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Quest’estate non donare il sangue alle zanzare

Creato il 29 giugno 2011 da Abattoir
Quest’estate non donare il sangue alle zanzare

Acquerello di Andrea Ventura

Iniziai a donare il sangue perché lo faceva mio padre. Un giorno a scuola venne l’autoemoteca dell’AVIS, a causa del ricordo di una brutta esperienza subita in adolescenza avevo una fifa matta della cannula, un ago un po’ più grosso di quello di una comune siringa usato per aspirare grosse quantità di liquidi. Avevo da poco compiuto 18 anni, l’età minima prevista per legge per diventare donatori, e mi vergognavo un po’ a mostrare la mia debolezza di fronte un ago, tentennavo in fila davanti all’autoemoteca, ma non volevo rinunciare ad un atto così importante, entrai nell’autoemoteca consegnando i miei documenti, e tornai in fila: avrei evitato un possibile ripensamento.

Da allora è passato un po’ di tempo, la tessera socio che riporta fedelmente le numerose donazioni di sangue è motivo di orgoglio per me, e la testimonianza che un vegetariano, nel mio caso sin dai 2 anni, può godere di una discreta salute, in barba a chi quand’ero piccolo cercava di intimorirmi con frasi quali “Rimarrai rachitico” o “Ti mancherà il ferro”. Finora si sono sbagliati.
A seguito del mio trasferimento nelle valli torinesi cercai un nuovo centro di raccolta sangue. Me ne consigliarono uno, un po’ distante, ma molto efficiente e ben equipaggiato. Non deluse le mie aspettative sia per organizzazione del personale, che per numero e qualità delle attrezzature, sembrava quasi una fabbrica, ma con operatori cortesi e un ambiente molto accogliente. Dopo la seconda donazione però decisi di trovare una sede più vicina alla mia abitazione.

La più vicina sede alla mia residenza ha il suo centro di raccolta all’interno del complesso ospedaliero locale. L’accoglienza non è stata però degna delle mie aspettative: mi aspettavo che i miei attuali compaesani fossero felici di avere un donatore in più presso la loro sede, ma così, almeno inizialmente, non è stato. Il signore, anziano volontario dell’AVIS, addetto all’accoglienza, o per meglio dire all’accettazione visto che accoglienza non è stata, non appena ha visto il tesserino torinese invece di quello locale ha riferito ai suoi collaboratori in modo piuttosto colorito che non avrei potuto donare in quella sede, di mandarmi via (con tanto di gesto), poi ha specificato in italiano misto a dialetto piemontese, non rivolgendosi mai a me personalmente, che per donare da “loro” avrei dovuto fare una tessera nuova e sarei stato trattato come un nuovo donatore, perdendo lo storico delle donazioni precedenti, insomma “se ha la tessera di Torino vada pure a Torino … che vuole da noi?”. I suoi “sottoposti”, volontari più giovani, più cordialmente spiegavano e traducevano le parole del concitato anziano. Rivolgendomi ai “portavoce”, seppure con una voglia immane di andar via dicendo “andrò a donare da qualche altra parte… visto che il mio sangue qui non è ben accetto”, spiegai con un po’ d’amarezza che, quando iniziai a donare il sangue, scelsi l’AVIS perché pensavo che facendo parte di un associazione nazionale sarebbe stato più semplice cambiare sede di riferimento quando sarebbe arrivato il momento di cambiar città. Spiegai loro che mi sono trasferito da poco, che la sede di Torino adesso è troppo distante dal mio contesto lavorativo e abitativo, e che non intendevo perdere lo storico delle donazioni … solo quando contai il numero delle donazioni precedenti (cumulando la cronologia di due tesserini diversi)1, l’anziano signore cambiò totalmente atteggiamento, non ho ancora compreso perché. Improvvisamente si fece portavoce del problema parlando con il medico, un giovane uomo cordiale e ben più disponibile che non fece alcun problema, anzi risolse tutti i timori dell’anziano volontario, spiegando lui che dal punto di vista clinico mi avrebbero trattato come un nuovo donatore con degli esami preliminari più rigidi e accurati, ma dal punto di vista burocratico avrei avuto una nuova tessera con lo storico aggiornato. Dopo una lunga attesa a causa dell’apertura del centro che avviene solo con cadenza mensile, le ben dettagliate anamnesi e visita generale dell’affabile medico hanno compensato lo stress accumulato durante l’ora precedente. Il medico ha precisato che secondo la procedura locale il set di analisi preliminare comprende un ECG (elettrocardiogramma), una radiografia toracica (per scongiurare il rischio di tubercolosi, ultimamente sempre più diffusa), ed analisi del sangue più complete, e visto che non avevo mai eseguito questa procedura in precedenza presso le altre sedi occorreva trattarmi come un nuovo donatore. Tranquillizzato ho compilato i moduli necessari ed effettuato le analisi richieste aspettando di effettuare il prelievo, la radiografia e l’ ECG.

L’operoso anziano volontario, era adesso sorridente, giocava con i figli di un donatore, troppo giovani per essere soci. Al mio turno, nel frattempo che il mio sangue fluiva verso la sacca, pensavo a quanto può risultare complicato perfino donare qualcosa, specialmente affrontando la burocrazia di enti ed associazioni che dovrebbero essere unificate, seguendo un unico standard ed un unico obiettivo, abbassavo lo sguardo pensieroso, mentre una simpatica dottoressa con un accento a me familiare mi invitava a tenere gli occhi ben aperti, in modo da poter controllare ogni sintomo di malore.

1. Il numero di donazioni precedenti è importante per valutare l’idoneità del donatore nel caso di condizioni cliniche limite, un veterano con la pressione piuttosto bassa, ma ai limiti potrebbe essere giudicato idoneo, accettare un nuovo donatore nelle stesse condizioni potrebbe invece risultare pericoloso. Il numero di donazioni serve inoltre a fini statistici, e per l’assegnazione di onoreficenze associative.


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