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Rachid Djaïdani: Viscerale. Un grido dalle banlieue

Creato il 07 gennaio 2010 da Fabriziofb
Rachid Djaïdani: Viscerale. Un grido dalle banlieue
Primo agosto. I primi raggi di sole incendiano un immenso quartiere di periferia, il più sballato del territorio gallico. Inaugurato trent’anni fa, non ha denominazione controllata, niente etichetta, niente annata. Qui i ratti indossano completi di teflon. Gli scarafaggi fanno smurf sulle scie degli sputi. I pit-bull tirano piste di coca prima di azzannare i marmocchi. Il cemento ha l’herpes curato con il Kärcher, i fili spinati l’AIDS e la dichiarazione dei Diritti dell’Uomo è una barzelletta che circola sottobanco.”(1)

Parigi, oggi. per le vie di una periferia urbana mestamente multiculturale, nella quale ogni sogno di rivalsa si riduce, nella migliore delle ipotesi, a un miraggio lontano, che aiuta a tirare avanti finché non ci si scontra con una realtà fatta di porte chiuse e cemento armato, il ventitreenne Lies, comproprietario di un quasi fatiscente call-center, coltiva il pugilato agonistico come unica via di fuga dal ghetto. Presentendo la fine della carriera -annunciata, in maniera via via più sfacciata, dall’emergere di un invadente problema agli occhi -, e convinto delle potenzialità di altri giovani avanzi di banlieue, piccoli fantasmi di un passato non troppo lontano, il pugile si è messo a insegnare la noble art all’interno della palestra del quartiere e in carcere. E i ragazzi, una squadra intera di giovani pugili “arrabbiati”, hanno deciso di seguirlo: quelli dentro dedicandosi anima e corpo agli allenamenti, quelli fuori preparandosi per il debutto sul ring, a Marsiglia, in un'importante competizione ufficiale.
Ma il già citato scontro(2) con la dura realtà è dietro l’angolo: quando l’evento di Marsiglia viene cancellato, l’ira dei ragazzi si rovescia sull’allenatore; intanto, il call-center è messo letteralmente sottosopra, la palestra è resa inservibile, e il suicidio di uno dei carcerati provoca l’immediata sospensione del corso. Lies si ritrova improvvisamente privo di ogni prospettiva futura: l'incontro (fortuito) con la responsabile di un casting cinematografico sembra l'unico evento in grado di sottrarlo alla sua condizione... ma il destino è sempre in agguato.

Scritto con una libertà lessicale che “complica”(3) dialoghi e descrizioni, imponendosi, però come insuperabile garanzia di realismo, straripante di immagini “pop” e pubblicità, ritmi hip-hop e fortunate trovate antirazziste, stile cinematografico e ammiccamenti vari(4), Viscerale. Un grido dalle banlieue, terzo romanzo (ma primo ad approdare nelle librerie italiane) del trentaseienne ex muratore, ex boxeur, attore e regista Rachid Djaïdani, riesce a combinare una serie di noti clichés del genere (quasi tutti di origine americana), in una narrazione nerissima, credibile, mai scontata, di grande impatto, che conquista, dopo lo sconforto linguistico iniziale(5), anche i lettori più scettici, mantenendoli incollati alla pagine fino al tragico, imprevedibile epilogo.

Il romanzo Viscerale. Un grido dalle banlieue, di Rachid Djaïdani, è proposto ai lettori italiani da Giulio Perrone editore.

(1)Rachid Djaïdani: Viscerale. Un grido dalle banlieue, traduzione di Ilaria Vitali, Giulio Perrone Editore, Roma 2009, p. 5.
(2)Superficiale e scontato, forse, ma quasi d’obbligo, citare, qui, la celeberrima linea di dialogo “L'important c'est pas la chute...C'est l'atterrissage”, tratta dal film La Haine, di Mathieu Kassovitz, che il romanzo Djaïdani richiama alla mente per atmosfere e morale…
(3)L’interpretazione non è sempre agevole, ma in fondo è giusto così: solo scegliendo una lingua sgrammaticata, orale, “anarchica”, gergale (ma in maniera quasi mai compiaciuta), attuale, mimetica, presa direttamente dalla strada, l’autore può rendere fedelmente la realtà della banlieue; e, a noi lettori dell’edizione italiana, non resta che fare i complimenti a Ilaria Vitali per la scioltezza della traduzione.
(4)A guardare "dietro il testo", si ritrova, nell'autore, una cultura cinematografica e letteraria che lui stesso sembra restio ad ammettere, per modestia o per snobismo intellettuale.
Notevole, tra le altre, la sequenza finale, che richiama alla mente -ma senza citare- il godardiano Fino all'ultimo respiro.
(5)Ma, d’altra parte, lo stesso si prova attaccando (in lingua) le prime pagine dell’antologia Rope Burns di F.X. Toole, il cui valore è ormai quasi universalmente riconosciuto…

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