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Quanta roba nel rumore di fondo

Creato il 13 gennaio 2011 da Stukhtra

Rilasciato il catalogo preliminare di Planck

di Marco Cagnotti

Il rumore di fondo, si sa, è un fastidio per gli scienziati. Un disturbo del quale cercano di disfarsi. Ma talvolta proprio nel rumore di fondo si nascondono informazioni preziose su altre cose. Prendiamo il caso di Planck, l’Osservatorio spaziale dell’ESA nel punto lagrangiano a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, piazzato lì per studiare la radiazione cosmica di fondo (CMB, che sta per Cosmic Background Radiation) liberata nell’universo 380 mila anni dopo il Big Bang, quando lo spazio diventò trasparente e i fotoni poterono proseguire liberi.

Certo, in mezzo, fra Planck e il fondo cosmico, c’è un sacco di altra roba: anzitutto la Via Lattea, poi altre galassie e ammassi di galassie, e anche un mucchio di materia interstellare. Tutta roba il cui segnale dev’essere opportunamente tolto per evidenziare, appunto, solo la CMB. Ma quello stesso segnale fastidioso fornisce pure informazioni importanti proprio sulla nostra galassia, le altre, la materia interstellare e quant’altro. Ecco perché nei giorni scorsi in una conferenza stampa intercontinentale è stato presentato l’Early Release Compact Source (ERCSC), disponibile per la libera consultazione da parte di chiunque. E, per gli scienziati, una miniera nella quale andare a pescare oggetti da osservare poi ad altre lunghezze d’onda. “E’ un grande giorno per la comunità di Planck”, ha detto a “Nature” il capoprogetto Jack Taub, dell’European Space Research and Technology Centre di Noordwijk, in Olanda. “Questo catalogo è un vero tesoro”. Ma di che?

Quanta roba nel rumore di fondo

Lì in mezzo, un sacco di roba interessante... (Cortesia: Planck/ESA)

Di ammassi di galassie, tanto per cominciare. Nei dati di Planck ne sono stati scoperti 30 nuovi, a decine di milioni di anni-luce. Con le galassie raccolte nei nodi di una vera e propria ragnatela cosmica, perché così si presenta la distribuzione della materia… adesso? Oppure prima? Bella domanda: infatti guardare lontano significa anche osservare il passato. E proprio la distribuzione delle galassie nell’universo primordiale, confrontata con quella più vicina al presente, permetterà di acquisire conoscenze per esempio sull’energia oscura che provoca l’espansione accelerata del cosmo. C’è poi un uniforme bagliore infrarosso che sembra permeare tutto il cielo e che potrebbe rivelarsi come un fondo di galassie impegnate a produrre stelle a un tasso da 10 a 1.000 volte più intenso della Via Lattea. Eh, già, perché c’è anche la Via Lattea. Immersa in una sorta di nebbia a microonde, pure indagata da Planck. Spiegazione: grani di polvere interstellare in rapida rotazione.

Insomma, c’è un sacco di roba interessante nel disturbo prodotto dal contenuto dell’universo. Le sorgenti elencate nell’ERCSC sono sicure al 90 per cento e altre se ne aggiungeranno in una versione futura e aggiornata del catalogo in uscita nel 2013. Ma è anche tutta roba che poi, alla fine, dovrà essere rimossa dalla mappatura globale del cielo. Che lei sì, è davvero lo scopo finale di Planck, il motivo per cui l’ESA ha progettato, costruito e lanciato questo gioiello della cosmologia osservativa. La speranza è riuscire a fare chiarezza sulle fasi primordiali dell’esistenza dell’universo e specialmente sul periodo inflazionario, durante il quale l’espansione avvenne a velocità superiore a quella della luce. Si sa che ci fu, perché è necessaria per spiegare le caratteristiche del cosmo attuale, ma non si sa bene come iniziò né perché.


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