Magazine Diario personale

Quella maledetta cassetta delle lettere

Da Ninja

Salve a tutti!

Mi sono appena reso conto che l’ultima volta che ho scritto qualcosa è stato due mesi fa: un po’ troppo, perfino per i miei letargici standard.

Le motivazioni di questo ritardo sono molteplici, ma credo che di fondo abbia ragione mio cugino che, incontrato qualche giorno fa a San Francisco, ha analizzato la situazione in maniera pressochè infallibile. Quando ero in Norvegia, questo paese strano, bizzarro, quasi esotico (nonostante di esotico non abbia assolutamente nulla a parte gli indiani in centro a Oslo), ero costantemente esposto a stranezze e stupidaggini di ogni tipo. Il Canada è un paese molto più normale, più ordinario, sostanzialmente noioso per il blog professionista che sa bene che nessuno di voi cari lettori è benchè minimamente interessato a cosa ho mangiato oggi a colazione o a quanto mi fa incavolare il vicino del secondo piano perchè parcheggia la macchina di fronte al mio vialetto.

Ovviamente, non ho alcun vicino che mi fa incavolare, nè ho un vialetto, quindi non preoccupatevi, non comincerò a scrivere di più per parlare di baggianate quotidiane. Al contrario, credo che tornerò alle mie radici, concentrandomi su quegli aspetti del quotidiano che ai nostri occhi sono del tutto assurdi o inaspettati.

Senza perderci in ulteriori giri di parole quindi, oggi condivido con voi qualcosa che mi è successo qualche giorno fa. Quando è avvenuto l’evento in realtà mi sono segnato un appunto mentale di scrivere una pagina del blog su questo, ma ovviamente me ne sono scordato. Poco male!

All’inizio di giugno mi è arrivata la fattura dell’assicurazione domestica. Come sapete ho comprato casa e giusto per evitare qualsiasi tipo di spiacevole incidente l’ho assicurata con un contratto del tutto standard, niente di straordinario. L’assicurazione costa pochissimo quindi l’accordo che ho preso con l’ente è quello di pagare la cifra intera annuale e finirla lì, senza tanti problemi.

E’ una soluzione bellissima, anche se realizzata con tutta la modernità che contraddistingue i servizi finanziari canadesi. Ricevo infatti una bellissima lettera contenente un’altrettanto stupenda busta preaffrancata in cui inserire un assegno intestato alla compagnia assicurativa.

…Un assegno! Da inviare in busta?!

Ebbene si! Qui amano ancora gli assegni (e le banche amano riempirti di blocchetti da cento assegni, pare sia un ambitissimo benefit), così tanto che i grandi enti hanno interi uffici di “assegnisti”, ovvero dei tizi che aprono le buste contenenti assegni ricevute dalla compagnia e verificano importo e intestazione. Un lavoro importantissimo ed estremamente qualificato di cui si sente grande bisogno di questi tempi!

Scrivo quindi l’assegno e lo infilo nella busta, gentilmente preaffrancata, quindi pronta per la spedizione. A parte lo shock che subisco ogni volta che devo compilare un assegno per qualcosa, tipicamente bilanciato dal piacere di scrivere con una penna su un oggetto fisico (avete presente quando girate pagina su un blocco note e la carta resiste, ma non troppo, alla pressione della vostra penna? grande soddisfazione, quella), il pagamento è finalmente pronto, infilo tutto nella busta e… un momento.

Adesso ho questa bella busta. Devo imbucarla! Ora che ci penso, se qualcuno mi chiedesse dov’è la buca delle lettere più vicina, non ne avrei davvero la più pallida idea. Bel problema. Decido di imbucarla il mattino seguente andando in ufficio, ci sarà di sicuro(TM) una cassetta delle lettere per strada, no?

Vago quindi come un’anima in pena per il centro di Montreal, andando verso la fermata dell’autobus. Noto con sollievo molteplici parallelepipedi grigi con il simbolo di Poste Canada / Canada Post. Mi avvicino speranzoso, volendo sbarazzarmi rapidamente di questa incombenza.

Niente da fare. Sono dei puri monoliti grigi di metallo. Avranno pure il simbolo delle poste, ma non hanno alcuna apertura… davanti, dietro, a destra, a sinistra, non c’è verso! Ma che razza di oggetti sono?! Mistero!

Arrivo infine alla fermata dell’autobus, è ora di andare in ufficio. Assai seccato, mi metto in tasca la busta con dentro l’assegno. Sarebbe davvero fastidioso perderla e vorrei veramente sbarazzarmene, mi viene l’ansia anche solo a pensare di averla ancora sul groppone.

L’autobus mi lascia nel quartiere di Mile End, dove si trova l’ufficio in cui lavoro adesso. Anche qui ogni centinaio di metri si trovano quelle stupide scatole di latta delle poste, ovviamente senza alcuna apertura. Alcune hanno una maniglia che ovviamente, se tirata, non causa l’apertura di alcunchè. Comincio davvero a perdere la pazienza e a prefigurarmi una giornata intera di paranoia proteggendo la stupida lettera da un furto che non avverrà mai.

Già mi struggo per questo moderno patema quando finalmente, in tutta la sua gloria scintillante, all’angolo di due stradine del tutto anonime, di fronte a una panetteria, la vedo: la familiare (ma poi perchè? l’avrò vista forse due volte) forma di una cassetta delle lettere, tutta grigia, con il suo bello sportellino per l’inserimento della corrispondenza.

Osanna! Evviva! Sia gioia in tutto il regno! Che il maledetto pezzo di carta sia testè inviato al destinatario!

E’ incredibile. Siamo diventati così digitali che perfino la posta ormai sta scomparendo. Sull’impatto del digitale leggevo qualche giorno fa un articolo, mi pare sul Corriere, che illustrava le teorie di qualcuno sostenenti che Internet ha distrutto centinaia di migliaia di posti lavoro e ha creato una sorta di “fossa delle competenze”. A causa della informatizzazione, molte operazioni anticamente complesse sono ora facili e possono quindi essere assegnate a persone con un basso livello di specializzazione. Al contrario, la creazione di sistemi informatizzati altamente efficienti richiede competenze molto profonde.

Chi è in mezzo quindi, esattamente che cosa fa?

Saluti di oggi alla valanga di commentatori che hanno contribuito recentemente al blog e alle tante persone che mi hanno chiesto “ma quando posti?”. La risposta è sempre la stessa, “quando ho tempo”. Per puro caso, in questi giorni ne ho moltissimo.



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