Magazine Psicologia

Rabbia: l’energia che dissipiamo

Da Renzo Zambello
Rabbia

La rabbia

Domanda e risposta  dal guestbook sul tema della rabbia.

  • Domanda: Dottore buongiorno. Lavoro tanto su me stessa attraverso percorsi di crescita di vario tipo, ma la rabbia che ogni volta nasce in me a causa della figura maschile presente nella mia vita, non cessa di essere. Ho subito l’abbandono paterno ma ho “perdonato” e compreso, quindi non penso sia dovuta a questo la mia rabbia. Pretendo un rapporto esclusivo (che so essere umanamente impossibile) che il mio partner non veda che me e non pensi che a me e tutto ciò che si frappone tra me e lui mi desta sensazioni negative fino alla rabbia nei suoi confronti. Tutto questo mi procura grande sofferenza e sento il bisogno di ricambiare per far provare a lui la sofferenza che provo io, pur capendo che tutto parte dalla mia mente. Procuro sofferenza allontanando la persona che mi ama e che senza me soffre ma poi soffro anche io perché l’allontanamento fa male anche a me. E così non ho mai un rapporto bello, sereno e duraturo. Come si fa a liberarsi da questa emozione tanto devastante per me e per chi ho vicino? Grazie di cuore e buone feste . Rabbiosa

Risposta: Gent.ma Signora,

è il bambino che ha bisogno e che pretende l’amore totale della mamma. Il guaio è che qualunque sia la risposta  “della mamma” o chi per lei,  sarà insufficiente e  paradossalmente,  troppo. E’ cosi il bambino si dibatte tra rabbia, depressione e paura di perdere “l’oggetto” amato.  Klein che ha descritto bene questi processi   nel  libro che le consiglio di leggere: “Invidia e gratitudine”. Lei sembra proprio confermarne la validità della sua teoria.

Spesso i rapporti, anche negli  adulti, poco importa se con la moglie,  il marito, l’amante o l’amico, ricalcano lo  schema: idealizzazione dell’oggetto amato, desiderio di averlo  tutto e l’ inevitabile delusione. Lo stato emotivo passa, per usare i termini della Klein, da “posizione schizoparanoide ad una posizione depressiva”. E’ la rabbia il sentimento che il soggetto riesce  a leggere pur consapevole che è l’epifenomeno di  una sofferenza per lui più complessa e  inestricabile.  La persona  si percepisce come  intossicata  da sentimenti negativi,  rabbia, come lei dice  e non ne conosce  la  ragione vera.

 Bisogna poi fare una distinzione fra due concetti che a volte  erroneamente si sovrappongono: aggressività e rabbia.. L’ aggressività,  alla pari della sessualità è un istinto assolutamente fondamentale per la conservazione dell’ individuo e della specie. Senza aggressività non potremmo vivere,  mentre la rabbia   è un sentimento che ci fa sentire in un continuo conflitto con il mondo esterno  e contemporaneamente con se stessi. La rabbia se trattenuta  si esprime come un rancore, un qualcosa che rode dentro  se è proiettata all’esterno,  si trasforma in ira.  Quest’ultima, l’ira,  è  un sentimento che si  controlla poco e si maneggia ancora peggio  con la conseguenza che il soggetto non  si  sente più padrone delle sue azioni.

 Aristotele nell’ “Etica a Nicomaco” distingueva anche tra rabbia e odio.  Infatti, egli dice  che l’ odio può raggiungere i suoi scopi distruttivi solo percorrendo rigorosamente le vie della razionalità,  cosa che come abbiamo visto non può fare l’ira,  ed egli aggiungeva: “Arrabbiarsi è facile, ne sono tutti capaci, ma non è assolutamente facile, e soprattutto non è da tutti arrabbiarsi con la persona giusta, nella misura giusta, nel modo giusto, nel momento giusto e per la giusta causa». Purtroppo,  molto spesso la rabbia agisce fuori della razionalità  e il bersaglio finale è  lo stesso soggetto che la prova.

Ritornando alla sua domanda signora,  lei sembra proprio ritrovarsi in quest’ultimo caso:  è la vittima della sua stessa rabbia.

E’ molto difficile dare una indicazione terapeutica perché è difficile trovare una via di uscita a qualcosa che appare come un sentimento irrazionale e che ha modalità e radici molto antiche ma che soprattutto è avvertito come fortemente pervasivo e negativo dall’Io. Nella mia esperienza professionale ho visto che lo schema kleiniano è  un modello di riferimento teorico e clinico  che permette di uscire dalle secche della rabbia che si auto-genera.

Tendere ad una vita dove non coltiviamo sentimenti inutilmente negativi, non è solo una questione moraleggiante che fa eco ad una falsa retorica e a un peloso  buonismo, magari appiccicosamente natalizio.   Limitare sensibilmente il livello di questa emozione  negativa, la rabbia, non coltivarla coattivamente,  significa investire in una vita proficua dove non si disperde energia libidica. E’ un vero investimento.

Mi piace ricordare  una  storiella  che sentii,  non ricordo bene da chi ma che suonava più o meno così: “ Caino e Abele si ritrovano dopo un po’ di anni in Paradiso. Si abbracciano, si tengono stretti l’uno all’altro felici di rivedersi dopo tanto tempo. Dopo un po’, Abele si rivolge a Caino e dice: senti, non ricordo più, ma è successo qualcosa tra noi due quando eravamo giù sulla terra?

Buon Natale a tutti.

di Renzo Zambello

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Tags: larabbia, rabbia


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