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Quando la crisi fa tremare la democrazia: il ritorno del duce

Creato il 09 ottobre 2012 da Cultura Salentina

di Arianna Vergari

dux

“La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri.

Uno rappresenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità”.

(J. F. Kennedy)

La dittatura potrebbe salvare l’Italia. Ne sono convinti in molti. E non solo i quindicenni che ingenuamente si innamorano della croce celtica, come fosse un qualsiasi disegnino da stampare su diari e muri. Non solo loro. C’è una schiera di incoscienti nostalgici, rappresentanti di un conservatorismo un po’ ignorante che fa arretrare il pensiero umano di almeno mezzo secolo. Neanche un topo, per quanto disperato, ritornerebbe sulla trappola da cui è riuscito a scappare. A meno che non si voglia abbandonare la visione progressista della storia e riprendere quella ciclica. Una sorta di eterno ritorno. A questo punto avremmo già dovuto avere una neo-democrazia, dopo il regime della grande B.  Ma chi inneggia il ritorno del duce, evidentemente non era in Italia nell’ultimo ventennio. Penso a Luttazzi, Biagi e Guzzanti. Penso a Santoro. Penso al sacrosanto valore del dissentire, al diritto di essere eretici. Penso ai partigiani.

Penso oggi alla libertà di informazione, nel terrore di poterla perdere in un mondo in cui un solo Travaglio o un solo Assange forse non sono sufficienti. Penso alla costituzione, alla Repubblica. Alla libertà di scegliere un partito o semplicemente un ideale, seppur nella miseria di un panorama politico deludente. Non voglio credere che solo piegare ciecamente la testa al volere di un solo uomo possa risanare le sorti di questo paese. E non posso credere che sono necessari cento passi indietro per poterne fare uno in avanti. Non credo neanche nella stupidità della gente, ma nella disperazione. In una classe politica che prosciuga ogni speranza speranza in cambio di parole che rimbombano nel vuoto di un’anoressia di ideali. È inutile battersi, se niente cambia, se il futuro si traduce nella possibilità di stare meno peggio. La miseria culturale e politica agisce da oppio, alimenta sentimenti nostalgici ed estremisti privi di ogni fondamento.

La dittatura potrebbe salvare l’Italia. Certo, se barattiamo la libertà in cambio di qualche illusione ben confezionata. È solo la paura che tifa per il duce. Madre crisi continua a mietere le sue vittime sull’altare del precariato, della disoccupazione, dell’incertezza.


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