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Racconto di Capodanno 2012

Da Frafiori

Eccoci qui, un altro anno è andato e puntuale arriva il Racconto di Capodanno.
La novità è che via mail non lo invio più, la mail è superata si sa.
È stato un anno faticoso, in cui la vera protagonista è stata la paura che tutto ciò che non va non abbia mai fine, speriamo che passi.
Buona lettura e Buon Anno.

Paura?

Paura di vivere si chiama, è una roba che colpisce tanti, ma non c’è da credere a questa definizione, è piuttosto lucidità irrefrenabile. È il momento in cui ti rendi conto che la vita che hai non è affatto quella che volevi, che avevi progettato e riempito di dettagli anche ridicoli, come quella strana pianta sul davanzale che hai sempre immaginato.
Sono cose da poco a fartela crescere, tutto sembra sporco, il divano è pieno di briciole e tabacco e c’è quell’odore di cose sudate che sembra avvolgere ogni cosa. Ma poi sembra che ti lamenti di tutto e allora lasci stare, fai finta di non accorgerti delle cose che non quadrano, e quelle allora crescono, si moltiplicano nell’affanno di farsi riconoscere e più fanno rumore per farsi vedere, più le ignori. Poi, un bel giorno, mentre stai guidando per andare al lavoro o lavando i piatti, cominci a piangere e avere paura. 
Una volta avrebbero detto che eri isterica e volevi farti tuo padre, un bell’elettroshock e una vita a letto, questo ti aspettava. Ora danno un po’ di ansiolitici e via.
Ma tu hai solo paura di quello che vedi, non c’è niente di ingiusto nella tua sensazione, né di esagerato, è la pura, semplice verità che ti dà un pugno in faccia. Sono tutte le cose che non sopporti che alla fine ottengono la tua attenzione. C’è chi smette di piangere quando succede e decide di continuare a far finta di niente e c’è chi si fa travolgere da quella rappresentazione ossessiva delle cose che non passano e soccombe.
Infine c’è chi, come te, continua a tenere i piedi su frizione e acceleratore, o le mani nell’acqua saponata e sa che è normale, che prima o poi doveva pur accadere.
Non è sano credere che tutto ciò che non hai fatto non venga a mai a esigere il conto, deve succedere e non puoi chiamarlo panico, è semplice verità rilevata. Basta pensaci un attimo. Giovanni non stava mica bene mentre gli dettavano l’Apocalisse e che dire di Proust mentre scriveva la Recherche.
Allora capisci che si tratta solo di vita ignorata, che risale dallo stomaco e incasina le percezioni, è la cosa giusta nel momento sbagliato.
Quello che hai sempre voluto e sognato che ti sorprende in mezzo a una strada, o con le mani abbracciate a una pentola sporcata da qualcun altro. È la vita che chiede il suo tornaconto, la sua parte e non puoi evitarlo, puoi aspettare certo, far trasformare quella pulsione in rabbia, poi in psoriasi e poi ancora in tumore, o chissà cos’altro, ma alla fine sai che pagherai col tuo sorriso se non decidi subito.
Entri in casa dei tuoi, è Capodanno. Sei col ragazzo di sempre che hai sposato per cortesia e nemmeno ti guarda più, c’è tua madre che ha qualcosa da ridire e c’è tua sorella che urla dietro ai bambini con la bava alla bocca, tuo cognato fissa il 47 pollici che ha comprato a rate a Natale, indossa la tuta, tiene il telecomando in una mano e la lattina di birra nell’altra. Capita ancora. La testa che gira, il respiro che manca, la sensazione di morte imminente ti invitano a lasciarti scivolare in terra, ma ci pensi un attimo e ti ricordi che non è affatto necessario.
Dai un bacio sulla guancia al tuo eterno marito, dici a tua madre che ha torto e dai una carezza forte sulla nuca a tuo nipote. Dici anche Buon Anno prima di uscire.
Sali in auto, hai una gran voglia di guidare e non vedi l’ora di lavare i piatti, i tuoi.


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