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Quote rosa (e dintorni)

Da Motherbrave

 

Quote rosa (e dintorni): rivoluzionare il lavoro?

foto:flickr

Questo post a blog unificati nasce da un'idea e uno scambio di vedute su Twitter e in rete tra Monica Cristina Massola, Stefania Boleso, Lorenza Rebuzzini, Manuela Cervetti, Benedetta Gargiulo, Maria Cimarelli, Paola Liberace e Mariangela Ziller.
Dopo uno stralcio di scambi in rete:
"Non basta essere donne per esser candidate, anche questa è strumentalizzazione.""Mi piacerebbe molto però se chiedendosi "chi c'è di bravo?" venissero in mente donne""Il punto è: basta questo per introdurre gente a caso (come avverrà in CDA banche) purché donna?""Sono sicura ci siano donne in gamba pronte per assumere ruoli importanti. Come fargli avere la chance?""Sempre più mi è chiaro che non si tratta di part time o di conciliazione: che bisogna rivoluzionare il lavoro, nulla di meno""Rivoluzionare il lavoro!! E' l'unica. Ma partendo dalle donne (dalle mamme!), non dall'imitazione degli uomini."(seguendo in Twitter l'hashtag #rivoluzionareillavoro troverete alcune tracce di frasi che ci hanno fatto riflettere...)
abbiamo pensato di scrivere sugli argomenti delle reali opportunità per le donne nel mondo professionale: su come rivoluzionare l'organizzazione attuale del lavoro, e sulla legge attualmente in discussione sulle quote rosa nei CdA.
Come avrete intuito, questo post va in onda a blog unificati. Tipo messaggio del Presidente della Repubblica il 31 dicembre. E, non per darmi delle arie, ma anche io vi faccio gli auguri. Auguro a tutti, uomini e donne, che domani venga approvata la legge sulle quote rosa. E così vi svelo già la mia opinione in merito: un terzo delle donne nel Consigli d'Amministrazione delle società? Sì, grazie. È un po' poco, ma per ora ci accontentiamo. Meglio un terzo che un milionesimo. Certo, le solite prime della classe, tipo Norvegia, Spagna (?) e Francia (?) hanno quote del 40%, ma insomma, non vorremo mica stravolgere così di botto secoli di inciviltà italiana! Bisogna andare per gradi. Magari un giorno facciamo assistere le donne a una riunione del CdA dal buco della serratura. Il giorno dopo le facciamo entrare, magari per portare il caffè. Il terzo qualcuna si può appoggiare al tavolo di cristallo, meglio se in posa accattivante. Così, dopo una settimana di silenziosa presenza, l'uomo medio italiano si sarà abituato e sarà pronto per assorbire lo shock di condividere il potere con il genere femminile. Comunque il panico farà presto a rientrare, dato che "un terzo" coincide matematicamente con il concetto di minoranza. Per cui non ci sarà il pericolo di una guerra tra i sessi.Detto questo, leggo ovunque i commenti dei soliti moderati (tipo mia madre), che con una certa spocchia criticano il meccanismo delle quote rosa. Dicono che la presenza delle donne non può essere imposta per legge. Dicono che le quote rosa fanno male alle donne. Alessandro De Nicola ha scritto sul Sole24Ore di qualche giorno fa che "È ozioso discutere se le donne fanno bene al bilancio della società; le manager brave sì, quelle scadenti o inadatte no. Sicuramente non sarà una qualunque burocrazia in grado di determinarlo." Ozioso un tubo. Se leggo dei dati che dicono che, dove ci sono dei CdA composti anche da donne, le aziende hanno delle performance migliori rispetto a quelle in cui i CdA sono al 100% testosteronici, significa che, a prescindere se quelle donne manager sono brave o scadenti, le quote rosa migliorano la situazione. E continua De Nicola: "La quota rosa è controproducente sotto altri profili: fa considerare le signore prescelte delle semplici 'raccomandate' e crea una piccola casta di 'gonne dorate' come vengono chiamate in Norvegia..." Cioè, non abbiamo nemmeno iniziato a prevedere un pidocchioso 30% di donne nei CdA, che già si parla di raccomandazioni e gonne dorate?! Ma vogliamo invece dire qualcosa sui "pantaloni dorati" invece? E sulle raccomandazioni di genere di cui godono gli uomini? Voglio dire, oggi, e non per legge, la maggioranza dei CdA delle società italiane è composta da soli uomini. Di questi, molti hanno fatto anche delle pessime figure. Penso ad Alitalia per esempio, o a Trenitalia (tutto quello che finisce in "italia" insomma. Ah sì, anche Telecom Italia). In questo caso non si parla più di raccomandazione? Cos'è, improvvisamente solo adesso scoprite il valore della capacità e della preparazione? Adesso che si parla di donne? Ecco, a me questa cosa mi manda veramente in bestia. Velatamente, ma nemmeno tanto, sento dire: "Bene le donne, ma devono essere capaci e preparate, eh!" E allora dirò una cosa impopolare: chissenefrega se non sono brave o preparate. Qualcuna sarà brava, qualcuna no. Qualcuna sarà odiosa, qualcuna no. Esattamente come gli uomini. Per me è questa la vera parità: le donne devono avere lo stesso diritto di sbagliare che hanno gli uomini. Non è che perché adesso concedono loro un terzo delle poltrone, queste donne devono lavorare il doppio degli uomini.I principali detrattori di questa legge parlano tanto di meritocrazia. Dicono che i posti di potere devono essere ricoperti da gente qualificata, a prescindere dal genere. Bene, dico io. Ma siamo sicuri che oggi i posti nei CdA siano attribuiti per reale merito? Perché se non è così, allora di cosa stiamo parlando?Scusate, mi è salita la pressione. Ora mi calmo.C'è invece un'altra questione che mi preoccupa, che è proprio il numero di donne interessate ad usufruire delle quote rosa. Ci sono? E quante sono? E dove sono? A quale gradino dell'organigramma aziendale si sono fermate (o sono state fermate)? Ci sono moltissime aziende in Italia che contano percentuali altissime di donne nel livello impiegatizio, qualcuna a livello quadro, e praticamente nessuna dirigente. Se nel giro di un anno dovesse entrare in vigore il meccanismo delle quote rosa, dovremmo fare un corso accelerato di management alle donne. E sarebbe anche carino che parallelamente ci fossero dei corsi per spiegare agli uomini come sia normale e dovuto che anche loro si occupino dei figli e della casa. Perché che fai? Incentivi la donna a fare carriera per sfruttare tutte le sue capacità e poi lasci i suoi figli dall'assistente sociale? Ma alla fine c'è un'altra questione spinosa di cui si parla poco, che è lo squilibrio lavoro-vita privata. Si dà per scontato che si debba per forza scegliere: tra lavoro e figli, tra lavoro e vita coniugale, tra lavoro e salute. Sì, lo so, sto facendo un discorso da femmina. Mi è stato detto proprio l'altra sera a cena: le donne vogliono fare tutto e non sono disposte a concentrarsi su un'unica cosa. Vogliono essere madri, mogli, amanti, lavoratrici, amiche. L'uomo invece, una volta che ha scelto il lavoro, non si pone altre questioni. Sta bene così. Beh, scusate, ma a me pare riduttivo. E comunque, statistiche alla mano, la qualità del lavoro aumenta quando aumenta anche la qualità della vita, e questo significa che se ho il tempo per andarmi a fare una birretta con gli amici, o fare i compiti con mio figlio, poi sarò più produttiva in azienda. L'attuazione delle quote rosa in Italia, seppur con percentuali ben lontane dalla parità, implicherà anche una certa rivoluzione nel lavoro. Come tempi e come modi. E di questo, ne godranno anche gli uomini.
Se volte altre opinioni in merito, sicuramente più serie delle mie, questi sono i link dove potrete trovarle:
http://www.mammeacrobate.com/work.html
http://www.workingmothersitaly.com/category/blog/
http://pensieridistefania.blogspot.com/
http://milanoelorenza.blogspot.com/
http://pontitibetani.wordpress.com/
http://www.controgliasilinido.com


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