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Quello che non diremo

Creato il 26 aprile 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Quello che non diremoSe c’è un elemento che proprio non riusciamo a comprendere nel monito lanciato mercoledì da Napolitano, ebbene questo è l’appello rivolto ai giornalisti. Un appello alla categoria, affinché gli operatori – abbandonando reciproche faziosità – cooperino finalmente con il nuovo governo, in un clima di ritrovata fiducia e senza cedere il passo a delusioni o pretesti, evitando in siffatto modo di sparare ad alzo zero su un Esecutivo “di servizio”. Napolitano ha posto l’accento, in particolare, sulla necessità di «favorire il massimo di distensione piuttosto che rinfocolare vecchie tensioni». E noi, ovviamente, dalla nostra umile postazione, per spirito di causa e per amor patrio, vogliamo adempiere tale mandato. Vogliamo, cioè, partecipare a questo festoso banchetto all’insegna del senso di responsabilità: un banchetto in cui si obbliga un ottantottenne a guidare la politica di uno Stato e si vincolano tutti i poteri dello stesso alla volontà del giovin sovrano, giunto – frattanto – all’ottavo anno del suo regno.Non diremo, allora, che il governo appena nato è frutto di un compromesso morale a ribasso, un compromesso che ha irretito le coscienze e che minaccia – in una logica consociativa – di riproporre equilibri passati, equilibri che, a torto, ritenevamo fortunatamente superati, relegati nel cassetto della Storia. Non diremo che il toto-ministri in corso, con le quote azzurre, i garofani e le analisi sul peso delle varie correnti in seno al partito di maggioranza relativa, riporta alla memoria le stagioni non proprio edificanti del manuale Cencelli, nonché la posa plastica di un Cirino Pomicino d’annata, già allora amico di Marini.

Quello che non diremo

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Non diremo che il centro-sinistra è convolato a nozze col Caimano, dopo aver incentrato un’intera campagna elettorale sull’alternativa, sulla necessità di archiviare definitivamente la stagione berlusconiana per costruire un’Italia più giusta. Non diremo che l’establishment del Pd, dopo aver denunciato il malaffare di Arcore, ha preferito un salto nella muffa col Cavaliere rispetto ad un salto nel buio con Grillo, che pure – per il Quirinale – aveva avanzato una candidatura d’area pidiessina. Non diremo nulla sulla presenza considerevole di una pattuglia armata di franchi tiratori (armata, s'intende, delle peggiori intenzioni). Non diremo che Berlusconi voleva D’Alema al Colle ed ora esige parimenti Violante alla Giustizia, segno che il colbacco rosso è finito in cantina, fra i ritratti di famiglia e la salma imbalsamata del compagno Lenin.Non diremo che il nuovo governo Letta sarà supportato dalle stesse forze che sei mesi addietro avevano assistito impotentemente all’implosione della propria maggioranza, trascinando il paese nel caos per opposte ragioni di bottega.  Non diremo che i parlamentari del Pd, del Pdl e di Scelta Civica hanno votato l’Imu durante la scorsa legislatura, racimolando quattro miliardi di euro, non proferendo altresì alcuna parola quando Monti destinò la medesima cifra al salvataggio del Montepaschi. Non diremo, ancora, che tra Camera e Senato siedono trentatré parlamentari indagati e/o condannati con sentenza definitiva. Non diremo che il j’accuse di Napolitano nel discorso d’insediamento ha ben poco senso se poi si copre l’irresponsabilità delle diverse forze dal Colle più alto. Non diremo, infine, che l’inciucio si celebra sotto l’ombra di Enrico Letta, persona per bene con un problema “araldico”: in tal senso non alluderemo mai, per nessuna ragione al mondo,  al cognome che condivide con lo zio. Nomen omen.

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