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"Rapiti con Dio"/Missionari -Uomini di Boko Haram -Vangelo/Scaffale libri

Creato il 07 febbraio 2016 da Marianna06

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Il libro “Rapiti con Dio”, pubblicato dall’EMI di Bologna e in questi giorni in libreria, è quello che si dice il diario- testimonianza. Un diario-testimonianza di tre missionari, due preti fidei donum italiani della provincia di Vicenza e una suora canadese.

Tutti operanti nel nord del Camerun (Diocesi di Maroua-Mokolo), rapiti dagli uomini di Boko Haram nell’aprile del 2014 e rilasciati, incolumi, il 31 maggio dello stesso anno, dopo un avvenuto scambio di prigionieri.

Il diario occorre dire che nasce per caso. E’ lei stessa, sorella Gilberte , l’anziana suora della Congregazione di Notre-Dame di Montréal, a raccontarlo nel libro.

Gilberte aveva con sé, proprio quel giorno,  un’agendina nuova di zecca e  una penna.

Intanto facciamo un passo indietro.

Una volta fatti prigionieri dai ribelli,ovviamente senza che se l’aspettassero, i tre religiosi devono affrontare assieme ai loro rapitori un lungo viaggio e cioè qualcosa come circa undici ore, in automobile, attraverso sentieri sterrati e malagevoli, che li conducono dal Camerun in terra nigeriana.

E il viaggio si rivela da subito  difficoltoso in quanto chi dovrebbe guidare il mezzo non è del tutto in grado di farlo.

Perciò i nostri due  missionari, don Giampaolo e don Gianantonio,  sono chiamati addirittura a dare una mano nella guida a chi li ha fatti prigionieri.

La meta raggiunta,  cioè il luogo dove accamparsi,  non è altro che il riparo di tre magnifici alberi di tamarindo in piena foresta nigeriana. L’albergo delle mille stelle come lo definiscono, con un pizzico d’ironia, i nostri.

Lì tanto i missionari e la suora  che i giovani miliziani trascorreranno assieme circa due mesi in attesa i primi del rilascio sperato  ma messo in dubbio fino all’ultimo minuto, i secondi di eseguire gli ordini .

I giorni passano e sono tutti uguali ma Giampaolo, Gianantonio e Gilberte sono comunque sereni. Un miliziano, che ha recuperato una borsa nell’abitacolo dell’automobile, la consegna ai rapiti e lì dentro, quando si dice “Dio non abbandona i suoi”, c’è tutto l’occorrente per poter celebrare l’eucaristia.

E così, ogni giorno, da quel momento in poi, mentre i miliziani pregano recitando il Corano, i nostri tre, fianco a fianco dei loro rapitori, celebrano l’eucaristia.

Tutto fila liscio fino a quando però gli islamisti non se ne accorgono e sequestrano tutto.

E allora, senza scoraggiarsi, si fa diversamente. Si recitano brani del Vangelo a memoria, quelli che la memoria rimanda.

Tutto è bene quel che finisce bene.

Quando giunge il momento del rilascio dei nostri prigionieri, i tre, che intendono dare testimonianza di un’esperienza vissuta ma non cercata, un’esperienza per essi  comunque preziosa, che può essere d’insegnamento ad altri, che rimanda a quella che il Vangelo denomina povertà in Spirito, si dividono i foglietti dell’agendina compilata tra di loro e lo fanno per timore che quanto fissato sulla carta possa andare perduto.

E così i foglietti, cioè l’agendina, arrivano a destinazione completi e danno vita poi al libro, quello stesso che adesso noi abbiamo l’opportunità  di leggere.

Un libro per tutti certo ma, in particolare per i giovani, come ben  sottolinea nella prefazione l'arcivescovo Giancarlo Bregantini, che possano farsi, attraverso la narrazione di un’esperienza di prima mano, l’idea di cosa significhi fare esperienza missionaria oggi giorno, per giunta in terre difficili, dove la violenza è all’ordine del giorno sotto la mannaia onnipresente di uomini senza scrupoli come sono stati e  continuano,purtroppo, a essere i miliziani di Boko Haram.

La fede, l’affidarsi completamente al Padre, ecco cosa ha reso forti e sereni Giampaolo, Gianantonio e Gilberte e ha permesso loro di essere vincenti rispetto ai carcerieri. E comprendere sopratutto con grande chiarezza cosa significhi l’autentica condivisione in un contesto di estrema precarietà, dove ogni sicurezza è assente e la nostra fragilità più che mai palese.

Quella mancanza di sicurezza e quella fragilità, che ciascuno, a suo modo, deve imparare a conoscere, se   davvero vuole  poter condividere con i poveri e che, contro ogni logica mondana, alla sequela di Gesù, costituiscono doni e non carenze.

Buona domenica e buona lettura,amici di JAMBO AFRICA.

Lontano dal chiacchiericcio dei "media", regaliamoci almeno oggi uno "spazio"di riflessione.

                               Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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