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Rai Educational: al via su Rai Scuola "Il mistero delle sette sfere" con Giovanni Bignami

Creato il 10 dicembre 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano
Dal 10 dicembre, Rai Educational propone nuovi programmi dedicati alla scienza: dalla fisica all’astronomia, dalla tecnologia alla ricerca medica, alle tematiche dell’energia. Un’occasione per incontrare divulgazione rigorosa e curiosità per il mondo intorno a noi, quello visibile e quello invisibile. Con la guida di grandi scienziati da Giovanni Bignami a Umberto Veronesi.
Dal centro della terra ai confini dell’universo, ripercorrendo la storia dell’uomo e quello che ha prodotto la sua “curiosità” per il mondo intorno, passando per i “misteri” della fisica, guardando nell’invisibile, immaginando il futuro. C’è tutto questo e altro ancora nei nuovi appuntamenti che Rai Educational, diretta da Silvia Calandrelli, dedica alla scienza e alla ricerca in diversi settori: dalla fisica all’astronomia, dalla tecnologia alla medicina, alle tematiche dell’energia. Si comincia, su Rai Scuola, martedì 10 dicembre alle 20.00. Una data non casuale: nello stesso giorno, infatti, sarà consegnato il Premio Nobel per la Fisica al “papà” degli studi sul bosone, la cosiddetta “particella di Dio”, Peter Higgs.
Ad aprire la nuova programmazione “Il mistero delle sette sfere” condotto dal presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Giovanni Bignami: un viaggio in otto puntate che racconta i mondi che l’uomo ha esplorato durante la sua permanenza sul pianeta, da quando ha lasciato la terra “natia”, l’Africa, decine di migliaia di anni fa, per spingersi verso Europa, Asia e America, e ancora oltre, verso lo spazio profondo.
Il palinsesto si addentra poi in una delle più affascinanti scoperte della scienza: Il “bosone di Higgs” alias “la particella di Dio”, spiegato da cinque racconti di divulgazione scientifica fatti da tre scienziati che hanno lavorato sull’Lhc del Cern di Ginevra, la “macchina” che ha portato alla conferma sperimentale del bosone: Michelangelo Mangano, Lucio Rossi e Fabiola Gianotti. Un racconto – che si dipana tra i laboratori del Cern e il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano - per svelare il mistero della “particella di Dio” che spiega l'origine della massa delle particelle elementari o, semplificando, perché le particelle di cui è composto l’Universo intero, uomo compreso, hanno una massa e perché le particelle possiedono masse diverse.
Ma l’obiettivo sarà puntato anche sul contributo dato dalla ricerca italiana. Ad arricchire il palinsesto contribuirà, inoltre, “Spazio, Storia del futuro”, nove puntate in collaborazione con l’Asi, condotte dal giornalista scientifico Luigi Bignami, per conoscere più da vicino – anche attraverso testimonianze di esperti e scienziati, e con immagini esclusive – la ricerca spaziale italiana e vedere con occhi nuovi il cosmo e tutto ciò che sta svelando.
Oltre a questi appuntamenti, il viaggio scientifico di Rai Educational proseguirà alla scoperta di altri mondi in compagnia dei loro protagonisti, da quello della medicina, raccontato da Umberto Veronesi, a quelli del territorio e della sua tutela o dell’energia alternativa, passando per la cultura del riutilizzo. Senza dimenticare i “Lampi di Genio” di Luca Novelli, che racconta, con i disegni animati e da uno studio virtuale, i grandi della scienza e dell’umanità, da Galileo a Magellano, dai fratelli Lumiere a Enrico Fermi.
IL MISTERO DELLE SETTE SFEREC’è l’uomo di ieri, “nato” nelle pianure africane circa ottantamila anni fa e quello di oggi, ancora alla scoperta della sua terra e dell’universo. E c’è l’uomo del futuro, attratto dai confini dello spazio, da ciò che abbiamo scoperto a una distanza di venti anni luce da noi - centonovantamila miliardi di chilometri - dove potrebbero esserci pianeti simili al nostro. E’ un racconto rigoroso e scientifico, ma che si “sfoglia” come un giallo o come un libro di Verne, “Il mistero delle sette sfere”, il nuovo programma di Rai Educational condotto da Giovanni Fabrizio Bignami, direttore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, in onda da martedì 10 dicembre alle 20.00 su Rai Scuola.
La trasmissione - che riprende l’idea dell’omonimo libro scritto da Giovanni Bignami – racconta, in otto puntate, i mondi che l’uomo ha esplorato durante la sua permanenza sul pianeta, da quando ha lasciato la terra “natia”, l’Africa, decine di migliaia di anni fa, per spingersi verso Europa, Asia e America, e ancora oltre, verso lo spazio.
Rivivono così – puntata dopo puntata - le “Sette Sfere” che l’uomo ha conosciuto o verso le quali ancora guarda. Prima tra tutte, la superficie del pianeta, che lo ha visto camminare alla ricerca di una “casa” ed esplorare territori, foreste equatoriali, vette, poli. Ma ci sono anche il mare - con i suoi abissi in parte ancora da scoprire e ricchi di depositi minerari - e il cuore stesso della Terra, la “sfera” più misteriosa e irraggiungibile, che racconta di sé soltanto con la voce delle onde sismiche. Un cuore che custodisce, tra l’altro, pagine della storia del sistema solare, ma anche i meccanismi del campo magnetico terrestre che ci protegge dalle radiazioni cosmiche.
Il viaggio prosegue, poi, verso lo spazio, salendo sempre più sù: la fascia dell’atmosfera, raggiunta per la prima volta da un satellite nel 1957, e la Luna “conquistata” nel 1969, sulla quale è ormai tramontato il sogno di “basi” umane. Perché – nel frattempo – l’uomo ha guardato ancora più in alto, con razzi, sonde e robot: a Marte e all’intero sistema solare, dove si continuano a cercare segni di vita. Un tema al quale “Il Mistero delle Sette Sfere” dedica due puntate.
Il futuro è tutto nell’ultima puntata: lo spazio al di là del sistema solare, a circa 20 anni luce, al cui interno sono già stati trovati alcuni pianeti che potrebbero ospitare la vita. Ed è questa la sfera verso cui l’umanità si spingerà nel prossimi secoli, utilizzando forme d’energia, come l’antimateria, ancora tutte da mettere a punto.
Il programma - realizzato dal Centro di Produzione Tv Rai di Milano - è firmato da Dario Barezzi e Luigi Bignami, capo progetto Renzo Salvi, con la regia di Piero Lillus e a cura di Laura Bolio.
LE PUNTATE1 - Sfera zero: L’invasoreCirca settantamila anni fa l’uomo lasciava l’Africa per avventurarsi alla conquista del pianeta. Dopo aver esplorato le aree più idonee a nuovi insediamenti, iniziò ad esplorare le zone più impervie del pianeta, per ricerca scientifica o per puro diletto. E’ così che si è addentrato nelle più fitte foreste, ha raggiunto i gelidi Poli fino a toccare le vette più alte delle montagne.
2 - Sfera meno uno: Negli abissi del PianetaNonostante il desiderio di conoscere e studiare i fondali marini che coprono circa i tre quarti della superficie del Pianeta, l’uomo ne ha esplorati una percentuale piccolissima. Solo due volte ha raggiunto il punto più profondo degli oceani, la Fossa delle Marianne, ma per puro spirito sportivo, perché le difficoltà per esplorare in modo scientifico quegli abissi sono ancora ai limiti delle nostre possibilità tecnologiche. Oggi si esplorano soprattutto i fondali non particolarmente profondi, ma ricchi di minerali e materie prime con l’obiettivo di trasformare quelle aree, ricche di minerali utili all’umanità, in miniere da sfruttare con macchine robotizzate.
3 - Sfera meno due: Al centro della TerraOggi è impossibile perforare la Terra con la speranza di arrivare vicino al suo nucleo. Nonostante si sia arrivati ai confini del sistema solare distante oltre 6 miliardi di chilometri, non si hanno i mezzi per perforare la crosta terrestre, il mantello e il nucleo per raggiungere il cuore del pianeta a circa seimilatrecento km di profondità. Ed è per questo che l’interno della Terra viene studiato attraverso le onde sismiche che scansionano il pianeta dandoci un’idea di come è fatto il suo interno. Ma il desiderio di arrivare fin laggiù ha fatto ipotizzare la costruzione di una sonda che possa viaggiare nella Terra spinta e trascinata da una gigantesca colata di ferro fuso fatto penetrare in una frattura creata artificialmente.
4 - Sfera più uno: Da Sputnik alla Stazione SpazialeSono trascorsi poco più di cinquant’anni anni da che l’uomo ha lanciato il primo satellite attorno alla Terra e lo sfruttamento dell’orbita terrestre ha raggiunto i più alti livelli. Oggi è “abitata” da un gran numero di satelliti per lo studio della Terra e per le telecomunicazioni. E tra questi vi è la Stazione Spaziale Internazionale, oggi luogo di incontro di astronauti di molte nazioni che insieme lavorano per e in nome di tutta l’umanità.
5 - Sfera più due: Impronte sulla LunaEra il 1969 quando un uomo lasciò, per la prima volta da che era comparso sulla Terra, la sua impronta sulla Luna. Poi altri undici uomini lo hanno seguito riportando a Terra poco più di trecentocinquanta chili di rocce lunari. Ma, dalla fine delle missioni Apollo, nessun è mai più tornato lassù. E non sappiamo neppure quando e se ci torneremo. Oggi infatti, la Luna non fa più gola a nessuno e torna a essere un luogo di ricerca scientifica per sole sonde robotizzate. Forse un giorno si costruirà una stazione spaziale a poche decine di migliaia di chilometri dalla Luna, dove la forza di gravità terrestre e quella lunare si annullano e dove risulterà più semplice partire verso gli asteroidi e Marte.
6 - Sfera più tre (prima parte): Marte, prossima metaIl Pianeta Rosso è sempre stato un obiettivo importante per la ricerca spaziale e per l’uomo alla ricerca di nuovi orizzonti. Nonostante i molti fallimenti, numerose sonde sono atterrate su di esso o si sono poste in orbita marziana con lo scopo di studiarne le caratteristiche principali e cercare la vita o le tracce di una vita passata. Marte è senza dubbio la prossima meta dell’uomo dopo che avrà messo a punto la tecnologia necessaria per raggiungere il pianeta in poche settimane. Una tecnologia che richiede la fissione nucleare.
7 - Sfera più tre (seconda parte): Ai confini del sistema solareOltre Marte, aspettano l’uomo altri pianeti e altri satelliti molto interessanti non solo da un punto di vista puramente geologico o scientifico, ma anche perché potrebbero ospitare la vita. E’ il caso, per esempio, del satellite di Giove chiamato Europa, che è ricoperto da un involucro di ghiaccio spesso alcune decine di chilometri e che nasconde un immenso oceano. Questi dovrebbe essere riscaldato dal calore interno del satellite e dunque potrebbe avere le condizioni adatte a supportare forme di vita anche di un certo livello. Ma per raggiungere quei luoghi lontani bisognerà aver messo a punto la fusione nucleare.
8 - Sfera più quattro: Homo sapiens tra le stelleOltre Plutone c’è solo il vuoto interstellare per poco più di 4 anni luce. Lì c’è la stella più vicina a noi. Un tempo era solo un astro, oggi potrebbe essere la nostra prima meta quando l’umanità deciderà di lasciare il nostro sistema solare per lidi molto lontani. Attorno a quella stella e alle altre due sue compagne vi sono infatti, dei pianeti. Oggi non sappiamo se ce ne siano di abitabili, certo è che non è da escludere. E in una sfera di circa 20 anni luce sono decine e decine i pianeti che abbiamo scoperto esistere e alcuni dei quali potrebbero supportare la vita. Quei pianeti sono la meta futura dell’umanità, ma per raggiungerla bisognerà mettere a punto motori ad antimateria in grado di far viaggiare le sonde a velocità prossime a quelle della luce.
Il conduttoreGiovanni Fabrizio Bignami è astrofisico per passione, ma è affascinato da numerose altre discipline scientifiche. Oggi è tra i più autorevoli scienziati nel campo dell’astronomia e della ricerca spaziale. Accademico dei Lincei e membro dell’accademia di Francia, Bignami è stato il primo italiano eletto alla presidenza del Cospar, il comitato mondiale della ricerca spaziale. E’ presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, dopo esserlo stato anche dell’Agenzia Spaziale Italiana.
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IL “BOSONE DI HIGGS” ALIAS “LA PARTICELLA DI DIO”La formulazione teorica dell’esistenza del “bosone” ha portato – lo scorso 8 ottobre – al conferimento del Premio Nobel per la Fisica al belga Francois Englert e all'inglese Peter Higgs che per primi ne hanno intuito la presenza e ipotizzato la “necessità” all’interno di una visione generale che oggi è conosciuta col nome di “Modello Standard” dell’Universo.
Il percorso scientifico relativo all’esistenza del “bosone di Higgs” scorre dalla prima formulazione del 1964 alla verifica sperimentale ottenuta presso il Cern di Ginevra nel 2012 ad opera di una equipe internazionale di scienziati di valore assoluto, molti dei quali italiani, con ruoli di guida della ricerca. Una storia che prende vita nei cinque racconti di divulgazione scientifica Il “bosone di Higgs” alias “la particella di dio”, fatti da tre ricercatori italiani tra i protagonisti delle “indagini” sul bosone: Lucio Rossi, Michelangelo Mangano e Fabiola Gianotti. Rossi - uno dei costruttori del Large Hadron Colliser, la “macchina” che ha permesso la scoperta della particella – spiega come funziona l’acceleratore e quale sarà il futuro della ricerca su particelle simili al bosone di Higgs operando attraverso i superconduttori del Cern. Mangano si sofferma, invece, sul Big Bang e la prova della sua esistenza, ma anche sull’invisibilità di una parte della materia che impone – per essere scoperta scientificamente – esperimenti come quelli di Ginevra. Gianotti, direttore della ricerca nella fase di indagine sul bosone, traccia, infine, la pista di ricerca, i passaggi e l’approdo finale della conferma sperimentale di questa piccola ma importantissima parte di materia.
Un racconto scientifico arricchito da immagini e dall’ambientazione del programma, tra il Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano e il Cern di Ginevra.
Ma perché il bosone è così importante? Alle cinque lezioni il compito di spiegarlo. La “particella di Dio” è importante prima di tutto per la scienza: averla trovata conferma la teoria corrente della nascita e dell’evoluzione del nostro Universo. Il bosone spiega, infatti, l’origine della massa delle particelle elementari e perché le particelle di cui è composto l’Universo intero – uomo compreso – hanno una massa e perché le particelle possiedono masse diverse. E c’è anche un motivo “pratico”: la sua scoperta teorica ha portato l’uomo a volerlo scoprire empiricamente e, per farlo, si è dovuto dare vita alla più complessa e costosa macchina che l’umanità abbia mai costruito sulla Terra: l’Lhc, l’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra. La sua costruzione ha richiesto un impegno di menti a livello mondiale che sono confluite nell’obiettivo di realizzare un apparato tecnologico sino a quel punto impensabile e nella sua costruzione si sono dovute superare difficoltà tecnologiche che hanno portato a decine di brevetti.

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