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Quanto paga una laurea? Il viaggio di Vavassori dalle aule universitarie alle buste paga

Creato il 07 ottobre 2014 da Nicola933
di Mirella Astarita Quanto paga una laurea? Il viaggio di Vavassori dalle aule universitarie alle buste paga - 7 ottobre 2014

Di Mirella Astarita. In tempi in cui si fa fatica ad arrivare a fine mese, a trovare lavoro, in questi giorni bui in cui impera la spending review, Job Pricing, l’osservatorio sulle retribuzioni curato da Mario Vavassori, professore aggiunto al Mip – Politecnico di Milano, dà alla luce uno studio in cui pesa sulla bilancia il costo della formazione e le aspettative di remunerazione dopo la laurea.

Progressivamente, negli ultimi anni, l’Università sembra esser passata in secondo piano, lasciando il posto a lavori fittizi che permettono ai giovani di incassare i primi guadagni. Vavassori ha condotto una ricerca per capire quanto il titolo di studio, la laurea, sia spendibile nel mondo del lavoro e quanto valga in termini economici, nella busta paga a fine mese.

La sintesi della ricerca è che nell’universo dei lavoratori, i laureati in media guadagnano 10.700 euro in più di chi si è fermato prima negli studi. Ci sono differenze, abbastanza notevoli, anche tra i vari gradi di specializzazione.

Il report tiene in conto sia le università statali che quelle private, e sembra che proprio queste ultime garantiscano il 20% circa in più di guadagno, rispetto a statali e Politecnici. I guadagni variano anche in base al territorio in cui ci si trova, anche in questo ambito lo Stivale è diviso, e tra Nord e Sud ci sono fino a 7mila euro di remunerazione. La retribuzione globale lorda annua (parte fissa + variabile) passa da 42.182 euro per i non laureati a 52.912 euro per i laureati. Questo dato è stato recuperato analizzando i profili di dipendenti del settore privato compilati nel periodo tra giugno e agosto scorsi. Dalla tabella sotto si può facilmente notare come sia proporzionale il titolo di studio al maggiore guadagno. Più si sale nel livello di istruzione, più lo stipendio cresce. Il livello minimo è quello rappresentato dalla scuola dell’obbligo, quella necessaria e fondamentale, che fa portare a casa 31.279 euro, e si passa alla retribuzione destinata a chi ha conseguito il dottorato di ricerca, a cui spettano più di 57.600 euro, fino ad arrivare ai Master di II livello che ripagano le giornate trascorse sulle “sudate carte” con ben 67.581 euro.

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La differenza tra i laureati e non si evidenzia maggiormente nelle classi di età 15-24 e 25-34. Ciò dipende dal fatto che i laureati riescono ad entrare in modo abbastanza stabile nel mondo del lavoro, solo dopo i 25-26 anni, mentre chi si ferma al diploma riesce ad inserirsi prima, ma poi viene subito raggiunto dai neolaureati che vantavo uno stipendio, in media, più alto di quello dei non laureati del 25%. I non laureati hanno a loro favore, però, anche la maturazione di un numero di anni di esperienza e di lavoro superiore, che gli permettono degli scatti contrattuali.

Pricing, non lascia nulla al caso, e osserva anche quanto lo studio impatta sulla carriera. Se si considerano i vari inquadramenti professionali, non si scorge una grande differenza tra laureati e non, infatti tra i dirigenti, i quadri, gli impiegati etc. non ci sono palesi vantaggi per i laureati; però spostandoci di mezzo grado notiamo che nei livelli contrattuali di maggior rilievo sono presenti soprattutto lavoratori con un titolo di studio più elevato. Quindi anche laddove lo stipendio sembra esser quasi equiparato, i laureati occupano posti di maggior prestigio, e rientrano in livelli contrattuali superiori. Nello studio Vavassori prende ad esempio la categoria di dirigenti e quadri, in cui la presenza di laureati con almeno 5 anni di studi universitari alle spalle, è sopra il 40%, mentre tra i non laureati la percentuale scende al 30%, toccando il 27% quando si parla di diplomati di scuola media superiore. In questa tabella è possibile vedere come sia distribuita la retribuzione media tra i vari inquadramenti e a seconda del livello di istruzione occupato.

 

Quanto paga una laurea? Il viaggio di Vavassori dalle aule universitarie alle buste paga

Osservando la tabella, e volendo prendere ad esempio il contratto di livello più basso, notiamo che lo stipendio di un operaio varia di 1000 euro a seconda che questo abbia frequentato solo la scuola dell’obbligo o presenti una laurea magistrale. Il lavoro svolto nell’azienda è lo stesso, o quasi, ma anche qui i laureati hanno qualche punto in più.

Nella ricerca si tocca anche un nervo scoperto. Quali sono le migliori università? Quelle pubbliche o le private? Questo è uno dei quesiti più antichi, e che non trova mai una risposta univoca, ma crea sempre un’accesa discussione sia che venga intavolato in Parlamento, tra i banchi universitari o semplicemente al bar, durante il caffè di mezzo pomeriggio. Vavassori per rispondere a questa domanda confronta i dati dei lavoratori provenienti dalle università statali con il maggior numero di iscritti (La Sapienza, Bologna, Napoli Federico II, Milano) con le 3 Università private principali (Bocconi, Luiss e Cattolica), e con i tre politecnici (Torino, Milano e Bari) e sottolinea come il fatto di aver frequentato un’università privata (che, però, allo studente e alla sua famiglia costa quasi quattro volte di più rispetto le Statali) dà un ritorno economico superiore del 21%. Questo 21% sembra esser il “rimborso” per le tasse maggiorate e le rette da capogiro. Le Università statali, invece, fruttano un 19% in più rispetto i politecnici.

Oltre che tra le private e le pubbliche, è importante anche sceglier bene dove frequentare. In Italia non tutte le Università sembrano esser equiparate, e ancora una volta c’è una linea immaginaria che separa il Nord dal Sud, e nonostante l’istruzione e l’Università siano nate al Sud, oggi, sono quelle del Nord a regalare un maggior guadagno. Il 10% in più. Insomma chi frequenta nelle Università fondate per prime, al cui modello si sono ispirate le altre, si vede superare proprio dai “discepoli” del suo Ateneo.

Gli universitari nordici possono godere anche di una maggiore connessione tra la loro università e il mondo del lavoro. Il 92% di chi ha studiato al Nord ha la sede del suo lavoro a pochi passi dal suo vecchio Ateneo, mentre quelli del Centro e del Sud devono emigrare a svariati chilometri dalle loro aule.

La ricerca, però, non si ferma solo ad indicare in quale area geografica studiare, ma da la classifica degli atenei, stilata in base alla retribuzione “garantita”.

Dalla tabella riportata in basso, si nota come all’inizio della carriera universitaria non sembrano esserci differenze tra le varie sedi, ma man mano che ci si avvicina alla meta, gli atenei diventano profondamente differenti gli uni dagli altri. Offrono servizi, programmi e modelli organizzativi totalmente differenti, per non parlare, di come, le strutture delle università nordiche battano quelle antiche e secolari che popolano la parte bassa della Penisola.

 

Quanto paga una laurea? Il viaggio di Vavassori dalle aule universitarie alle buste paga

La più consigliata è la Bocconi, seguita dalla Luiss, Sacro Cuore e Pavia; quelle da scartare si trovano a Bari, Palermo e Genova.
Aldilà delle differenze tra l’una o l’altra università, lo studio evidenzia quanto, in questi periodi di forte crisi economica, investire nell’istruzione sembra esser necessario per aspirare a maggiori guadagni e lavori più solidi. L’unica cosa di cui non si è tenuto conto nella ricerca è la necessità. Spesso, anche chi vorrebbe, non continua gli studi per mancanze di “fondi” e quindi è costretto ad accontentarsi di lavoretti giornalieri, perché le tasse universitarie sono troppo costose e spesso le procedure per avere borse di studi o rimborsi sono lentissime e così si chiude il libretto in un cassetto, si indossa la tuta e ci si accontenta dello stipendio minimo.


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