che segna la differenza tra uno sguardo consueto e uno fuori dall’ordinario.

E cosa accade nel finale al bimbo che al mattino sorrideva? Una chiusa pienamente riuscita ci rivela che il piccolo sogna. La notte quindi non è terreno di non-essere, non è qualcosa di spaventoso ma uno spazio per la fantasia, l’avventura e la possibilità. Il sogno è tutto questo, tralasciando quelli cattivi. Sognando si può passeggiare tra le stelle, solcare i mari, andare a zonzo su un treno.

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Sono lieta che non si sia chiuso il libro con una rassicurazione (mossa da ansia da adulta) ma con un’emozione (che dialoga con l’animo bambino). Perché in fondo sia il giorno che la notte sono regni da abitare, e ad occhi chiusi o ad occhi aperti si può viaggiare.

(Età consigliata: dai 18 mesi)

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