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Ramadan a Istanbul

Da Istanbulavrupa

Ramadan a Istanbul(l’articolo è stato pubblicato su Lettera43, ma in una versione ampiamente modificata: ho chiesto ovviamente che tolgano la firma, la versione originale è questa del blog)

Dal primo agosto, è Ramadan: il mese sacro dell’Islam. A Istanbul, la giornata comincia prima dell’alba: al suono ritmico e insistente dei tamburi – per una sveglia tradizionale – che incitano a far colazione (suhur) prima che sia troppo tardi, perché al sorgere del sole diventano proibiti (haram) i cibi, le bevande, il sesso, i cattivi pensieri, l’ira nei gesti e nelle parole – digiuno e autocontrollo, fino al tramonto.

I tamburi del Ramadan sono amati ma non sempre tollerati: li suonano dei volontari, che spesso vengono per l’occasione dalle regioni più povere nelle grandi città, in cambio di un modesto e altrettanto volontario rimborso spese da parte degli abitanti delle strade in cui operano; una decina tra i 39 distretti della metropoli sul Bosforo li hanno però messi al bando, negli ultimi anni: il progresso e stili di vita poco rilassati hanno avuto il sopravvento. Alcuni esibiscono virtuosismo, la scelta dei temi musicali è insolita e sorprendente. Dopo è tutto un conto alla rovescia, anche alle fermate degli autobus o nella metropolitana i display elettronici suggeriscono le ore e poi i minuti che mancano all’iftar: la cena collettiva che segna la fine del digiuno e che coinvolge non solo i più devoti ma anche i cosiddetti “laici”, uniti in un rituale che a seconda dei casi è più spirituale o festoso, più popolare o elitario.

Caratteristica consolidata di Istanbul sono le cosiddette “tende del Ramadan”: enormi tendoni – da noi se ne occuperebbe la protezione civile – che ospitano centinaia e centinaia di persone, che offrono l’iftar – a spese della municipalità – ai poveri del quartiere. L’entrata è libera, basta mettersi in fila. E alla tenda di Eminönü, nella piazza della Yeni Camii (la “moschea nuova” e seicentesca, quasi in riva al Corno d’oro di fronte al ponte di Galata), venerdì sera la fila era sterminata: ma ordinata e rispettosa, ognuno ad aspettare il proprio turno che si sarebbe protratto rispetto all’orario canonico, tranne per qualche bambino gioiosamente infiltrato inseguito dalla sicurezza. All’interno, musica e silenzio nell’attesa, la frenesia dei volontari e l’abbondanza dei rifornimenti, gli sguardi grati e felici, la compostezza e il raccoglimento, il clima familiare anche tra sconosciuti, la zuppa e il riso, il pane e l’ayran (tipica bevanda salata a base di yogurt), i datteri che – seguendo Maometto – servono per rompere il digiuno. Vengono distribuiti cinquemila pasti al giorno, nei primi giorni è stato ospite l’ambasciatore Usa Ricciardone con famiglia al seguito: accolto dal sindaco del distretto conservatore di Fatih (comprende la penisola storica della città romana e bizantina), Mustafa Demir, il cui nome campeggia ovunque come non tanto subliminale messaggio elettorale.

Le tende del Ramadan vengono tradizionalmente erette nei luoghi più centrali e frequentati di ogni quartiere: ma quest’anno hanno prevalso la decentralizzazione – più tende, più piccole – e progetti mirati di distribuzione alle famiglie più povere, anche a domicilio o con tavolate improvvisate per strada; nello spirito di “buon vicinato”: il tema di approfondimento indicato, per il Ramadan 2011, dalle autorità religiose. Nel distretto di Eyüp, subito all’esterno delle mura romane e noto per la moschea dedicata ad Abu Ayyub al-Ansari (compagno del Profeta, morto nell’assedio di Costantinopoli del 674) che lì è sepolto, hanno invece fatto le cose in grande: un iftar per 15.000 persone, il primo giorno del Ramadan, sul vecchio ponte sul Corno d’oro ormai in disuso; tra i presenti, il sindaco di Istanbul Kadir Topbaş e il neodeputato dell’Akp (Partito della giustizia e dello sviluppo, d’ispirazione islamica e al governo dal 2002) Hakan Şükür, che molti ricorderanno come centravanti del Galatasaray, del Torino, dell’Inter, del Parma e della nazionale turca.

A Sultanahmet, nel giardino che era un tempo l’ippodromo di Costantinopoli, oggi tra Santa Sofia e la Moschea blu e sempre nel distretto di Fatih, l’iftar è un gigantesco pic-nic: intere famiglie plurigenerazionali e gruppetti d’amici, bambini in quantità e anche anziani, cibo portato da casa e nascosto in buste e cestini per evitare tentazioni, qualche sporadico e divertito turista, ogni sorta di bancarella (compreso l’artigianato di qualità), il muezzin liberatorio che col suo canto fa scattare migliaia di persone all’unisono; e poi gli intrattenimenti, nel piccolo e adiacente anfiteatro: un fitto programma serale con musicisti e cantanti di fama, i dervisci ruotanti, conversazioni su temi spirituali, la banda dei giannizzeri ottomani, le marionette Karagöz.

Poco più avanti, attorno alla moschea del sultano Bayezid nei pressi del Gran Bazar, altre attività commerciali e culturali tra cui spicca il trentennale Festival del libro, religioso e non; ma decisamente in tono minore rispetto al calendario ricco e sofisticato realizzato lo scorso anno, quando Istanbul è stata la capitale europea della cultura: anche gli splendidi concerti di musica jazz sono stati tagliati da otto a tre. Modernità e intrattenimento al fianco di tradizione e spiritualità, insomma: questo è il Ramadan a Istanbul. E negli ultimi anni l’iftar – in contrasto col suo significato autentico – è diventata un’esperienza gastronomica non necessariamente successiva al digiuno: hotel di lusso che offrono buffet esclusivi a prezzi proibitivi, ristoranti di classe che preparano piatti della tradizione ottomana, anche alberghi turistici che presentano alla clientela iftar simbolici.

Un buon compromesso tra tradizione, qualità e prezzo è Ciya: l’ormai famoso ristorante di Kadıköy, sulla sponda asiatica, che serve – a prezzo fisso, 20 euro – datteri, pane, lahmacun (pizza rossa con carne macinata e nocciole), bevande rigorosamente alla frutta (şerbet) e un’ampia scelta tra piatti delle culture regionali turche, dalle polpette con ciliegie agli spiedini di kebab e melanzane, e dolci tipici come il güllaç fatto con l’amido o come la zucca candita. Fino al 29 agosto.


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