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RACCOLTA DIFFERENZIATA BIS - "L'estate dei segni e dei sogni"

Creato il 07 agosto 2012 da Zioscriba

L’ESTATE DEI SEGNI E DEI SOGNI
L’estate degli Europei in Portogallo smisi per un po’ di essere un disoccupato buono a nulla e diventai un allenatore professionista. Di fantacalcio. Magic manager. Rischiavo di vincere una Jaguar. Sul serio. Fu anche l’estate in cui m’innamorai di Federica. Era venuta a votare e io facevo lo scrutatore e lei mi aveva sorriso. Due volte, perché era tornata indietro a far mettere un timbro che qualcuno s’era dimenticato di mettere. Proprio a lei, unica fra mille. M’ero innamorato dei suo dolci occhioni neri e del neo stupendo che aveva sopra le labbra.
In quell’estate avevo quasi una vita.
Ma fu soprattutto l’estate in cui i segni e i sogni continuarono a perseguitarmi, illudermi, prendermi in giro. Dopo la prima serie di partite entrai in classifica. Undicesimo. Su trecentomila! Telefonò una della Gazzetta per chiedere come volessi chiamare la mia squadra. Io sul mio foglio avevo scritto Nordika, perché era una squadra basata su svedesi e danesi, però le dissi di mettere Zio Scriba, così mi facevo pubblicità come umorista. Avevo pubblicato quattro battutozze con Gino&Michele, usando quello pseudonimo. Avevano messo le mie battute accanto a quelle dei miei idoli – Woody Allen, Beppe Grillo, Bukowski – e le mie non sfiguravano poi tanto.
Il giorno dopo comprai la Gazzetta e mi lessi la classifica e mi beai guardando e riguardando il mio nome, lassù, vicino a quello della mia squadra. C’erano squadre senza nome e squadre coi nomi più strani. Il primo nome di squadra al di sopra di Zio Scriba era Federica cucciolona mia. Era un segno. Poi una notte sognai che trovavo dei soldi per terra. Un gran mucchio di soldi. Secondo segno. Per la strada non facevo che incrociare Jaguar. Terzo segno. E via così. Intanto guardavo gli europei, e talvolta mi incazzavo perché le partite venivano rovinate da quel palloncino grigio assurdo. Si chiamava Roteiro e volava via malamente. Per colpa del Roteiro partite che potevano finire 4-3 finivano 1-0. Palloncino del cazzo. Con la seconda serie di partite feci un punteggio molto più basso. Temevo d’essere uscito di classifica. Invece diventai quarto. Non ci credevo. Importanza della regolarità. Se fai un 98, poi con 79 mica retrocedi. Avanzi.
La terza serie prevedeva Svezia-Danimarca. Tutti gli italiani facevano il tifo per lo 0-0 ma pronosticavano malignamente il 2-2 che avrebbe qualificato entrambe le nordiche e mandato a casa gli azzurri, e allora gli italiani importanti se ne venivano fuori alla tv e sui giornali con questi discorsi furbetti e ipocriti sulla lealtà sportiva e tutte quelle balle lì. Dico io, gli italiani! Quelli delle partite truccate e dello scandalo doping e degli arbitri sporchi e di Udinese-Juve del 5 maggio 2002… Questa gente qui in cattedra a insegnare onestà e civiltà agli Scandinavi! Un po’ come se Totò Riina si mettesse a parlare di nonviolenza tibetana, o un fanatico integralista d’intelligenza, laicismo e libertà d’opinione. Fanculo. Io facevo il tifo per il 2-2. In parte come magic manager e in parte perché ero italiano ma l’Italia mi stava sui coglioni. Finì 2-2 e io che facevo tiè col braccio e che mandavo baci ai miei meravigliosi amici nordici. Per una volta s’erano fatti furbi e gliel’avevano messo per benino nel culo, ai mafiosi.
Ma intanto non mi decidevo a telefonare a Federica. Ero troppo innamorato, e più m’innamoro più divento vigliacco. Però pensavo sempre a lei, solo a lei, solo a Federica e alla Jaguar del Magic Europeo, e mentre ero in macchina con degli amici passai sotto un ponte incrociando una Jaguar, e sopra il ponte sventolava un lenzuolo con scritto Fede e Nick oggi sposi. Il quarto e il quinto segno. Così, uno dopo l’altro. Dicono che la Jaguar è uno dei tanti stratus symbol, che simboleggiano quanto strati di merda tu hai nel cervello, ma io mica la tenevo, la vendevo. Il sesto segno fu che sognai di comprarmi una gran villa sul mare. Però quando andavo ad abitare nella villa ero solo, nessuna Federica in circolazione nei paraggi, se no sarebbe stato il settimo. Per non saper né leggere né scrivere né fare un cazzo d’altro, e men che meno quella roba lavorativa, andai alla snai e piazzai una scommessa. Geniale. Due risultati esatti. Trentamila vecchie lire che sarebbero diventate quattro milioni e sei. Repubblica Ceca-Grecia 0-0. Beccato! E Portogallo-Olanda 3-1. Al novantesimo vinceva il Portogallo 2-1. Un portoghese in contropiede si presentò solo davanti al portiere Van der Sar che non valeva un tubo. Il suo tiro a botta sicura superò Van der Sar, prese il volo e andò a finire in tribuna insieme ai miei milioni e a tutte le mie bestemmie. Tutta colpa del Roteiro. Quel palloncino del cazzo.
Be’, mi dissi, sfortunato nel gioco fortunato in amore. I segni lì c’erano tutti. Avevo appena letto che si chiamava Federica anche la fidanzata segreta dello scrittore morto Tondelli. E nell’ambiente letterario c’era pieno di bischeri che non facevano che ripetermi come io fossi il sosia perfetto, di questo scrittore morto Tondelli tocchiamoci le balle, ero il perfetto sosia di Tondelli tranne per il fatto che secondo loro non sapevo scrivere. Non ero abbastanza noioso. Mi feci coraggio e chiamai finalmente la mia dolce Federica. Tremavo tutto. Cosa le avrei detto? Ho pensato a te piangendo guardando una stella cadente su una spiaggia di notte? Ti amo alla follia e ti dedico ogni giorno la più struggente canzone d’amore? Per una come te mi metterò persino a lavorare? (Non esageriamo.) Ti farò pigiamini di saliva innamorata, e nell’intimità ti chiamerò sussurrando Fedefica? Prima di te preferivo le bionde, mia rosa nera, mio oro bruno, mio sole di sera…? La trovai al terzo tentativo. Fu gentilissima. Disse che stava con un ragazzo da cinque anni, e che l’anno dopo si sarebbero sposati. Mi raggelò, ma con dolcezza e educazione.
Domandai scusa.
Come magic allenatore cominciai a perdere colpi. M’ero intestardito a non comperare greci nelle successive fasi di mercato, quando per sostituire i tuoi giocatori eliminati potevi comprarne otto e poi sei e poi solo quattro e la situazione si restringeva a imbuto, e come diceva Totò col restringimento son dolori. Comunque greci non ne compravo. Tanto questi qui non andranno lontano, mi dicevo.
Così la mia squadra si schierò in finale con soli sei giocatori, la Grecia diventò Campione d’Europa e io arrivai cinquecentoventunesimo.
Per farmi del male presi carta e penna, e verificai che comprando i cinque greci giusti al momento giusto sarei arrivato straprimo. Ma l’undicesimo posto parziale della prima giornata mi valse un piccolo premio. La Jaguar diventò un pallone da calcio. Quello ufficiale del torneo. Non ci credevo. Avevo vinto il Roteiro del cazzo. Con la sua bella siringa. Potevo gonfiarlo e poi infilarmelo su per il culo. Allora finalmente capii. I segni e i sogni non è che venissero giù a casaccio. È solo che andavano letti alla rovescia. Si avveravano tutti, ma esattamente all’incontrario. Per questo dicono: quando sogni un conoscente che muore gli allunghi la vita. Al diavolo, avevo appena sognato che mi pubblicavano ‘sto racconto…
Io non ce l’avrò mai, una vita.

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