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Quello che il renzismo non dice (106) – Dalla scomunica di Eugenio Scalfari a Ballarò all’addio di Pippo Civati. E sulla satira filogovernativa del Benigni “dantesco”.

Creato il 06 maggio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Carlo Cattaneo in una xilografia del 1887 di Edoardo Matania

Carlo Cattaneo in una xilografia del 1887 di Edoardo Matania

di Rina Brundu. Date notizie non fanno-occhiello sui nostri giornali schierati neppure se le anticipasse Reuters, tuttavia, difficile negare che la mezza scomunica di due giorni fa al PD renziano da parte del novantunenne Eugenio Scalfari, ospite del gianninico Ballarò (Rai3), non sia una notizia. Vero è che l’ex uomo forte del giornalismo italiano proiettava via etere un’immagine addolcita e addomesticata dal tempo, e a nulla aiutava il curioso ruolo di “badante” che si è assunto il conduttore del programma durante tutta l’intervista, ma vero è pure che il vecchio patriarca il suo pensiero lo ha veicolato in maniera piuttosto chiara.

Tra le altre cose il fondatore di Repubblica ha spiegato di non essere mai stato un comunista quanto piuttosto un liberale che in tempi non sospetti votava La Malfa. Quando questa opzione venne meno non gli restò che guardare più a sinistra e in particolare al PCI di Berlinguer che nel frattempo aveva già consumato lo strappo con Mosca, seguendone quindi le varie trasformazioni azionate anche da Occhetto e Veltroni fino ai giorni nostri. Ma mentre nel recente passato Eugenio Scalfari non avrebbe mai fatto mancare il suo voto alle numerose creature di sinistra che, immancabilmente, rinascevano-trasformate dalle loro stesse ceneri, il giornalista non ha dubbi su ciò che farà alla prossima occasione elettorale propizia dopo la trasformazione del PD renziano in partito centrista: voterà scheda bianca.

Di fatto Scalfari non ha quasi nominato Renzi ma proprio in quel mezzo silenzio stava la sua mezza scomunica:il PD renziano non sembrerebbe essere casa politica degna dell’anziano professionista! Il dubbio: e se fosse stato stato proprio questo specialissimo via libera mediatico ad incoraggiare l’odierna decisione di Pippo Civati di lasciare il PD? Tutto può essere anche se secondo Scalfari, i dissidenti dalla linea del Segretario meglio farebbero a restare e a combattere da dentro piuttosto che creare partitini dalle percentuali insignificanti. Forse. Io penso però che la decisione presa da Civati sia quella giusta e sia quella più coerente con le numerose prese di posizione di costui tese ad esprimere un dissenso sostanziale dalla linea ufficiale del Partito. Inoltre, il coraggio di Civati potrebbe essere premiato nel medio-lungo periodo da quegli elettori che auspicano la nascita di un nuovo partito di sinistra davvero credibile.

Per certo è decisamente preferibile la “ribellione” in solitaria del Civati di “lotta” all’appiattimento intellettuale applicato, per esempio, alle cose della satira politica che abbiamo notato nel Benigni filogovernativo in visita nei giorni scorsi al nostro Parlamento allo scopo di “celebrare” l’ennesimo anniversario dantesco. Scriveva Carlo Cattaneo: “La satira è l’esame di coscienza dell’intera società; è una reazione del principio del bene contro il principio del male; è talora la sola repressione che si oppore al vizio vittorioso; è un sale che impedisce la corruzione”: giustissimo! Peccato che questo grande italiano – alla maniera dello Scalfari politicamente disorientato di questi tempi – non avesse previsto l’effetto renzismo sui comici italici che hanno famiglia, soprattutto in riva all’Arno!


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