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Ragazzi progressivi, progressisti… oppure no?

Creato il 30 marzo 2013 da 79deadman @79deadman

Ragazzi progressivi, progressisti… oppure no? Il Progressive, come lo insegnavano in Inghilterra, è un genere rassicurante. Parla di cose meravigliose e sgargianti: favole medievali, allegorie e leggende, mondi sognati di troll e fate. Rifugge l'attualità, la vita di strada, il quotidiano e i suoi mille problemi. Preferisce il Silmarillion a On the Road.  Dungeons & Dragons al football. E' certo un genere colto; mica solo i soliti due accordi di Johnny Be Good, ma sinfonie in più movimenti. Cita Beethoven, Musorgskij, Šostakovič, Grieg. I suoi interpreti sono raffinati solisti e non ragazzotti scapestrati che suonano nei garage di Seattle. Un album prog è un ascolto ponderoso, come un libro di Tolkien. Quando compri Yessong sai che potrà occuparti giorni interi prima di riuscire a possederlo del tutto. Non come un disco dei Ramones che dura si e no mezz'ora, che non ha nulla da spiegare e che alla fine ti lascia la voglia, l’esigenza di averne ancora, ancora un altro. Come una dose... Il Progressive è un genere rassicurante. Preferisce il controllo al caos; cura la forma, ama l'eleganza e l'araldica. E' un genere idealista, crede nella possibilità di mondi perfetti. Ama i grandi uomini; le grandi imprese e le grandi storie. Un genere – giova comunque ricordarlo - che ha dato alla storia della musica popolare capolavori assoluti: In the Court of the Crimson King, Pawn Hearts, Closet o the Edge… E' veramente Rock? E il fan del prog ascolta anche i Clash o preferisce Rachmaninov? Chi è il fan del progressive? Chi è il musicista prog? Un anarchico utopista che crede nella possibilità di una società perfetta o un conservatore che ambisce al controllo e alla giustizia ad ogni costo? Un idealista che crede nella fantasia al potere, che si batte per un mondo nuovo, o un elitario che ha mal digerito i moti del ‘68 e si rintana in un mondo di sogno per fuggire da un’attualità, anche politica, che non gli appartiene? Chi è il fan del Progressive? Non mi ritengo un grande appassionato, ma mi ci metterei dentro comunque. Almeno credo. Piersandro Pallavicini traccia l'identikit di questa bizzarra tipologia rockettara attraverso le pagine del piccolo saggio Quei bravi ragazzi del rock progressivo. Quindi orecchie aperte: le prossime righe potrebbero parlare anche di voi… Ragazzi progressivi, progressisti… oppure no?
Alla fine degli anni ‘70, un numero sorprendentemente grande di adolescenti fece una scelta a prima vista incomprensibile: dopo l’esplosione punk, in piena new wave, alle soglie dell’edonismo new romantic e di tutto il movimentismo pop anni ’8o, questi ragazzi decisero di muoversi controcorrente e concentrare le proprie passioni su quanto veniva ritenuto, in quel momento, più fuorimoda e obsoleto. Cioè il Rock Progressivo e tutto l’annesso paraphernalia di fiabe crudeli, musicisti in costumi medievali, concerti faraonici a base di eclatanti trucchi scenici, copertine fantasy pluriapribili, supergruppi, super rarità discografiche, chitarre a doppio manico, batteristi con doppia batteria, tripli album e cofanetti quadrupli. Fu una vera «controrivoluzione», innescata dalla nostalgia per qualcosa di grandioso e ormai passato che questi ragazzi, non avevano avuto il tempo di vivere... o piuttosto la scelta un po’ codarda dei soliti adolescenti “timidi e introversi” che non avevano il coraggio di uscire dal cocoon familiare e affrontare cambiamenti, movimenti e scossoni epocali? Qualunque sia il responso, è arrivato il momento di portare finalmente allo scoperto le passioni, le manie e perché no le gesta (tra il folle e il ridicolo) di questo vasto movimento sotterraneo, di questo circuito di “ragazzi qualunque”, fedelissimi ai propri idoli musicali ma cosi imbarazzati nel confessare ai propri coetanei che loro, agli Style Council piuttosto che agli Smiths, preferivano qualcosa di piu’… come dire... impegnato. Che preferivano i Genesis, magari, se non i Jethro Tull. O, nei casi più disperati, i Gentle Giant e perfino i Van Der Graaf Generator!
Formeranno, questi futuri maniaci del rock progressivo, un gruppo di ragazzi omogeneo ma assai anonimo. Autenticamente sotterraneo. Per anni non si faranno sentire e ascolteranno musica nelle loro camere, disertando quei veri e propri riti collettivi di passaggio dai ‘70 agli ’8o che sono concerti epocali come quello di Patti Smith a Correggio piuttosto che dei Police a Milano. Non si vestiranno da new wavers ma neanche, tantomeno, da fricchettoni seventies. Si attaccheranno al proprio buon rendimento scolastico, alla solidità della propria famiglia, alla certezza del proprio intramontabile abbigliamento (a base di camicie classiche e golfini) e, soprattutto, al ripetuto, ossessivo ascolto del loro ultimo, fantastico acquisto di qualche vecchia band progressiva… ...Forse perché non ne avrebbero voluto sapere del resto della loro generazione, consapevoli che vivere, come gli altri, la propria vita come un “assoluto avventuroso” avrebbe portato a un cupo orizzonte di disastri e morti premature. Oppure, più semplicemente, perché troppo abitudinari o schivi per buttarsi nella mischia, fosse quella del movimentismo di cui si è appena scritto o quella della nascente massa godereccia dei “discotecari”. Fatto sta che si infatueranno proprio del genere musicale più astratto e avulso dalla realtà che quarant’anni di storia del rock hanno saputo produrre! Appassionandosi in particolare a quegli aspetti del rock progressivo che prescindono dal background comunque giovanilistico—ribellistico, cui era imparentata, bene o male, la musica degli anni ’7o. Dunque poco interesse per il mito legato alla cultura della droga o alla vita sulla strada e tanto invece per certe polverose  abitudini cosi inglesi, tanto che il tè durante le prove del pomeriggio diventerà un vero rito, per i gruppi new progressive a venire. Passeranno anni solitari, spesso compiacendosi nel sentirsi dei Don Chisciotte della musica rock e altrettanto spesso ignorando l'esistenza delle tantissime anime, italiane ed europee, progressive come la loro. Vivranno però la loro passione con caparbietà e serietà tali da costruire quella rete di rapporti prima solo interpersonale e poi pubblica (nella forma di fanzines, club, raduni e concerti) che avrebbe portato alle nuova ondata progressiva degli anni '80 e finalmente alla rinascita del genere. Con nuove band, nuovi dischi e nuovi stili.

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