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Rage against the Machine?

Da Coriintempesta

- Prima parte -

Riguardate Alien, il capolavoro fanta-horror del 1979 di Ridley Scott. Esso è perfetto, ma proprio perfetto per la comprensione di tutto ciò che sto cercando di dire agli italiani da almeno undici anni. Nel film, degli ordinari esseri umani ospiti di un’astronave commerciale percepiscono che qualcosa di molto negativo li ha svegliati dal loro torpore e li costringe a occuparsene. Indagano, s’imbattono in cose davvero inquietanti, ma non capiscono ancora. Gli accadimenti danno poi segni addirittura drammatici, ma nonostante questo essi rimangono molto lontani dalla comprensione di ciò in cui si sono imbattuti. Il loro viaggio continua, e solo uno dell’equipaggio, e per puro caso, si ritrova a un certo punto faccia a faccia con la realtà che gli è piombata addosso. Capita a un operaio dell’astronave, che si era allontanato dal gruppo per recuperare il loro micio mascotte scappato nei meandri bui del vascello spaziale. La scena ideata da Scott è un capolavoro di espressività della recitazione, cioè porta allo spettatore tutta l’idea di come rimane un uomo quando scopre che la verità di ciò che sta accadendo è mostruosamente inimmaginabile. Guardatela, osservate come si trasmuta il volto dell’operaio quando alzando gli occhi dal micio che si era rintanato in un angolo buio, incrocia le forme orripilanti di un mostro alieno sconosciuto che si era infiltrato nell’astronave. Sa di essere un uomo morto e sa che ne verrà straziato, ma lo shock della scoperta è tale da annullare in lui qualsiasi moto d’angoscia. Fissa il mostro ipnotizzato, quasi più rapito da quella cosa inimmaginata che dal suo prossimo destino.

La medesima realizzazione non tarderà ad affacciarsi alla coscienza del resto dell’equipaggio, ma nonostante tutto esso continuerà a non comprendere appieno che razza di catastrofe li sta possedendo. Ci vorrà un’altra scena che ha fatto la storia del cinema per finalmente spalancare le coscienze ai rimanenti sopravvissuti. E anche questa parte è meravigliosamente perfetta per me, si adatta magnificamente a ciò che sto tentando di dirvi da tanto tempo. Nel film uno dei membri dell’equipaggio, l’ufficiale medico, si rivela essere un androide programmato proprio per facilitare il compito della mostruosa creatura. Verrà semi distrutto dai tre passeggeri, ma prima di spegnersi rivelerà ad essi la verità, con parole da ghiacciare il sangue. All’angosciata domanda della comandante “Come la combattiamo? Come la uccidiamo?”, l’androide risponde “Non potete… ancora non capite con cosa avete a che fare, vero? E’ perfetta… ammiro la sua purezza, vuole sopravvivere e non ha interferenze della coscienza né della morale”, e conclude “… Non vi posso mentire sulle vostre chance”.

Sostituite l’equipaggio con noi cittadini, l’alieno con il Vero Potere, cioè la  mostruosa macchina del capitale moderno e dei suoi profeti, quella che qui chiamerò The Machine. Il resto viene da sé.

I cittadini occidentali, e quelli dell’Eurozona in particolare, sono da tempo alle prese con fatti inquietanti che non riescono a comprendere; quei fatti sono divenuti anche gravi, ma lo stesso essi non comprendono; dal 2007 l’evidenza di una sordida catastrofe di proporzioni storiche si è fatta pressante, e professionisti come me stanno tentando di aprirgli gli occhi, con risultati quasi nulli. Occasionalmente ricevo comunicazione da un singolo individuo che invece ha visto, come l’operaio nel film, e dalle sue parole traspare esattamente lo stato di ipnotico shock della scoperta mostruosa così ben reso da Scott in quella scena. Ma tutti gli altri ancora faticano, anzi, non vogliono capire. Con il mio Aggiornamento N. 9 ho voluto dare l’affondo per costringere alla comprensione della mole del problema, della minaccia, anzi, della soverchiante ferocia di The Machine e di come oggi per noi non vi sia in realtà una speranza. Evidentemente non ci sono riuscito. E allora getto qui l’ultimo mio tentativo di spalancarvi la coscienza. E badate che le parole di quell’androide sono perfette. Il Vero Potere, che ci ha imprigionati e annullati come Stati, parlamenti, economie e democrazie, cioè The Machine descritta nel mio saggio e negli undici aggiornamenti, è oggi talmente possente che “… ancora non capite con cosa avete a che fare, vero? E’ perfetta, vuole sopravvivere e non ha interferenze della coscienza né della morale”. Questo essa è, alla lettera, e voi dovete vederla per un solo motivo…

Perché se non accettate di vederla, non potrete porre i primi mattoni di una lontana speranza di combatterla per coloro che verranno molti decenni dopo di noi.

Fa la differenza fra morirne da inutili ignari, o morirne da combattenti che compiono il primo passo di una lontana riscossa.

Ma che noi ne moriremo da vittime, questo è certo.

Il sughero e la speranza.

Forse ora, dopo le parole appena scritte sopra, chi era presente al mio dibattito col pubblico in provincia di Pistoia venerdì 4 febbraio comprenderà come mi sono comportato. Il tema era proprio Il Più Grande Crimine, ovvero chi è il Vero Potere sulle nostre vite.

Quelle che seguono sono con tutta probabilità le parole scritte nel suo diario dalla giovinetta che stava seduta su un mobile in fondo alla sala a sinistra. Non so per quale preciso motivo, ma quella è il tipo di ragazza che tiene un diario, secondo me. E mi guardava con allarmata attenzione.

E’ stato uno sterilizzatore di speranza, l’ha inseguita nella sala del dibattito e l’ha abbattuta senza pietà fino all’ultimo granello… Forse l’ultimo non era del tutto morto, aveva dato un paio di battiti cardiaci riverso in un angolo, laggiù in fondo. Lui li ha uditi e in meno di un attimo gli è stato addosso… lo ha finito sotto gli occhi di un centinaio di persone troppo intimidite per intervenire. Non volava una mosca. Fucilato sul posto quello del ricambio politico e morale dall’interno del potere. Spiaccicato al muro quello del reddito di cittadinanza. Freddato alla seconda parola quello del boicottaggio commerciale. Inseguito e giustiziato quello della Tobin Tax. Lasciato parlare quello delle micro cellule di resistenza solidali che incepperebbero il meccanismo dei potenti… solo per aprirgli in faccia un lanciafiamme di parole che lo hanno spolpato vivo, si arricciava sulla sedia come un capello sulla fiamma di un accendino. Non volava una mosca nella sala.

Al ritorno ho percorso tutti i cento chilometri dell’autostrada Firenze-Bologna pensando a cosa avevo fatto.

Rage against the Machine?
Cioè: tu prendi in mano un pubblico che è curioso di sapere; lo conduci a comprendere, fatto dopo fatto, nome dopo nome, data dopo data, che in realtà noi persone moderne viviamo come un pulviscolo di pulcini ignari di star chiusi nell’aia di ciclopi cannibali che però mai vedono; gli causi dapprima un motivato shock, che si allenta poi in forte ansia la quale, condotta dal recupero della ragione, disperatamente cerca ossigeno nella domanda “E adesso cosa possiamo fare?” con lo stresso spasmo dei polmoni dell’atleta che emerge da un’apnea al limite. E dopo tutto questo tu gli dici: non potete più fare nulla voi, la gente di questa generazione. Hanno vinto loro, noi siamo morti, noi. Qualcuno fra qualche secolo forse… Glielo motivi, poi glielo ri-motivi con maggior forza, poi glielo tuoni nelle orecchie, e infine la falcidia di cui sopra sui coraggiosi che proprio non volevano morire quella sera. Come forse descritto nel diario di quella esile ragazza.

Nessun divertimento, tanto meno compiacimento, solo la verità. Gli ho detto la verità. Ma loro non vogliono morire. Ci deve essere un motivo per cui è così ostico per le persone capire cosa li ha uccisi e perché è ora impossibile aver ragione del nemico. Comunque glielo spieghi, il risultato è che riemergono come sugheri nell’acqua per tornare al punto di prima. Il sughero è la materia di cui è composta la speranza, deve essere questo il motivo, inutile pigiarlo sotto, lui torna su. Ed è questo ostinato giochetto che impedisce a me di rendere chiaro agli occhi del pubblico, o dei lettori, con quale razza di arsenale quel nemico ci ha travolti. Quasi nessuno s’immagina le dimensioni of The Machine. No more rage against.

Eppure alcuni, e sono facilmente visibili oggi, credono di poter dire “adesso gliela facciamo vedere a quella cosa lì”. Sono le ‘belle anime’ e i loro famosi Guru, quelli della sinistra ecologica e libera, i pacifisti, i viola, gli equosolidali, i No qui e No là, i grilli ecc., con al seguito intellettuali assortiti, e sono tremendi, al punto che sarebbe molto meglio che non ci fossero. Dovete immaginarli come delle formiche che navigavano su gusci di noci e che hanno cozzato sul loro pezzo di mare contro una portaerei nucleare. Ora sono in acqua che si agitano con le zampette, i gusci rovesciati, microscopici puntini sulla superficie che si dicono l’un l’altra “adesso gliela facciamo vedere a quella cosa lì”… Il fatto è che tutto ciò che anno visto è stata la schiuma delle onde sollevate dallo scafo del colosso, ma lui, quell’arsenale immane navigante, non sanno neppure che è passato da quelle parti, non immaginano neppure che esista una cosa simile al mondo, perché è troppo enorme. Le loro antenne non la sanno vedere, non l’hanno mai vista. Ma le ‘belle anime’ si dicono che adesso gliele diamo noi alla portaerei con le nostre zampette e con le nostre antennine.

Prima di entrare nel ventre di The Machine una volta per tutte, ve le presento le ‘belle anime’, perché sono, credetemi, un danno reale e devastante. Esse di fatto costituiscono il principale motivo per cui neppure quello 0,1% dei cittadini ancora ‘vivi’ mai agiranno contro chi ci ha distrutti. E se non agiscono loro, allora è proprio la fine, e neppure sussisterà la speranza lontana di cui parlavo prima.

Se questi sono i ‘giusti’…

Per prima cosa, le ‘belle anime’ sono molto meno belle di come vorrebbero rappresentarsi. Lo compresi quando ero molto giovane. Ero fra ‘compagni’, quelli giusti, antifascisti, stavamo nella radio libera, giornalisti sgarruppati ma tosti. Da noi passavano altri ‘giusti’, quelli di Cuore di Michele Serra, e quelli che nel ’77 avevano fatto la Storia. Ed erano canne, canne e cannoni a non finire, hash, olio, erba a volumi cubitali sempre, come corredo fisso di tutto. Ok. E giù con sermoni contro le basi Nato, e dagli alla Nestlè, padroni bastardi, sbirri fascisti, viva i migranti e solidarietà ai compagni in carcere. Ok, passi il comunismo all’italiana, mi faceva sorridere un po’, mai stato comunista, ma va bene dai. Ma quelle canne. Un giorno a un’assemblea mi saltò in mente una cosa e gliela dissi: “E i miliardi che date alle mafie a fumarvi tutta quella roba? Non è che i cartelli dei narcos libanesi li trattano bene i contadini che coltivano l’erba, forse peggio della Dal Monte coi campesinos. Ci sta con la coerenza anti imperialista?”.

Avete presente il sedile del passeggero della Aston Martin di James Bond nei mitici anni ’60? Lo ricordate? Era quello che catapultava con una forza incredibile il malcapitato fuori dall’auto in corsa. Ecco, fui catapultato fuori da quel mondo di compagni con lo stesso impeto. Mai più accettato. Mi fu tutto chiaro subito, sta gente non tollerava il dissenso, e non solo, se gli incrinavi l’atmosfera della ‘parrocchia’, ‘chenoisiamoquelligiusti’, ti odiavano. Da allora la storia si è ripetuta mille volte, cioè mille volte mi sono trovato fra i ‘giusti’ e solo per avergli detto ciò che non volevano sentirsi dire mi hanno messo nella catapulta e via… sparato fuori con un bel seguito di odio, proprio odio, in uno slalom i cui paletti sono stati, fra gli altri, Report e redazione, Emergency, Beppe Grillo e grillo blog, centri sociali assortiti, Sabina Guzzanti, Micromega, Gherado Colombo, Travaglio, Ricca, i No Tav, e un sacco di altre ‘belle anime’. Elio Veltri, di fronte a fior di testimoni, addirittura mi ha pubblicamente insultato dicendomi che devo “farmi curare”, prima di lasciare la sala del dibattito di cui eravamo co-relatori latrando improperi. Il motivo? Gli avevo contestato che Prodi e Draghi fossero delle “stimabili persone”, avevo incrinato la figura del suo mito europeista Altiero Spinelli, e sostenevo che la mafia finanziaria è 100 volte più pericolosa di quella regionale italiana, con la solita fiumana di dati e fatti a sostegno, che sapete. Mi sembra il minimo del diritto alle proprie opinioni. Il Veltri ha concluso con un magnifico “se avessi saputo non sarei mai venuto!!”. Alla faccia del libero dibattito…

La morale: alla fine sono fatti quasi tutti della stessa pasta, i parrocchiani di qua e quelli di là, una pasta i cui ingredienti sono l’intolleranza per il libero pensiero, l’ipocrisia, l’autocelebrazione, e l’odio per chi gli rompe le uova nel paniere intellettuale. Ma qui a sinistra c’è l’insopportabile presunzione di essere quelli puliti, quelli che sanno come si salva il mondo. Ecco, questo è l’humus di partenza delle ‘belle anime’. Da queste premesse desolanti, si passa poi ad ancora peggio, cioè alla loro illusione di poter sconfiggere The Machine senza averci capito nulla, manco se lo immaginano com’è veramente fatta, proprio come le formichine sui gusci. Sabato 19 febbraio partecipavo a San Marino a una tavola rotonda sulla Globalizzazione con Giacomo Marramao, Lidia Ravera e Jacopo Fo. Parlano dei cattivi del mondo. Io glieli smonto, e al contrario gli dimostro che i loro ‘buoni o meno peggio’ sono fatti della stessa pasta degli altri e anzi, a volte sono persino peggiori. Jacopo Fo se ne esce con “… e dai! Lo so che Obama è sempre un presidente americano, ma rispetto a Bush il suo è, diciamo, un capitalismo dal volto umano”. Potevo star zitto? Obama che chiude Guantanamo e tiene aperta Bagram che è sei volte più grande e dove si tortura sei volte di più; che mantiene l’immunità di Bush ai torturatori della CIA; che nel dicembre del 2008 dice a Israelebombardate i civili palestinesi quanto vi pare, ma non il 18 di gennaio che c’è la mia inaugurazione, e in cambio vi facciamo arrivare un carico di armi illegale dalla Germania” (Gen. Jim Jones a colloquio con Netanyahu); che ha sborsato 11 mila miliardi di dollari per salvare il sedere di Wall Street e non per salvare milioni di americani sfrattati da Wall Street; che ha presieduto sul più imponente trasferimento di ricchezza dal basso verso l’altro della storia degli USA ridicolizzando gli sforzi dei Bush; che ha calato le tasse del 1% ricco d’America e ha congelato gli stipendi pubblici; che ha messo come responsabile delle politiche del lavoro un tal Jeffrey Immelt, il presidente di General Electric che ha oltre la metà dei suoi posti di lavoro delocalizzati in Asia (sic); che ha firmato l’ordine per la repressione dei dissidenti civici americani per mano dell’FBI; che ha fatto una riforma sanitaria che regala oltre 70 miliardi di dollari alle assicurazioni private con 45 milioni di americani senza copertura sanitaria; che oggi persino taglia i fondi al programma statale di aiuti finanziari agli americani che non si possono permettere il riscaldamento (il LIHEAP)… e ce ne sarebbe da arrivare a sentirsi male. Gliel’ho detto al Fo. Ha sbottato che sono un pessimista, applauso del pubblico. Poi gelo, insulti a me dal filosofo emerito, e dibattito troncato su due piedi.

Sono quelli che “adesso c’è Saviano…”, quelli della politica a cinque stelle, con i cortei, con la Tobin Tax, con l’equosolidale, con i blog, e quelli della Decrescita. Non hanno la più pallida idea delle dimensioni di The Machine, e di come essa ci ha tutti intrappolati nella spirale di impoverimento e morte democratica che ho descritto ne Il Più Grande Crimine. Dice la Ravera che dobbiamo vivere con meno, dobbiamo sostituire i consumi con i rapporti umani, e strappa l’applauso. Ma neppure ci arriva, l’autrice, a pensare ai milioni di poveracci che perderebbero il lavoro, il futuro, la casa, per permettere a lei di strappare l’applauso nel dire ste insulsaggini ignoranti di qualsiasi rudimento di macroeconomia. John Maynard Keynes è vissuto per nulla. Ste ‘belle anime’ sparano impuniti le loro fantasmagorie ma non sono nei panni del magazziniere della Lotto cassintegrato o dell’ex operaia dell’OMSA che oggi fa le pulizie in nero, o della madre single con due bambine che non trova uno stipendio che le permetta di uscire da un appartamento marcio di umidità dove le piccole vanno a letto coi pigiamini zuppi. Forse manco li hanno mai visti esseri umani così, ed è un bene per loro, perché il magazziniere, l’operaia e quella madre le gonfierebbero la faccia di sberle neppure a metà della frase “dobbiamo vivere con meno, sostituire i consumi con i rapporti umani”, poiché questa elevata saviezza si avvererà forse fra 300 anni, ma nel frattempo milioni di poveri cristi che non leggono la Ravera o che non ridono con Jacopo Fo soffriranno le pene dell’inferno se qualcuno non rianima questa economia, e per rianimarla, oggi, non si può prescindere dai consumi, che sono fatturati, che sono stipendi disperatamente necessari. Fra l’altro, le ‘belle anime’ vagheggiano di economie alternative di cui mai nessuno ha verificato l’effettiva fattibilità nel mondo moderno, e fra l’altro vagheggiano di modelli di decrescita senza aver interpellato gli africani, gli indiani, i cinesi, i kazaki, i vietnamiti, gli indonesiani, tutti coloro cioè che hanno aspettato 3000 anni per avere ciò che abbiamo noi, ma ai quali oggi, quando toccherebbe a loro entrare nel Mercato per poi avere tutte quelle cose, no!, devono rinunciare, perché “dobbiamo vivere con meno, dobbiamo sostituire i consumi con i rapporti umaniil PIL cinese è fallico!” concluse la Ravera. Ok, vallo a dire a loro. Ma vacci Ravera, e se torni intera…

Le ‘belle anime’ che “col fotovoltaico noi oggi siamo autosufficienti e persino vendiamo l’elettricità”, dice sempre il figlio del Nobel, peccato che per fare i pannelli ci voglia il petrolio e che gli sfugga che il nostro mondo necessita ogni anno di 15.000 miliardi di watt, e che il 73% di questi non va in borsette o per fare cellulari caro Jacopo, ma per l’agricoltura, luce domestica e trasporti, e che coi pannelli, scusate, gli fai una pippa a 15.000 miliardi di watt, specialmente se poi sti ‘paladini’ usano il pc ogni giorno, e se corrono a farsi la TAC quando stanno male, per generosa concessione di 3 milioni di morti in Congo (vi si estrae il Coltan per l’elettronica) e dell’industria militare (TAC, RM, endoscopie ecc.). Ipocriti.

E questi sono l’avanguardia della riscossa oggi, personaggi che viaggiano sul binario della propria auto-santificazione di ‘belle anime noiquelligiusti’ chiusi nel bozzolo del proprio ego da cui non sono in grado di vedere nulla della realtà della gente vera, dell’economia vera, e soprattutto di The Machine, ma proprio nulla. C’è da piangere, ma al peggio non c’è fine.

Il fatto è che una marea di attivisti italiani crede veramente che questi professionisti dell’odio del libero pensiero, questi parrocchiani che mettono al rogo chiunque non sia dei loro, tali e quali agli altri di destra, siano i depositari dei valori democratici e della giustizia. C’è da mettersi le mani nei capelli, è una truffa terribile ai danni di tanta buona fede di gente esasperata. Ste ‘belle anime’ sono devastanti per le pochissime speranze di fermare il Potere, perché il 99% degli attivisti gli crede e si fa infinocchiare dalle loro fandonie per salvare il mondo… “adesso gliela facciamo vedere a quella cosa lì”. Il risultato è che le esigue forze attive rimaste in questa società paralizzata si sprecano ad inseguire isterismi e utopie ignoranti senza neppure sapere chi è il nemico, e nessuno o quasi rimane nelle fila di chi invece sta capendo cosa ci accade, gli sparuti impotenti testimoni dei crimini del Vero Potere. Il risultato è che a soffrire da cani saranno milioni di altri che neppure avranno il sollievo di sentirsi ‘noiquelligiusti’. Si sentiranno da cani e basta.

Questa è la speranza, tutta qui.

Ripeto, con forza: se neppure si riesce a capire il grado della nostra disfatta di cittadini, con le esatte forme e proporzioni del nemico, come si potrà mai immaginare che almeno un giorno molto lontano qualcuno possa arrivare a una speranza? Come si potranno mai porre i semi di un riscatto con l’umile lungimiranza di chi fece la stessa cosa 250 anni fa sapendo che i frutti li avrebbero goduti esseri umani di un futuro per loro inimmaginabile? Perché è solo questa oggi la forma della speranza, e non quella di sughero, ma quella concreta per i secoli che verranno, quella che abbiamo il dovere di iniziare a costruire oggi anche se noi non la vedremo mai. Ripeto: porre oggi i germi di un lavoro progressivo lungo un paio di secoli per regalare la speranza a chi verrà. Per fare ciò occorre avere la vista chiara, e allora eccola… The Machine.

The Machine, nero su bianco.

Il prodotto interno lordo (PIL) dell’Italia, cioè tutto ciò che essa produce come ricchezza, è di 2 mila miliardi di euro circa. Quello degli USA è di 14 mila miliardi di dollari. La ricchezza speculativa in mano a non più di mille individui oggi è di 650 mila miliardi di dollari. Riassumo: due (2) e quattordici (14), contro seicentocinquanta (650). O meglio: trecentosessanta milioni di esseri umani complessivi hanno 16, mille esseri umani circa hanno 650. Ma attenzione, ciascuno di quei dollari è una bomba a orologeria chiamata prodotti derivati, cioè una scommessa finanziaria priva di ogni reale fondamento in ricchezza concreta e che infetta l’intero globo nelle vene di tutte le sue maggiori banche, fondi pensione, assicurazioni, municipalità, polizze vita, finanziarie delle aziende, fondi sovrani, risparmi privati… basta che salti per aria la prima miccia, e il botto disintegra il pianeta venti volte. Non esiste al mondo nessun politico, nessun tecnico, nessun esperto in grado di capire sto mostro né di controllarlo. Il Financial Times incaricò un team di guidato da Gillian Tet di comprendere come fossero fatti questi derivati, e dopo un anno di lavoro il team di questi super specialisti ne aveva compreso solo una parte. Il governatore della Banca Centrale Europea, Jean Claude Trichet, non ha esitato a dichiarare che “non ci capisco nulla”. Questo è l’uomo che sta al timone di tutto ciò che tu e io conosciamo come euro e quindi il nostro denaro, nulla di meno. Nel gennaio del 2007 Fabrice Tourre, da se stesso soprannominato The Fabulous Fab, uno dei cervelli creatori di questi esplosivi alieni monetari che posseggono il mondo economico, scriveva in una email: “Sempre più rischio nel sistema… Tutto l’edificio sta per collassare… L’unico potenziale sopravvissuto, il Fabulous Fab… che sta ritto al centro di questi intricati, rischiosissimi, stupefacenti derivati da lui stesso creati senza neppure capire tutte le implicazioni di queste mostruosità…”. Se ne stava ritto al centro mentre creava, in un anonimo ufficio di cui tu non hai mai saputo nulla, la cosa che alla prima parziale deflagrazione ha causato la più grave crisi finanziaria ed economica dal 1929 a oggi, costata lacrime e sangue (e anche la vita) a miliardi di esseri umani – e in mezzo ci sono concretamente i nostri operai, precari, neolaureati, disoccupati, le loro famiglie e il destino dei loro figli; è la stessa cosa che ha fatto sparire dalla nostra Italia in soli due anni una cifra pari a 23 finanziarie dello Stato messe assieme, e poi si parla di ‘ripresa’…; ed è un disastro da cui nessuno oggi sa se mai ne usciremo veramente. Se ne stava ritto negli uffici di Goldman Sachs, la banca d’investimento che ha fra le sue proprietà il governo degli Stati Uniti con la sua cassaforte, nelle persone di Bob Rubin e Gene Sperling, e degli amici Ben Bernanke, Timothy Geithner e Larry Summers. A poche centinaia di metri dal Fabulous Fab, in un altro anonimo ufficio londinese, e anche di questo tu non hai mai saputo nulla, Joseph Cassano della AIG americana cucinava le polizze assicurative truffa che hanno causato il collasso dell’intero sistema creditizio bancario del pianeta. Lui, praticamente da solo. Sei titolare di una carrozzeria di Foggia e la banca ti ha appena negato quel finanziamento che ti serviva per sopravvivere? E’ stato Joseph, lo sapevi? Sapevi che le vite e il futuro di sopravvivenza di miliardi di aziende e di famiglie del nostro mondo dipende realmente ogni santo giorno dalle azioni di questi pazzi fuori controllo? Lo sapevi che non esiste un politico su questa terra che li possa controllare? E sai perché? Perché non sanno che esistono, non sanno cosa fanno e come lo fanno, e soprattutto perché quando The Machine si rompe trascinando nel baratro un centinaio di Stati sovrani, governi e relativi popoli, i politici sono costretti a rivolgersi agli stessi manovratori criminali come Tourre o Cassano o Goldman Sachs per aggiustarla, essendo questi gli unici che sanno come funziona il suo infernale motore.

Ok, “adesso gliela facciamo vedere a quella cosa lì”, vero?

Ogni mattina tu ti alzi e pensi a come arrivare alla fine del mese col mutuo, con la rata della cucina o dell’auto, perché poi c’è tutto il resto. Assieme a te si svegliano anche tutti questi: AfW – Bundesverband Finanzdienstleistung e.V., Association Française de la Gestion financière AFG, Association Française des Marchés Financiers AMAFI, Association Française des Trésoriers d’Entreprise AFTE, Association Luxembourgeoise des Fonds d’Investissement ALFI, Association des Banques et Banquiers, Luxembourg ABBL, Association of British Insurers ABI, Association of Chartered Certified Accountants ACCA, Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici ANIA, Assuralia, beroepsvereniging van verzekeringsondernemingen Assuralia, British Bankers’ Association BBA, Bundesarbeitsgemeinschaft Deutscher Kommunalversicherer BADK, Bundesverband deutscher Banken e.V. Bankenverband, Bundesverband Öffentlicher Banken Deutschlands VÖB, Bureau International des Producteurs d’Assurances et de Réassurances BIPAR, CHAMBRES REGIONALES DU SURENDETTEMENT SOCIAL CRESUS, Conféderation Internationale des Banques Populaires CIBP, EUROPEAN SERVICES FORUM ESF, European Association of Co-operative Banks EACB, European Association of Public Banks and Funding agencies AISBL EAPB, European Associations of Corporate Treasurers EACT, European Banking Federation EBF, European Banking Industry Committee EBIC, European Contact Group ECG, European Savings Banks Group ESBG, European insurance and reinsurance federation CEA, Febelfin NULL, Finanssialan Keskusliitto – Finansbranschens Centralförbund ry FK – FC, Futures and Options Association FOA, Fédération Française des Sociétés d’Assurance FFSA, Fédération bancaire française FBF, Fédération des Experts comptables Européens FEE, Fédération nationale du Crédit agricole FNCA, Gesamtverband der Deutschen Versicherungswirtschaft e.V. GDV, Institute of Chartered Accountants in England and Wales ICAEW, International Association for Financial Participation I.A.F.P., International Capital Market Association ICMA, International Swaps and Derivatives Association ISDA, London Investment Banking Association LIBA, Swedish Bankers´ Association SBA, The Confederation of the Nordic Bank, Finance and Insurance Unions NFU, VOTUM Verband Unabhängiger Finanzdienstleistungs-Unternehmen in Europa e. V., Verband der Auslandsbanken in Deutschland e.V. / Association of Foreign Banks in Germany VAB, Verband der privaten Krankenversicherung e.V. PKV, Wirtschaftskammer Wien/Fachgruppe Finanzdienstleister FG FDL/WKW.

Ok, allora: tu vorresti un sistema finanziario – cioè quei soldi che prendi in prestito per la tua azienda o negozio o per vivere – che fosse alla tua portata, vorresti poter dire a quelli che contano in queste cose “Ehi! Ascoltatemi, datemi ossigeno, per carità!”. Ma non puoi, neppure riusciresti ad avvicinarti alle loro stanze. Invece, quei signori listati qui sopra possono, si chiamano le Lobby finanziarie d’Europa, e non solo possono, ma dettano anche legge, e non solo dettano legge, ma oliano anche quelli che contano, eccome se li oliano. Stanno alla Commissione Europea, al Parlamento Europeo, al Consiglio d’Europa, alla Banca Centrale Europea, alla tua Banca Centrale, al tuo ministero del Tesoro, ogni santo giorno, 24 ore su 24, sette giorni su sette. E sai cosa fanno? Il loro porco interesse. E sai cosa gliene frega di te? Hai già capito. Ma tu li conoscevi? Sapevi che sono loro a creare le decisioni in finanza e non il tuo politico, o amministratore o Presidente del Consiglio?

Ogni mattina tu ti alzi e pensi a sto mondo degenerato, ti scappano due improperi e tiri dritto. Se sei un impegnato pensi anche a cosa fare per migliorarlo, cioè appartieni allo 0,1% che non tira dritto imprecando. Bene, tu ti dai da fare, ma assieme a te si danno da fare anche questi: Acton Institute for the Study of Religion and Liberty (Grand Rapids, MI – USA)  Adam Smith Institute (London UNITED KINGDOM), Adam Smith Society (Milano – ITALY) Adriatic Institute for Public Policy (Rijeka – CROATIA) Africa Fighting Malaria (Congella – SOUTH AFRICA) African Center for Advocacy and Human Development (ACAHD) (Lagos , Lagos – NIGERIA) Agencia Interamericana de Prensa Economica (Boca Raton, FL – USA) Al-Quds (Amman) Alabama Policy Institute (Birmingham, AL – USA) Albanian Center for Economic Research (Tirana – ALBANIA) Allegheny Institute for Public Policy (Pittsburgh, PA – USA) Alternate Solutions Institute (Lahore, Pu – PAKISTAN) América Libre Institute (La Libertad – EL SALVADOR) America’s Future Foundation (Washington, DC – USA) American Council of Trustees and Alumni (Washington, DC – USA) American Enterprise Institute (Washington, DC – USA) American Institute for Full Employment (Klamath Falls, OR – USA) Americans for Tax Reform Foundation (Washington, DC – USA) ANDES LIBRES Asociacion Civil (Cusco – PERU) APOYO Institute (San Antonio, Lima – PERU) Asociacion Civil Consorcio Desarrollo y Justicia (Caracas – VENEZUELA) Asociacion Civil de Empresarios, Consumidores y Artistas Responsables Argentinos(Buenos Aires – ARGENTINA) Asociacion Cristiana de Dirigentes de Empresa (Montevideo – URUGUAY) Asociacion Nacional de Consumidores Libres (San Jose – COSTA RICA) Asociacion Nacional de Fomento Economico (San Jose – COSTA RICA) Association for Liberal Thinking (Ankara – TURKEY) Association pour la Liberte Economique et le Progres Social (Paris – FRANCE) Atlantic Institute for Market Studies (Halifax, NS – CANADA) Atlas Economic Research Foundation (Arlington, VA – USA) Beacon Hill Institute for Public Policy Research (Boston, MA – USA) Becket Fund for Religious Liberty (Washington, DC – USA) Beijing Siyuan Research Center (Beijing – CHINA) Bishkek Business Club (Bishkek, – KYRGYZSTAN) Bluegrass Institute for Public Policy Solutions (Bowling Green, KY – USA) Buckeye Institute (Columbus, OH – USA) Business Ethics Center of Jerusalem (Jerusalem – ISRAEL) Calvert Institute for Policy Research Inc. (Baltimore, MD – USA) Cámara Argentina de Comercio (Buenos Aires – ARGENTINA) Canadian Constitution Foundation (Calgary, AB – CANADA) Canadian Tax Foundation (Toronto, Ontario – CANADA) Canadian Taxpayers Federation (Vancouver, BC – CANADA) Capital ResearchCenter (Washington, DC – USA) Cascade Policy Institute (Portland, OR – USA) Cathay Institution for Public Affairs (Beijing – CHINA) Cato Institute (Washington, DC – USA) Center for Entrepreneurship and Economic Development (Podgorica, Crna Gora – MONTENEGRO) Center for Free Enterprise (Seoul – KOREA) Center for Institutional Analysis and Development (Bucuresti – ROMANIA) Center for International Private Enterprise (Washington, DC – USA) Center for Liberal-Democratic Studies (Serbia – SERBIA) Center for Media Freedom and Responsibility (Makati City – PHILIPPINES) Center for Political Studies (kobenhavn K – DENMARK) Center for Research and Communication Foundation, Inc. (Pasig, Metro Manila – PHILIPPINES) Center for Social Practices (Sofia – BULGARIA) Center for the Defense of Free Enterprise (Bellevue, WA – USA) Center for the Study of Islam & Democracy (Washington, DC – USA) Center of Methodology of Social Science (Rome – ITALY) Centre for Civil Society (New Delhi – INDIA) Centre for Cultural Renewal (Ottawa – CANADA)

Centre for Development and Enterprise (Johannesburg – SOUTH AFRICA) Centre for Independent Studies (St Leonards – AUSTRALIA) Centre for Liberal Strategies (Sofia – BULGARIA) Centre for Public Policy Research (Cochin, Kerala – INDIA) Centre for Research into Post-Communist Economies (London – UNITED KINGDOM) Centre for the New Europe (Brussels – BELGIUM) Centro de Divulgacion del Conocimiento Economico (CEDICE) (Caracas – VENEZUELA) Centro de Estudios de la Realidad Economica y Social (Montevideo – URUGUAY) Centro de Estudios Economico-Sociales (Guatemala City – GUATEMALA) Centro de Estudios Macroeconomicos de Argentina (Capital Federal – ARGENTINA) Centro de Estudios Públicos (Santiago – CHILE) Centro de Investigación para el Desarrollo A.C. (Mexico – MEXICO) Centro de Investigacion y Estudios Legales (CITEL) (Lima – PERU) Centro de Investigaciones Economicas Nacionales (Guatemala City – GUATEMALA) Centro de Pol (Caracas, Es – VENEZUELA) Centro para la Apertura y el Desarrollo de America Latina (CADAL) (Buenos Aires – ARGENTINA) Centrum Pro Ekonomiku A Politiku (Prague – CZECH REPUBLIC) China Center for Economic Research (Beijing – CHINA) Circulo De Empresarios (Madrid – SPAIN) Citizens’ Council on Health Care (St. Paul, MN – USA) Civic Institute (Prague – CZECH REPUBLIC) Civitas (Bolivia) (Cochambamba – BOLIVIA) Civitas: Institute for the Study of Civil Society (Westminster – UNITED KINGDOM) Clare Boothe Luce Policy Institute (Herndon, VA – USA) Claremont Institute (Claremont, CA – USA) Committee for a Constructive Tomorrow (Washington, DC – USA) Committee for Monetary Research & Education (Charlotte, NC – USA) Commonwealth Foundation (Harrisburg, PA – USA) Competitive Enterprise Institute (Washington, DC – USA) Conservative Institute of M.R. Stefanik (Bratislava – SLOVAKIA) Consumers for Health Care Choices (Hagerstown, MD – USA) Copenhagen Institute (K – DENMARK) David Hume Institute (Edinburgh – UNITED KINGDOM) Discovery Institute (Seattle, WA – USA) DonorsTrust (Alexandria, VA – USA) E.G. West Centre (England – UNITED KINGDOM) Economic and Social Policy Institute (Belgrade – SERBIA) Education Advancement Fund International (Honolulu, HI – USA) Education Forum (Wellington – NEW ZEALAND) EKOME (Mesogeia Attikis – GREECE) Elinkeinoelämän Valtuuskunta (Helsinki – FINLAND)

Escuela Superior de Economia y Administracion de Empresas (ESEADE) (Buenos Aires – ARGENTINA) Ethan Allen Institute (Concord, VT – USA) Ethics and Public Policy Center (Washington, DC – USA) Eudoxa AB (Stockholm – SWEDEN) Eurolibnetwork (Paris – FRANCE) Evergreen Freedom Foundation (Olympia, WA – USA) F.A. Hayek Foundation (Slovakia) (Bratislava – SLOVAKIA) F.A. von Hayek Institut Osterreich, IIAE (Wien – AUSTRIA) Faith & Reason Institute (Washington, DC – USA) Federalist Society for Law and Public Policy Studies (Washington, DC – USA) Flint Hills Center for Public Policy (formerly Kansas Public Policy Institute) (Witchita, KS – USA) Fomento del Trabajo Nacional (Barcelona – SPAIN) Foro de Estudios Sobre la Administracion de Justicia (Buenos Aires – ARGENTINA) Forum-Centre for Strategic Research and Documentation (Skopje – MACEDONIA) Foundation for Democracy in Africa (Arlington, VA – USA) Foundation for Economic Education (Irvington-on-Hudson, NY – USA) Foundation for Individual Rights in Education (F.I.R.E.) (Philadelphia, PA – USA) Foundation for Research on Economics and the Environment (Bozeman, MT – USA) Foundation for Teaching Economics (Davis, CA – USA) Fraser Institute (Vancouver, BC – CANADA) Free Congress Foundation (Washington, DC – USA) Free Market Center, Serbia (Belgrade – SERBIA) Free Market Foundation of Southern Africa (Sandton – SOUTH AFRICA) Free Society Institute (Slovenska Bistrica – SLOVENIA) Freedom Institute (Dublin – IRELAND) Freedom Institute- Jakarta (Jakarta – INDONESIA) Freedom Works (Washington, DC – USA) Frontier Centre for Public Policy (Winnipeg, Manitoba – CANADA) Fully Informed Jury Association (Helena, MT – USA) Fund for American Studies (Washington, DC – USA) Fundación Alberdi (Mendoza – ARGENTINA) Fundación Atlas1853 (Buenos Aires – ARGENTINA) Fundacion Bases (Rosario – ARGENTINA) Fundación Capital (Buenos Aires – ARGENTINA) Fundación Carlos Pellegrini (Buenos Aires – ARGENTINA) Fundación del Tucuman (S.M. de Tucum – ARGENTINA) Fundacion Friedrich A. von Hayek (Buenos Aires – ARGENTINA) Fundacion FUNDAR Justicia y seguridad (Buenos Aires – ARGENTINA) Fundacion Global (Mar de Plata, Buenos Aires – ARGENTINA) Fundación Institucionalidad y Justicia (FINJUS) (Santo Domingo – DOMINICAN REPUBLIC) Fundacion Libertad (Rosario, Santa Fe – ARGENTINA) Fundacion Libertad (Uruguay) (Montevideo – URUGUAY) Fundacion Libertad de Panama (Panama – PANAMA) Fundación Libertad y Democracia (FULIDE) (Santa Cruz – BOLIVIA) Fundacion para el Analisis y los Estudios Sociales (Madrid – SPAIN) Fundacion para el Desarollo de Guatemala (FUNDESA) (Sur Guatemala, Gu – GUATEMALA) Fundación para el Desarrollo Integral de la Sociedad (Santo Domingo, DN – DOMINICAN REPUBLIC) Fundación Paz Ciudadana (Santiago – CHILE) Fundacion Pensar (Buenos Aires – ARGENTINA) Fundación Salvadoreña para el Desarrollo Económico y Social (FUSADES) (Antiguo Cuscatl – EL SALVADOR) Fuping Development Institute (Beijing – CHINA) Future of Freedom Foundation (Fairfax, VA – USA) Galen Institute (Alexandria, VA – USA) Georgia Public Policy Foundation (Atlanta, GA – USA) Globalisation Institute (Brussels, Schuman – BELGIUM) Goldwater Institute (Phoenix, AZ – USA) Grassroot Institute of Hawaii Inc. (Honolulu, HI – USA) Great Plains Public Policy Institute (Sioux Falls, SD – USA) Heartland Institute (Chicago, IL – USA) Hellenic Leadership Institute (Athens – GREECE) Heritage Foundation (Washington, DC – USA) Hispanic American Center for Economic Research (Washington, DC – USA) Hong Kong Centre for Economic Research (Hong Kong – CHINA) Howard Center (Rockford, Il – USA) Human Rights Foundation (New York City, NY – USA) iFRAP (Paris – FRANCE) Illinois Policy Institute (Springfield, IL – USA) Imani Center for Policy and Education (Achimota-Accra – GHANA) Independence Institute (Golden, CO – USA) Independent Institute (Oakland, CA – USA) Independent Institute of Socio-Economic and Political Studies (Minsk – BELARUS) Independent Women’s Forum (Washington, DC – USA) Initiative for Public Policy Analysis (IPPA) (Lagos – NIGERIA) Innovations for Poverty Action (New Haven, CT – USA) Institucion Futuro (Gorr, Navarra – SPAIN) Institut Économique de Montréal (Montreal Economic Institute) (Montreal, Qu – CANADA) Institut Constant de Rebecque (1006 Lausanne – SWITZERLAND) Institut de Formation Politique (Paris – FRANCE) Institut Turgot (Louvain-la-neuve – FRANCE) Institut Za Civilizacijo In Kulturo (Ljubljana – SLOVENIA) Institute for Development and Social Initiatives ‘Viitorul’ (Chisinau – MOLDOVA) Institute for Economic Studies Europe (Paris – FRANCE) Institute for Energy Research (Houston, TX – USA) Institute for Enterprise Culture & Entrepreneurship (Thiruvananthapuram, Kerala – INDIA)Institute for Health Freedom (Washington, DC – USA) Institute for Humane Studies (Arlington, VA – USA) Institute for Justice (Arlington, VA – USA) Institute for Liberty and Policy Analysis (INLAPP) (El Roble, Alajuela, Alajuela – COSTA RICA) Institute for Market Economics (Sofia – BULGARIA) Institute for Policy Innovation (Lewisville, TX – USA) Institute for Political Studies- Portuguese Catholic University (Lisbon – PORTUGAL) Institute for Solidarity in Asia (Makati City – PHILIPPINES) Institute for Strategic Studies and Prognoses (Podgorica – MONTENEGRO) Institute for the Study of Russian Economy (Moscow – RUSSIA) Institute for Trade Standards and Sustainable Development (Princeton, NJ – USA) Institute for Transitional Democracy and International Security (Budapest – HUNGARY) Institute of Economic Affairs – Ghana (Christianborg, Accra – GHANA) Institute of Economic Affairs (IEA) (London – UNITED KINGDOM) Institute of Public Affairs (Melbourne – AUSTRALIA) Institute of Public Finance (Zagreb – CROATIA) Instituto Cultural Ludwig Von Mises (Col. Juriquilla – MEXICO) Instituto de Ciencia Politica (Bogota – COLOMBIA) Instituto de Estudos Empresariais (Porto Alegre, RS – BRAZIL) Instituto de Libre Empresa (Peru) (Santiago de Surco, Lima – PERU) Instituto de Politicas Publicas (Santiago – CHILE) Instituto Ecuatoriano de Economia Politica (Guayaquil – ECUADOR) Instituto Juan de Mariana (Madrid – SPAIN) Instituto Liberal – Rio de Janeiro (Rio de Janeiro – BRAZIL) Instituto Liberdade (Porto Alegre, RS – BRAZIL) Instituto Libertad (Cartago – COSTA RICA) Instituto Libertad y Democracia (Lima – PERU) Instituto Libertad y Progreso (Bogotá – COLOMBIA) Instituto Libre Empresa y Desarrollo, A.C. (Hermosillo, So) Instituto para la Libertad (Quito, Distrito Metropolitano – ECUADOR) Instytut Globalizacji (Gliwice – POLAND) Instytut Liberalno-Konserwatywny (Lublin – POLAND) Inter Region Economic Network – Kenya (IREN) (Nairobi – KENYA) International Centre for Economic Research (Torino – ITALY) International Development Enterprises (India) (New Delhi – INDIA) International Policy Network (London – UNITED KINGDOM) International Society for Individual Liberty (Benicia, CA – USA) Islamic Free Market Institute Foundation (Washington, DC – USA) Israel Center for Social and Economic Progress (Mevasseret Zion – ISRAEL) Istituto Acton (Roma – ITALY) Istituto Bruno Leoni (Torino – ITALY) James Madison Institute (Tallahassee, FL – USA) Jerusalem Institute for Market Studies (Jerusalem – ISRAEL) John Locke Foundation (Raleigh, NC – USA) Josiah Bartlett Center for Public Policy (Concord, NH – USA) Kenya Institute of Public Policy Research and Analysis (Nairobi – KENYA) Kosovar Institute for Policy Research and Development (Belgrade – SERBIA) Landmark Legal Foundation (Kansas City, MO – USA) Language of Liberty Institute (Prescott Valley, AZ – USA) Leadership Institute (Arlington, VA – USA) Liberal Bangla (Cirencester, Gl – UNITED KINGDOM) Liberal Group- Kerala (Kottayam, Ke – INDIA) Liberal Network Europe (Borovets – BULGARIA) Liberales Institut (Zurich – SWITZERLAND) Liberalni Institut (Prague – CZECH REPUBLIC) Libertad y Desarrollo (Santiago, Region Metropolitana – CHILE) Libertas (Copenhagen – DENMARK) Liberté Chérie (Nanterre – FRANCE) Liberty Center (Ulaanbaatar, Sukhbaatar District – MONGOLIA) Liberty Fund (Indianapolis, IN – USA) Liberty Ideas (Vienna – AUSTRIA) Liberty Institute (India) (New Dehli – INDIA) Lion Rock Institute (Hong Kong – CHINA) Lithuanian Free Market Institute (Vilnius – LITHUANIA) Locke Institute (Fairfax, VA – USA) Ludwig von Mises Institute Europe (Brussels – BELGIUM) Ludwig von Mises Institute- Romania (Bucharest – ROMANIA) Mackinac Center for Public Policy (Midland, MI – USA) Maine Heritage Policy Center (Portland, ME – USA) Maine Public Policy Institute (Bangor, ME – USA) Manhattan Institute for Policy Research (New York, NY – USA) Manning Centre for Building Democracy (Calgary, AB – CANADA) Maryland Public Policy Institute (Germantown, MD – USA) Maxim Institute (Auckland – NEW ZEALAND) Media Research Center (Alexandria, VA – USA) Medicine & Liberty (Vevey – SWITZERLAND) Mercatus Center (Arlington, VA – USA) Milton & Rose D. Friedman Foundation (Indianapolis, IN – USA) Minaret of Freedom Institute (Bethesda, MD – USA) Minimal Government (1286 Sen. Gil Puyat Ave., Makati City – PHILIPPINES) Mont Pelerin Society (Alexandria, VA – USA) Montenegro Business Alliance (Podgorica, Sahat Kula – MONTENEGRO) Nassau Institute (Nassau – BAHAMAS) National Center for Policy Analysis (Dallas, TX – USA) National Foundation for Family Research Education (Calgary, AB – CANADA) Network for North Korean Democracy and Human Rights (Seoul – KOREA) Nevada Policy Research Institute (Las Vegas, NV – USA) New Economic School-Georgia (Tbilisi – GEORGIA) New Zealand Business Roundtable (Wellington – NEW ZEALAND) Oklahoma Council of Public Affairs Inc. (Oklahoma City, OK – USA) Open Republic Institute (Dublin 4 – IRELAND) Pacific Research Instiute for Public Policy (San Francisco, CA – USA) PalThink for Strategic Studies (Gaza, Palestine) Paraguayan Center for Promotion of Economic Freedom and Social Justice (Asunci – PARAGUAY) Philadelphia Society (Jerome, MI – USA) Philanthropy Roundtable (Washington, DC – USA) Pioneer Institute for Public Policy Research (Boston, MA – USA) Platte Institute for Economic Research (Omaha, NE – USA) Polish Ludwig von Mises Institute (Warszawa – POLAND) Polish-American Foundation for Economic Research and Education ‘pro publico bono’(Warsaw – POLAND) POPULI (Politicas Publicas para la Libertad) (La Paz – BOLIVIA) Prague Security Studies Institute (Prague – CZECH REPUBLIC) Private Sector Organization of Jamaica (Kingston – JAMAICA) Project Empowerment (London – UNITED KINGDOM) Projekt Lodz Foundation (Lodz – POLAND) Property and Environment Research Center (Bozeman, MT – USA) Prosperity Foundation (Kathmandu – NEPAL) Public Interest Institute (Mt. Pleasant, IA – USA) Reason Foundation (Los Angeles, CA – USA) Red Libertad (Mara del Plata, Buenos Aires – ARGENTINA) Rio Grande Foundation (Albuquerque, NM – USA) Romania Think Tank (Bucharest – ROMANIA) Romanian Institute for Recent History (Bucharest – ROMANIA) RSE-Centre for Social and Economic Research (Reykjavik – ICELAND) Sagamore Institute for Policy Research (Indianapolis, IN – USA) Science & Environmental Policy Project (Arlington, VA – USA) Scientific Research Mises Center (Minsk – BELARUS) Shalem Center (Jerusalem – ISRAEL) Shamie Center for Better Government (Boston, MA – USA) Show-Me Institute for Public Policy (St. Louis, MO – USA) Social Affairs Unit (London – UNITED KINGDOM) Society for Quality Education (Toronto, ON – CANADA) SOS Education Association (Paris – FRANCE) South Carolina Policy Council (Columbia, SC – USA) Southeastern Legal Foundation (Atlanta, GA – USA) State Policy Network (Richmond, CA – USA) Stockholm Network (London – UNITED KINGDOM) Sutherland Institute (Salt Lake City, UT – USA) Taiwan Institute of Economic Research (Taipei – TAIWAN-ROC) Tennessee Center for Policy Research (Nashville, TN – USA) Texas Public Policy Foundation (Austin, TX – USA) The Boss (Kathmandu – NEPAL) The Bruges Group (London – UNITED KINGDOM) The Free State Foundation (Potomac, MD – USA) The Ohrid Institute for Economic Strategies and International Affairs (Skpoje – MACEDONIA) Thomas Jefferson Institute for Public Policy (Springfield, VA – USA) TIMBRO (Stockholm – SWEDEN) Toward Tradition (Mercer Island, WA – USA) Unirule Institute of Economics (Beijing, Haidian District, – CHINA) Venezie Institute (South Kensington, Lo – UNITED KINGDOM) Verdad Colombia (Bogota, Cu – COLOMBIA) Virginia Institute for Public Policy (Gainesville, VA – USA) Washington Policy Center (Seattle, WA – USA) Wisconsin Policy Research Institute (Thiensville, WI – USA)

Wynnewood Institute (Wynnewood, PA – USA) Yankee Institute for Public Policy Studies (Hartford, CT – USA) Young Britons Foundation (London – UNITED KINGDOM) Zambia Institute for Public Policy Analysis (Kitwe – ZAMBIA).

Dunque tu ti dai da fare per migliorare il mondo. Loro invece pensano a come peggiorarlo. Solo che loro hanno budget di milioni di dollari o di euro, e sfornano praticamente tutti i cervelli economici delle università, dei ministeri delle Finanze, delle Confindustrie, i grandi tecnocrati mondiali. Li conoscevi? Loro non fanno manifestazioni, non portano sciarpe colorate, e non vanno ai circhi con Saviano o Grillo. Lavorano 24 ore su 7 giorni su 7, come quegli altri più sopra, macinano potere da forsennati. Sono le fondazioni di destra economica, i grandi burattinai. Disciplinati, implacabili, e soprattutto immensamente competenti e sempre connessi a tutte le prese giuste, accesso diretto con tappeto rosso a ogni singolo uomo o donna in posizione di potere nazionale, anzi, la realtà è addirittura grottescamente all’opposto: sono i politici che hanno accesso diretto a loro, perché da loro prendono ordini e guai a chi sgarra. Leggi questo: “… Il Paese è divenuto talmente aperto a tutte le correnti, che non può permettersi più alcuna politica indipendente, nessuna deviazione dal trend imposto dai mercati internazionali… il fato del governo Berlusconi (1994, nda) è la prova più lampante di questa affermazione: la maggioranza che sorregge un governo che si mette anche brevemente in contrasto con i mercati internazionali si decompone e il governo cade“. (Marcello De Cecco, La Sapienza, Roma)

Ok, “adesso gliela facciamo vedere a quella cosa lì”, vero?

- Seconda parte -

Bella la storia della rivolta egiziana, eh? La democrazia che nasce in un Paese. Un popolo che riprende in mano il suo destino. Ci può essere qualcosa di negativo in questo? Possiamo non sorridere compiaciuti per una volta?… Sì che possiamo, e anzi, dovremmo preoccuparci, pulitevi quel sorriso dalla faccia. Perché il mondo non è quello che vediamo, il mondo è quello che il Vero Potere non ci fa mai vedere. Infatti mentre il Cairo sperava, e proprio a causa di quella speranza, milioni di altri poveracci prendevano una sberla colossale, in termini di sussistenza, lavoro, reddito. Un egiziano lotta per vivere meglio, e un pakistano ‘a causa sua’ perde il lavoro e va alla disperazione. Questo è il mondo vero, care ‘belle anime’, il mondo dove in una decina di stanze occidentali un centinaio di uomini guarda alla Tv la rivolta a Tahrir Square e le esitazioni di Hosni Mubarak, come voi, solo che questi uomini poi alzano la cornetta del telefono a danno ordini secchi, e così decime di miliardi di dollari spariscono in poche ore dai mercati cosiddetti emergenti, quelli che hanno bisogno di quel denaro come i tuoi polmoni del prossimo respiro. In un Paese come il Bangladesh si tratta di decine di finanziarie che volano via, assieme al lavoro di qualche decina di migliaia di persone, che hanno famiglia come te, che ieri hanno messo a letto la bimba come hai fatto tu, ma che domani che faranno? Ciò accade perché, come ho mille volte scritto, il mondo vero è governato dal Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori, e la loro sentenza passata in giudicato il 4 febbraio è stata questa: “C’è un paradosso nei mercati… il successo delle proteste al Cairo potrebbe rendere il resto della regione caotico, se ispira i popoli di altri regimi… ci sono segni di stress nel sistema, perché la protesta egiziana sta incoraggiando i manifestanti in Yemen, Algeria, Bahrain e Iran”… l’atmosfera sarà anche elettrizzata in Egitto, ma l’umore è decisamente più grigio nella stanze di business in Europa e America” (Financial Times).

Che significa? Significa che gli investitori, coloro cioè che decidono se il tuo Paese avrà i fondi per vivere o no, hanno pensato che era meglio levare di corsa il loro denaro dalle nazioni emergenti, soprattutto quelle con regimi autoritari, perché a rischio di contagio della rivolta araba, e quindi a rischio di instabilità per chi fa business. Hanno preso il colossale malloppo e lo hanno piazzato nei porti sicuri come i titoli di Stato USA, lo Yen giapponese o le materie prime. Questa è miseria che piomba di colpo nella casa di milioni di Bashir o Nawaz, di Ngoro o di Muanna, coi loro figli, i loro debiti, le loro malattie, le loro speranze. Vuoi ancora sorridere? E c’è di peggio. Perché gli stessi investitori, come detto sopra, getteranno i denari sottratti al Bangladesh o all’Indonesia in porti sicuri come le materie prime, cioè grano o mais, e i prezzi di quelle preziose materie schizzerà alle stelle per la solita questione della domanda e offerta. E poco importa se qui da noi la Barilla si gratterà il capo per non aumentare i bucatini di 5 centesimi, il dramma è che in ¾ del mondo quelle variazioni significano letteralmente la fame per orde di esseri umani che contano sulla farina o sul mais per arrivare al giorno dopo. Ecco cosa possono fare i commodities traders, sapevi che esistevano? I nomi? Che so… Bunge, Archer Daniels Midland, ADM, Gavilon, li conoscevi? Spegni la Tv o Facebook, con le belle news dal Cairo. Al massimo un sorrisetto per i fratelli egiziani, poi mettiti a pensare col magone, perché il mondo vero è un’altra cosa.

Ok, “adesso gliela facciamo vedere a quella gente lì”, vero?

In tema di occupazione Michele Santoro cosa fa? Sempre la stessa cosa, prende i soliti lavoratori alla disperazione e li mette davanti a una telecamera dove all’altro capo c’è un politico italiano, spesso oggi Tremonti, che deve spiegare le cause delle loro miserie. Cioè, la grande informazione, anche quella fintamente di sinistra, non fa altro che dirci che i problemi di chi soffre nello stipendio stanno a Roma, magari proprio nel politico ‘odioso designato’ del momento. Mai e poi mai diranno la verità, spesso per malafede, ma di fatto non gliela dicono a quei lavoratori.

Gli hanno per caso mai detto che in molti casi è lo Sweating the Assets da parte degli Equity Funds che ha fottuto il posto di lavoro degli operai di quell’azienda di Sassari, o di Como, o Bologna? Gli dicono mai che sono le politiche macroeconomiche del Fondo Monetario Internazionale ad aver prosciugato la Aggregate Demand nel mondo, che ha ridotto drasticamente anche la richiesta di merci italiane da parte di decine di Paesi emergenti del mondo?

Sweating the Assets: gli speculatori degli Equity Funds individuano un’azienda italiana appetibile, cioè che genera buoni profitti a fronte di un indebitamento limitato. La comprano con un take over azionario, e poi emettono titoli nel nome di quell’azienda che promettono interessi alti a chi li compra. Con i soldi dei compratori pagano i loro debiti per l’acquisto dell’azienda, poi la spremono come un limone vendendo tutto ciò che possiede e che abbia un valore (s’intascano i profitti), tagliano i salari, licenziano una quota di lavoratori con la scusa della crisi economica, e alla fine lasciano uno scheletro di azienda in rovina che fa bancarotta o viene venduta dai filibustieri dell’Equity Fund per pochi soldi (che di nuovo incassano). Gli acquirenti dei titoli rimangono fregati, e i dipendenti versano lacrime e sangue. Altro che Tremonti. L’economista Jan Toporowsky sostiene che questa sia una delle principali cause di fallimento aziendale del mondo. Di nuovo: tu e il tuo destino di padre o madre di famiglia, anche qui, da noi.

Cos’è la crisi dell’Aggregate Demand? Dovete capire che noi Paesi ricchi non siamo sempre autosufficienti, cioè non bastiamo a noi stessi per produrre e venderci tutto ciò che ci serve, cioè per mantenere al lavoro il maggior numero di persone possibile. Da almeno 20 anni una fetta sempre maggiore del nostro reddito dipende da quanto comprano da noi diversi Paesi cosiddetti emergenti. Essi ‘emersero’ negli anni ’80 e promettevano bene, anche nella prospettiva dei loro cittadini, non solo per i soliti ricconi. Ma ovviamente il Vero Potere gli è piombato addosso, per mano del Fondo Monetario Internazionale e delle sue regole di gestione economica tutte volte a spremere la gente e a tutelare gli investitori. Una lunga e incredibile storia che non posso trattare qui. Di fatto, testimoniano fior di economisti fra cui il Nobel Joseph Stiglitz o Jeffrey Sachs con a sostegno l’evidenza dei fatti, le regole del FMI hanno devastato quelle economie emergenti portandole in diversi casi al fallimento (le nazioni cosiddette Tigri asiatiche, Messico, e altri). Il fallimento e quelle stesse regole hanno gettato quei Paesi in debiti a spirale che potevano ripagare solo in dollari, che non possedevano a sufficienza. Per un decennio hanno sudato lacrime e sangue per trovare il bigliettoni verdi necessari, a costi umani inenarrabili. Ma hanno imparato la lezione. Infatti oggi quegli stessi Paesi sono diventati avidi accumulatori di dollari nei loro fondi sovrani, che NON vogliono spendere proprio per non ritrovarsi mai più in quelle condizioni terribili. Ma se non li spendono significa che non comprano da noi, quindi cala la domanda di merci e servizi (la Aggregate Demand) italiani, francesi, olandesi ecc. Significa letteralmente, per fare il solito chiaro esempio, che la ditta di maglieria di Carpi che aveva una fetta grossa di fatturato acquistata da Korea del Sud, India, o Taiwan e Singapore, ora non vende più come prima, e licenzia o precarizza a man bassa. In Italia questo fenomeno ha afflitto una quota di commercio estero enorme, e come sempre sei tu o tua moglie a soffrire. Altro che Tremonti, caro Santoro, poveracci quelli che in buona fede si accalcano davanti alle tue telecamere.

Sweating the Assets, Equity Funds, crisi di Aggregate Demand… milioni di posti di lavoro nel mondo succhiati da quelle idrovore.

Ok, “adesso gliela facciamo vedere a quella cosa lì”, vero?

Banane equosolidali, Gruppi di Acquisto Solidali, l’orto biologico, i pacchi di pasta per Mani Tese… certo, come no. Fra il miliardo di persone che fanno la fame ogni giorno e tutti quelli che invece mangiano come maiali sempre, o mangerebbero come maiali sempre, la differenza non è che non ci sia cibo per sfamare tutti, lo si sa; la differenza si chiama appetito, solo questo, e non sto scherzando. Il fatto è che in realtà di cibo per l’appetito dei secondi non ce n’è veramente a sufficienza. Oggi una lunga lista di Paesi, che vanno da quelli del Golfo a India e Cina fino ai ricchi del G8, fatica a trovare sui mercati tutto ciò che consuma a tavola. Forse non lo avete presente, ma dietro ogni nostro boccone a pranzo o cena c’è una guerra immane e dalle conseguenze oscene per accaparrarsi il cibo, resa ancor più ignobile dalla presenza di lei, The Machine. E’ in corso una gara immensa e a colpi di miliardi di euro per conquistare terreni coltivabili a suon di milioni di ettari dove coltivare o allevare ciò che noi consumiamo. A competere sono soprattutto i Paesi in via di sviluppo ma anche i ricchi dell’Occidente; se per i primi si tratta appunto di trovare sempre più riso o carne, per noi si tratta anche di speculare in finanza su queste nuove produzioni, che promettono talmente bene da garantire già oggi interessi dal 20 al 40% sul capitale investito (metro di misura: un titolo di Stato rende in media, se va bene, un 5%).

Qui l’intersezione fra consumismo e finanza speculativa è anche più oscena e micidiale di ciò che ho descritto ne Il Più Grande Crimine e Aggiornamenti, poiché il Vero Potere infligge a noi disoccupazione, dipendenza e perdita totale di democrazia, ma nel caso della corsa al cibo esso infligge morte fisica e miserie inenarrabili a centinaia di milioni di persone. Perché? Semplice: la combinazione fra l’effettiva grande richiesta di alimenti, la conseguente aspettativa da parte dei mercati che essi si venderanno sempre più, e la montagna di miliardi che per quella precisa ragione vi si investono, ha fatto schizzare il prezzo delle materie prime alimentari alle stelle -  la FAO nel 2008 ha stimato un aumento del 52% in pochi mesi – e ciò per chi conta sul mais o sul riso per letteralmente arrivare al giorno dopo, è una condanna a morte. A peggiorare la situazione, sempre nel costo al rialzo di quelle materie, ci sono altre cause, come il fatto che sempre più cereali sono richiesti per sfamare gli animali che noi divoriamo; oppure la produzione del nostro etanolo, che ci dovrebbe alleggerire la dipendenza dal petrolio, ma che risucchia dalle bocche degli affamati altrettanto mais con cui lo si produce; e infine la considerazione che per produrre il cibo occorre come sempre una mare di petrolio, che oggi costa tantissimo e così aumentano i prezzi degli alimenti. Mi soffermo brevemente su questi due ultimi punti: la situazione dell’uso di mais per l’etanolo è divenuta così grave per i poveri del mondo che addirittura ha mosso le proteste del numero uno del colosso alimentare Nestlè, Peter Brabeck-Letmathe, in occasione di un discorso fatto al Council on Foreign Relations a metà marzo. Brabeck-Letmathe, che non è certo un benefattore, ha però ricordato una cosa estremamente importante e destabilizzante per le ‘belle anime’ di sinistra: è la nostra esigenza di ridurre l’inquinamento ambientale che ci ha portato verso l’etanolo, e chi paga il prezzo delle nostre politiche verdi sono però i soliti disgraziati ‘negri’ del Sud, che appunto fanno la fame. E sul secondo argomento, l’uso del petrolio per il nostro cibo, cito alcuni dati essenziali: per produrre ogni singola caloria di cibo (soprattutto grano) occorrono in media da una a dieci calorie di combustibili fossili. I cereali per arrivare sulla nostra tavola richiedono 4 calorie fossili per ogni caloria che ci danno. La carne di manzo ne richiede 35 di calorie fossili per darne una a noi, quella di maiale vuole 68 calorie fossili per ogni caloria alimentare che offre. Ogni innocente verdura che vediamo in vendita è all’apice di uno spreco incredibile di idrocarburi. Ad esempio per lavorare e fertilizzare i campi dello Stato americano dello Iowa occorre ogni anno l’energia equivalente a quella di 4.000 bombe termonucleari, energia fornita interamente dal petrolio. Come già detto, il globo consuma ogni anno 15.000 miliardi di watt, quasi tutti prodotti da combustibili fossili, e il 73% di questa energia va in agricoltura, luce domestica e trasporti. Le guerre, le ribellioni in Medioriente, la speculazione degli investitori, sparano alle stelle il prezzo del greggio e così anche quello del cibo: fame e disperazione dei ‘negri’.

Ma noi vogliamo mangiare sempre e che sia tanto. Ok. Eccovi dunque la corsa per il cibo dove stiamo letteralmente comprando intere fette di Paesi poveri da coltivare con tecnologie spaziali, manodopera ovviamente da fame, e profitti da capogiro per gli investitori. Una corsa spietata, immensa, infermabile visto che miliardi di persone poi pretendono quella roba ogni giorno:

Il Bahrain si è gettato a divorar terreno in India, Pakistan, Filippine, Sudan, Egitto, Iraq, con gruppi come il TRAFCO e il MAP, oltre allo stesso governo. La Cina, è ad arraffare terre in Brasile, Cuba, Birmania, Cameroon, Messico, Kazakhstan, Laos, Mozambico, Filippine, Uganda, Tanzania, Zimbabwe, col governo, con il gigante della telefonia ZTE, e Balckstone che è una degli Equity Funds più grandi al mondo. Gli Stati del Golfo sono arrivati in tutta l’Africa (in Somalia soprattutto), in Brasile e in Asia con Agricapital, che è un fondo di investimento islamico da un miliardo di dollari in cash. L’India si è gettata su Argentina, Brasile, Birmania, Paraguay, Uruguay, Indonesia, con la aziende Ruchi Soya, KS Oil e Godrej. Il Giappone compra in Cina, Brasile, Egitto, Sud America, e Sud Est asiatico, attraverso Mitsui, Itochu, Sumitomo, Asahi, quest’ultima già produce in Cina latte che costa il 50% in più del prodotto locale e viene spinto con un marketing aggressivo che sospinge a sua volta gli altri prezzi in alto. Il Kuwait è sbarcato a fare acquisti di campagne in Birmania, Cambogia, Egitto, Marocco, Yemen, Laos, Uganda, Sudan, con la famiglia Al-Sabah al comando che stringe affari con i ceffi del governo di Khartoum. Il Qatar si è fiondato su Pakistan, Tajikistan, Sudan, Turchia, Vietnam, dove possiede un Investment Fund da 900 milioni di dollari, e infine compra risaie a man bassa in Cambogia, dove il governo spera di esportare a fiume il prezioso chicco a 10 milioni di tonnellate all’anno nonostante nelle sue campagne si faccia ancora la fame, vera. L’Arabia Saudita è in Brasile, Etiopia, Filippine, Senegal, Uganda, Ukraina, Indonesia, Kazakhstan, Pakistan, Sudan, Tailandia, con la famiglia reale, con il Al Rabie Group e… coi Bin Laden, certo, che hanno piazzato una scommessa da 4,3 miliardi di dollari su immensi campi di riso in Indonesia. La Korea del Sud cerca terre in Russia, Argentina, Sudan, Cambogia, Laos, Mongolia, Indonesia, e ha persino invitato il criminale presidente Al-Bashir a una piena cooperazione che prevede centinaia di migliaia di ettari dove coltivare grano, da esportare tutto, fino all’ultimo chicco, in Korea, mentre in Sudan lo sappiamo, crepano di denutrizione. Poi ci sono gli Emirati Arabi Uniti, che valgono una menzione perché oltre a essere anch’essi ovunque a comprare, hanno chiesto al Pakistan l’esenzione dalle leggi nazionali che limitano l’esportazione di alimenti, visto che i pakistani sono alla bancarotta proprio a causa delle speculazioni alimentari.  E poi ci siamo noi…

Ma noi occidentali, oltre ad acquistare intere regioni come i sopraccitati, siamo specializzati in speculazione sulle produzioni già in corso e su quelle future. La Svezia con Alpcot Agro e Black Earth farming; la Gran Bretagna con Barklays Capital, con Cru Investment Management che promette interessi del 30-40%!, con Dexion Capital, con Knight Frank e il suo Hedge Fund fatto per l’occasione, con Lonrho, con Landkom, con Bidwells, con Schroders che promette il 15% lungo solo 5-10 anni di investimenti, con T4M. La Danimarca con Trigon Agri. L’Olanda con Louis Dreyfus. Gli Stati Uniti, che piazzano nella corsa il colosso delle speculazioni Goldman Sachs, l’altro gigante Morgan Stanley, BalckRock che ha lanciato un Hedge Fund per questo da 200 milioni di dollari, e RAV Agro Pro in partnership con Israele e la Gran Bretagna. Infine la Germania, la cui Deutsche Bank investe 60 milioni di dollari in Cina, ma che fa la parte del leone con una partnership americana da 450 milioni per acquisire terre in Europa. A fare da ombrello a questa corsa dei pirana agricoli c’è l’International Finance Corporation della Banca Mondiale, che “sta lavorando sodo in Ukraina e in altre nazioni per assicurarsi che le terre coltivabili siano vendute agli investitori stranieri attraverso le riforme di mercato, e ha investito nel solo 2008 1,4 miliardi di dollari per l’agribusiness” (GRAIN, 24/10/08). Segue il codazzo degli Hedge Funds e banche come Agri-Vie Fund, Africa Invest, Emergent, Dutch Rabobank, BNP Paribas, o Credit Agricole.

Dovete immaginare che con promesse fatte agli investitori di profitti nell’ordine del 15 o 40% sul capitale investito, si esclude categoricamente qualsiasi significativa condivisione dei guadagni con le popolazioni locali. Nessuno fa miracoli. Inoltre non va dimenticato che essendo lo scopo di tutto ciò l’accaparramento di forniture a catena per i megamarket a prezzi sempre più bassi, e contando che già i prezzi sono alti per le ragioni dette più sopra, le ‘belle anime’ si possono scordare qualsiasi accenno al biologico e all’equosolidale. Si tenga conto poi dell’impatto ambientale di questi milioni di ettari trasformati in serre high tech, e la devastazione delle catene di piccola produzione di cibo a livello locale, quella che sfama milioni di villaggi. Ma The Machine non ne ha ancora a sufficienza.

Essa specula anche sulle forniture fondamentali per l’agricoltura, come le sementi, i fertilizzanti, il grano, e i macchinari. Da una parte i suoi servi nelle organizzazioni sovranazionali, come l’Organizzazione Mondiale del Commercio che regola quasi tutto con leggi più potenti di quelle nazionali, stanno lavorando duramente per ottenere che le sementi divengano proprietà brevettate, e non più un bene di tutti da piantare gratis (con il bene placido del buon Bill Gates che da una parte fa la sua carità all’Africa e dall’altra lavora all’OMC per difendere i brevetti di cui sopra). Dall’altra si è organizzata in monopoli giganteschi che posseggono in pratica l’esclusiva di quelle forniture essenziali. Cargill, ADM, e Bunge hanno in mano le sementi e hanno incassato l’anno scorso quasi otto miliardi di dollari fra di loro, tutti profitti. Potash Corp. , Mosaic e Yara controllano i fertilizzanti, con 11 miliardi di profitti. Monsanto, Syngenta, Bayer, Dow, e BASF, trattano sementi e pesticidi e hanno intascato 7,5 miliardi. AGCO, John Deere, New Holland fanno i macchinari sono a 4,9 miliardi. Con un potere del genere e quasi monopolio su ciò che vendono, questi colossi possono strizzare i contadini come stracci, e sappiate che lo fanno anche ai ricchi, infatti negli USA le spese di produzione in agricoltura si mangiano il 77% degli incassi lordi. Immaginate in Sudan. Il risultato è, di nuovo, l’aumento dei prezzi dei prodotti, quindi crisi alimentare, rivolte, instabilità politica, e fame fino alla morte.

Tutto questo, ma veramente, sta dietro alla tua spesa alla COOP, o qualsiasi altro punto vendita di cibarie.  Inutile fare gli ipocriti o ventilare soluzioni da favola della Befana – i Gruppi di Acquisto Solidali!… forza biologico!… il fotovoltaico!… – i numeri sono quelli elencati, i miliardi di bocche sono quelle che pretendono volumi immensi di cibo, sempre, e a prezzi da tenere bassi, il che nell’attuale sistema dei mercati è proprio una guerra globale. Una macchina mostruosa che macina capitali mostruosi e che ha alle spalle tutti i Paesi ricchi e quasi tutti quelli emergenti, me le ‘belle anime’… “adesso gliela facciamo vedere a quella cosa lì”, con le loro zampette e le loro antennine.

E poi c’è il resto…

Ne ho già parlato in altri articoli. C’è lo strapotere sovranazionale del Trattato di Lisbona in tutta Europa, cioè la morte delle sovranità dei nostri parlamenti; c’è il Neomercantilismo dei mega conglomerati industriali all’arrembaggio che divora redditi e diritti al lavoro; c’è la morsa Neoliberista (giusta disoccupazione, bassi salari, governi minimi) su tutta l’ideologia economica che conta al mondo; c’è la sopraccitata Organizzazione Mondiale del Commercio che detta legge sovranazionale su tutti i commerci, salute pubblica, diritti del lavoro, per miliardi di esseri umani; ci sono i club delle Globocrazia (The Economist) come il World Economic Forum di Davos, la Commissione Trilaterale, il  Boao Meeting in Cina o il Council on Foreign Relations, poi il Bilderberg sopra a tutti; c’è l’apparato industriale militare con i suoi mille e cinquecento miliardi di dollari di fatturato, ma che è anche la fonte di gran parte della tecnologia medica moderna, senza la quale anche le ‘belle anime’ vanno al Creatore in caso d’infarto o incidente o gravidanza a rischio ecc. E mi fermo qui, a continuare si rischia l’impietosità.

… Non vi posso mentire sulle vostre chance”, ma sul futuro abbiamo un dovere.

Noi persone di questa epoca storica sappiamo in quale sistema moriremo, si chiama The Machine, il Vero Potere, pace a noi. Ma sul futuro di chi verrà dopo i figli dei nostri figli, abbiamo un dovere, sempre che esista una categoria morale di questo tipo. Dobbiamo iniziare il lavoro di divulgazione ai cittadini di chi sia il Vero Potere e di come lavora proprio sulle nostre vite di ogni giorno. Trasmettere la non speranza di oggi ma aiutare chi ci ascolta a superare il primo sconforto, che è la morte dell’azione futura a causa proprio di questa infantile ostinazione degli attivisti a voler vedere subito il cambiamento. Poi però usare il pensiero per capire come si pongono i primi mattoni di una rivoluzione del futuro, esattamente come fecero gli Illuministi e i pensatori democratici di oltre 2 secoli fa, i quali certo sapevano che sarebbero morti senza che nulla dei loro ideali fosse neppure vicino alla realizzazione. Dobbiamo essere come loro. Sì, dobbiamo pensare, pensare e pensare, e non farci prendere dall’altrettanto infantile desiderio di emozioni e sprecarci in feste di piazza, gruppetti col personaggio Guru, attivismo di tastiera, e isterismi anti Berlusconi. Stare a casa a pensare, esattamente ciò che hanno fatto i cervelli del Vero Potere quando in 70 anni hanno decretato la fine della Storia di due secoli e mezzo, e ci sono riusciti. E smettete di chiedere a quelli come me le soluzioni. Pensatele voi, ciascuno l’ideologo di se stesso, ma pensate con calma, perché The Machine non è Berlusconi o la Camorra, o la Casta, magari lo fosse. The Machine è immensa e immensamente abile. Richiede strategie alla sua altezza, e soprattutto deve essere prima di tutto capita. Avete capito ora? Divulgate, mettetevi a pensare, con lo sguardo generoso di chi regala se stesso per il futuro di chi ancora non è nato.

di Paolo Barnard


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