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Quella volta che Enzo Jannacci suonò al mio citofono

Creato il 30 marzo 2013 da Elianigris @EliaFNigris

La notizia della morte di Enzo Jannacci mi ha reso molto triste. Jannacci era uno di quelli che si ascoltava in macchina, quando eravamo piccoli. Cantavamo le sue canzoni tutti assieme: la mamma, il papà, mio fratello ed io; “Si potrebbe andar tutti allo zoo comunale…” e così via tutta la canzone, che, ai tempi, sapevo a memoria.

Insomma, sono cresciuto ascoltando le canzoni di Enzo Jannacci, ma anche incontrandolo, di tanto in tanto, per strada, perché Jannacci abitava proprio dietro casa mia. Quando lo incrociavamo mia mamma o mio papà mi dicevano che quello lì, con quell’aria simpatica e quel sorriso stampato sulla faccia, era quello che ascoltavamo tutti insieme. Sapevo chi era, insomma, e lo sapevo riconoscere.

Una volta, avrò avuto al massimo dieci anni ed ero ancora alle scuole elementari, andai a comprare il giornale nell’edicola sotto casa. Ero da solo, erano i primi tempi che iniziavo ad andare in giro per il quartiere senza essere accompagnato dai miei: andavo ai giardinetti a giocare a calcio, in edicola o a comprare il pane. Quella volta, in coda, dal giornalaio, c’era proprio Jannacci. Dopo qualche incertezza mi rivolsi a lui, gli dissi: “Ma tu sei Enzo Jannacci?” e lui rispose sorridendo “Si io sono Enzo Jannacci, ma tu chi sei? E, soprattutto, a che squadra tieni?”. Insomma, gli dissi come mi chiamavo, che lo ascoltavamo sempre in macchina e si cantava tutti insieme, che abitavo dietro casa e che ogni tanto lo vedevamo in giro, che ero milanista, ovviamente, e così chiacchierando abbiamo fatto insieme la strada verso casa. Prima di salutarmi, mi chiese di dirgli come mi chiamavo, con anche il cognome, e dove abitavo: gli stavo simpatico e disse che mi avrebbe portato di persona il suo nuovo disco autografato.

Tornato a casa raccontai la storia. I miei genitori erano scettici: difficile pensare che effettivamente Jannacci sarebbe venuto a casa a portarmi il disco e io stesso, in effetti, non ci speravo molto.

Passa un mese circa. Eravamo a cena e suonò il citofono. Andai a rispondere io, chiesi chi fosse e la risposta fu: “Sono Enzo Jannacci, ho un disco per Elia”. CHE FIGATA! Jannacci era venuto davvero. Scesi e mi consegnò il suo ultimo album autografato, “Come gli Aeroplani”,  ma anche un altro album, il mio preferito, “Quando un musicista ride”, anche quello autografato. Lo ringraziai, mi salutò e se ne andò.

He made my day. E forse anche my week. Mi sembrava di aver ricevuto un regalo bellissimo (e in effetti lo era stato) e poi, porco cane, una persona “importante” mi aveva portato un disco a casa!

Da allora abbiamo ascoltato Jannacci sempre meno, crescendo i gusti musicali cambiano (non sempre in meglio): iTunes dice che dall’ultima volta che ho ascoltato “Quando un musicista ride” sono passati due anni. Un’eternità. Nel frattempo, lo abbiamo incontrato in giro sempre meno e personalmente penso di averlo visto, in questi anni che mi separano dalla sua citofonata, forse un paio di volte al massimo.

Ma questa storia me la ricorderò sempre e ricorderò sempre Enzo Jannacci come una persona davvero speciale.

E ora, se permettete mi ascolto, per la prima volta da anni, l’intero album “Quando un musicista ride”, perché questi due anni passati senza mai farlo mi fanno sentire francamente un po’ in colpa e perché bisogna onorare Enzo Jannacci, musicista, milanista e milanese, uno che una volta mi ha reso felice.

jannacci


Tagged: Come Gli Aeroplani, Enzo Jannacci, infanzia, milano, Musica, Quando un musicista ride

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