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Questione di feeling

Creato il 28 dicembre 2014 da Calcioromantico @CalcioRomantico

Il nome Basile Boli nella prima frase sembra assoluta garanzia che l’articolo sotto i vostri occhi parlerà del 26 maggio 1993, del trionfo dell’Olympique Marsiglia all’Olympiastadion di Monaco e del Milan di Capello, reo di aver vinto tutte le dieci partite fin lì disputate in quella edizione della Champions League, ma anche di essere arrivato cotto alla fine della stagione.
Per carità, la prima storica vittoria di un club francese nel massimo trofeo europeo è una cosa che varrebbe la pena di raccontare, anche in relazione allo scandalo che colpirà di lì a poco la squadra di Tapie e che non permetterà ai marsigliesi di rimanere ad alti livelli.
E, invece, no. Il gran colpo di testa in elevazione su corner di Abedi Pelé vale una carriera, ma noi partiremo per la tangente prendendo spunto dall’altra cosa degnissima di nota che va ascritta al difensore di nazionalità francese, ma di origini ivoriane.

Nel 1991 insieme con l’allora suo compagno di squadra Chris Waddle, Basile Boli incide un singolo, We’ve got a feeling. Ottima scelta perché Magic Waddle, come ha scritto Daniele Manusia su vice.com, “ha lavorato in una fabbrica di salsicce, ha assistito alla Mano di Dio e al Gol del Secolo dal campo, [...] ha colpito un palo e sbagliato un rigore nella semifinale di un Mondiale, ha vinto tre scudetti in Francia e perso quattro finali in tutto, tra cui una di Coppa dei Campioni; ha cantato con Hoddle [ai tempi del Tottenham Hotspur], scherzato con Gascoigne e preso in giro Maldini; a 33 anni è stato votato dai giornalisti inglesi miglior giocatore del campionato, ha giocato più o meno 600 partite e segnato più di 100 gol.” Non una persona qualsiasi, insomma. Soprattutto uno con una notevole esperienza nel campo musicale: nel maggio 1987 il singolo Diamond Lights cantato da Glenn&Chris, duo che per ovvi motivi non è stato battezzato Hoddle&Waddle, arriva al numero 12 nella single chart del Regno Unito e viene eseguito anche in diretta playback a Top of the Pops.

L’accoppiata Boli&Waddle ha davvero feeling e va così forte che, a detta di Chris Waddle, il loro singolo raggiunge il primo posto in Albania![1] Successo a parte, We’ve got a feeling ha un testo decisamente interessante e un video assolutamente privo di stereotipi. Waddle, infatti, è vestito da lord inglese con immancabile bombetta e ombrello ed è appoggiato al Big Ben. Boli, di contro, alla domanda di Chris, su come faccia a essere così grande e grosso e a saltare così in alto, risponde che sotto il sole della sua Africa ci sono tanti stregoni e lui potrebbe aver bevuto accidentalmente una pozione magica che lo ha fatto diventar così.
La domanda su chi sia stato il primo calciatore a incidere canzoni pop originali a questo punto ci può star bene, ma noi la dribbliamo e viriamo su un singolo sicuramente precedente alla discesa nel campo musicale di Waddle, scoperto grazie a un sito (www.footballa45giri.it) che ha fatto del binomio musica e calcio la propria ragione d’essere: I’m football Crazy di Giorgio Chinaglia. L’anno di uscita del 45 giri coincide con quello dello scudetto e del fanculo a Valcareggi, la canzone ha una melodia da film di Bud Spencer e non a caso sarà usata come colonna sonora ne L’Arbitro di Lando Buzzanca, Long John canta in inglese e con innocente egocentrismo afferma: “I’m the best in all the world! / I’m the strongest of them all! / I’m football crazy!”.

Quarant’anni dopo Chinaglia, vent’anni dopo Boli cosa ci propone il panorama musical-calcistico? I tempi son cambiati. Calcio e marketing bastano già a garantire visibilità e introiti extra a campioni acclamati e a squadre famose, così di giocatori che incidono dischi tutti loro non se ne trovano facilmente. Però il proprio brand lo si può sfruttare facendo compresenza, visto che i cantanti pop hanno una vita di successo ancor più breve di quella dei calciatori. Quindi, se Neymar balla quando, dopo un suo gol, lo speaker dello stadio del Santos mette la tua canzoncina orecchiabile, la prima cosa da fare è approfittarne. Nasce così il sodalizio artistico (come chiamarlo altrimenti?) Neymar-Gusttavo Lima che nel 2012 impazzava sul web e che, devo ammetterlo, ha su di me un fascino particolare. Il ragazzino Gusttavo balla, zompa e canta Tchetcheretchetche, che poi si chiama ufficialmente Balada, mentre il ragazzino Neymar prova a seguirlo e come unico effetto ottiene quello di far muovere di moto armonico il microfono nella sua mano.
Poco da dire, se non che Asamoah Gyan, zitto zitto, ha saputo far di meglio. In Sud Africa il ghanese ha sbagliato il rigore che poteva regalare la prima semifinale mondiale all’Africa, ma in occasione del gol segnato agli USA nel turno precedente ha eseguito in mondovisione la “Asamoah Gyan Dance”. Tornato in patria, registra col rapper Castro The Destroyer un videoclip in cui prova a cantare ed esegue i suoi celebri passi di danza. La canzone si chiama African Girls e della profondità del testo inutile parlare, basta dare un’occhiata a tette&culi che scivolano sullo schermo. Il sodalizio artistico -anche in questo caso impossibile usare altri termini- prosegue e diventa amicizia. Poi nel luglio 2014 Castro e la sua fidanzata Janet Bandu muoiono mentre sono in vacanza con Gyan. Il mancato ritrovamento dei due corpi porta la stampa ghanese a lanciare pesanti accuse al giocatore: ha rapito o ucciso Castro, anzi lo ha sacrificato per migliorare la sua carriera.
Asamoah Gyan e il suo avvocato rispediscono al mittente le accuse, ma evidentemente il feeling nato tra Castro e Gyan aveva prodotto altri brani musicali, qualche videoclip e delle serate, ma non troppi soldi e neanche la fama che il rapper si aspettava.
Chissà cosa sarebbe successo se le strade di Neymar e Gusttavo Lima non si fossero così presto separate.

federico

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[1] Cfr. l’intervista rilasciata da Waddle alla rivista Four Four Two 


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