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Quando sarà la fine del mondo?

Creato il 06 dicembre 2011 da Uccronline

Quando sarà la fine del mondo?Il pastore americano Harold Camping aveva previsto la fine del mondo per il 21 ottobre scorso. Si è sbagliato per la terza volta: ignoriamo se i suoi fedeli siano stati più delusi sul piano religioso o più contenti su quello mondano, ma sappiamo che Camping ha dichiarato poi che l’interpretazione della Bibbia è più difficile di quanto pensasse.

L’escatologia (quella seria) è, come si sa, quella parte della teologia cristiana che specula sulla fine del mondo e dell’umanità. Essa interessa coloro che s’interrogano sulle aspettative ultime dell’uomo, ma ha anche aspetti pratici perché quelle aspettative influenzano la Weltanschauung ed il comportamento quotidiano di molte persone. Da qualche anno, con i progressi della fisica ed in particolare della cosmologia quantistica, è nata anche un’escatologia scientifica. Se John M. Keynes era solito dire che “il lungo termine” – per lui: qualche decina d’anni – “è una guida fallace per gli affari, perché allora saremo tutti morti”, per un drappello di ricercatori sparsi nelle università del globo, invece, il futuro ultimo dell’Universo – vale a dire tra 10…0 anni (gli zeri sono dell’ordine di miliardi di miliardi di miliardi), quando esso sarà imploso in un insieme di buchi neri isolati – è tema di studio e professione di lavoro pagati dai contribuenti. Se ci limitiamo al sistema solare, che esso debba finire e come finirà, è noto da quando Richard Feynman scoprì una cinquantina d’anni fa il meccanismo di funzionamento delle stelle, che gli valse il Nobel per la fisica nel 1965. Era fuori con la sua ragazza la notte dopo che aveva capito che a farle brillare erano reazioni nucleari di fusione di idrogeno in elio. Ella esclamò romanticamente: “Guarda, tesoro, come sono belle le stelle che brillano in cielo!”, ed egli: “Sì, e proprio adesso io sono il solo uomo al mondo che sa perché brillano”; al che lei scoppiò a ridere, racconta Feynman, che sentì in bocca il gusto dolce-amaro del genio incompreso. Fra 5 miliardi di anni il Sole avrà esaurito il suo combustibile nucleare e si dilaterà fino a diventare una gigante rossa che inghiottirà la Terra e gli altri pianeti, gli oceani bolliranno a milioni di gradi ed ogni forma di vita sul nostro pianeta, ammesso che sia sopravvissuta fino ad allora, scomparirà nella fornace di plasma. “Come nessuna passione, nessun eroismo, né abisso di pensieri o sentimenti, possono preservare una vita individuale dalla tomba; così tutte le fatiche degli evi, tutta la pietà, l’ispirazione, lo splendore accecante del genio umano sono destinati all’estinzione con la morte del sistema solare, quando l’intero tempio dell’Umanità sarà sepolto sotto le macerie d’un universo in rovina”: così il filosofo e matematico Bertrand Russell, il quale, tuttavia, non aveva previsto la possibilità di viaggi extra-solari.

La razza umana non dispone, però, dei miliardi di anni che ci separano dall’esplosione del sistema solare per trovarsi nuove dimore nei paraggi di qualche altra stella: la seconda legge della termodinamica – “L’entropia è crescente col tempo nei sistemi chiusi”: la più certa tra tutte le leggi di Natura – ci dà appena qualche migliaio di anni prima che siano state consumate tutte le risorse del sistema solare necessarie alla nostra evoluzione, e questo vale per qualunque tipo presente e futuro di energia. Infatti ogni tipo di attività, sia di ricerca scientifica o produzione economica o contemplazione mistica, è prima di tutto elaborazione d’informazione, e questa accresce l’entropia. All’attuale trend di crescita dell’elaborazione d’informazione della nostra civiltà (oggi, circa 10 gigabit/s per persona), la legge predice che le risorse del sistema solare saranno consumate in 5.000 anni. Pertanto, quale che sia lo sviluppo tecnologico d’una futura civiltà di origine terrestre che abbia anche colonizzato l’intero sistema solare, per sopravvivere essa dovrà trovare fuori di esso nuove sorgenti di energia entro questo intervallo di tempo, che è paragonabile a quello trascorso dalla nascita delle prime civiltà ad oggi. Sfortunatamente, però, a cagione dei disordini indotti dalle passioni umane combinati con la potenza devastante raggiunta dalla tecnica, il tempo effettivo a disposizione della specie Homo Sapiens (sapiens?!) per la sua salvezza è molto, molto minore di quello concesso dal disordine creato dall’entropia: probabilmente non più di cent’anni.

Stephen Hawking occupava fino a poco tempo fa a Cambridge la cattedra di matematica che era stata di Isaac Newton ed è famoso presso il vasto pubblico per molti libri di divulgazione scientifica, e presso gli specialisti anche per i pasticci che vi combina qualche volta, mischiando allegramente fisica, filosofia e teologia. Egli è tra i massimi studiosi viventi sui buchi neri e sull’origine dell’Universo, tanto da aver raccolto innumerevoli onorificenze, tra le quali a soli 34 anni la medaglia Pio XI da papa Paolo VI, ed essere associato membro a 54 anni della prestigiosa Accademia Pontificia delle Scienze da Giovanni Paolo II. Il passo che separa l’origine del mondo dalla fine è tanto breve in logica quanto lungo nel tempo: per questo Hawking ha alternato lo studio delle equazioni sulle singolarità spazio-temporali dell’Universo alle riflessioni sul fato degli umani. In un discorso tenuto a Padova cinque anni fa e in una serie di lezioni lette in seguito in giro per il mondo, egli ha predetto che la sopravvivenza della razza umana dipende sì dalla sua capacità di colonizzare lo spazio, ma che ciò va fatto in fretta perché cresce ogni giorno il rischio di un disastro che possa distruggere la Terra: solo se gli umani riusciranno entro il secolo a crearsi nello spazio colonie autonome dalla Terra, potranno secondo Hawking sopravvivere insieme al software del loro patrimonio genetico formatosi in miliardi di anni e alla memoria di massa del loro patrimonio culturale e scientifico accumulato negli ultimi 5.000. Ma è questa una speranza realistica?

Incapace di elaborare una congettura matematica sul futuro prossimo del tipo di quella delle stringhe riguardante il passato remoto e alla ricerca almeno di una risposta politicamente corretta, Hawking ha avuto l’idea di ricorrere al motore di ricerca Yahoo, che ha una rubrica, “Answers”, in cui tutti possono inserire domande o dare le proprie risposte alle domande pubblicate. Hawking ha inserito la questione: “In un mondo caotico sotto gli aspetti politico, sociale ed ambientale, come potrà la razza umana sopravvivere altri cento anni?”. In tre mesi sono giunte più di venticinquemila risposte, la maggior parte spicce (“Dobbiamo liberarci dalle armi nucleari”), o vaghe (“In qualche modo ce la faremo”), o dubbiose (“Non credo che sarà possibile a meno che…”), ma alcune più articolate. Scaduto il tempo assegnato da Hawking, la questione fu chiusa su Yahoo e, anche se l’interrogante si era inizialmente ripromesso di non rilasciare ulteriori commenti, alla fine è intervenuto per comunicare quella che gli era parsa la migliore risposta (di anonimo). La riassumo: “Il caos politico e sociale ci ha accompagnato da sempre, ma la razza umana ha finora esibito grande resistenza e capacità adattativa. Le minacce di una guerra nucleare, di una catastrofe biologica e del cambio climatico ora riportano di attualità la questione della sopravvivenza della specie umana. È plausibile che insieme alla crescita delle minacce, però, ci sia spazio anche per la crescita dell’ingegnosità umana. Nonostante tutti i nostri progressi tecnologici, non abbiamo ancora creato il mostro di Frankenstein. Nonostante i giacimenti di armi atomiche, non è scoppiata una guerra nucleare. La ricerca medica sta attraversando un nuovo rinascimento. Il clima rimane una preoccupazione, ma noi siamo una specie adattabile, lo siamo stati in passato ai tempi della Morte Nera che ha decimato gli europei ma non li ha cancellati, lo saremo in futuro”. E così via, nella sequela di wishful thinking e banalità, in risposta ad una domanda seria, che celava il prometeico desiderio d’immortalità della specie! Chi è interessato può trovare la risposta completa a questo link.

Allora mi viene da pensare: forse risulta logicamente inevitabile che quando scienza e tecnica (ovvero ciò su cui, in assenza di una fede fondata su basi più solide, si sono riposte tutte le speranze) mostrano i loro limiti insuperabili, anche lo scienziato solitamente razionale si rifugi nell’ottimismo irrazionale dell’uomo della strada. Eppure, lo stesso Dio che si rivela scientificamente nella necessità della fine del tempo e dell’Universo, duemila anni fa si è rivelato storicamente a chi non ha fatto un dio del caso, nel meraviglioso e poco noto libro dell’Apocalisse di San Giovanni nella medesima necessità, che non è la fine di tutto, ma il Fine di Tutto. Che importa che “le fatiche degli evi, tutta la pietà, l’ispirazione, lo splendore accecante del genio umano” durino qualche migliaio di anni in più, se sono comunque destinati “alle macerie di un universo in rovina”? Affidarsi ancora soltanto alla tecnica (i viaggi spaziali) e ai meccanismi ciechi dell’evoluzione (l’adattabilità della specie) per far guadagnare qualche millennio in più alla razza umana non è una forma di disperato accanimento terapeutico applicato ad una genìa comunque segnata? Non sarebbe più saggio immaginare anche come rendere questo mondo, compresi i pianeti che riuscissimo a colonizzare, meglio abitabile per tutti, per tutta la sua naturale durata?

L’escatologia cristiana sembra a me molto più razionale, proprio perché, a partire da ciò che è venuto, riflette su ciò che sta per venire, sul nuovo e sul definitivo, ed interpreta il presente per l’agire di ognuno di noi, qui ed ora.

Giorgio Masiero


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