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Rapporto Svimez mai così drammatico: l'emigrazione torna quella del dopoguerra (ma Letta vede le lucine)

Creato il 17 ottobre 2013 da Tafanus

Letta-alfano
Nuovi democristiani

Un urlo forte e disperato sale dal Sud. È quello di un Meridione dove continua la desertificazione industriale, dove crolla il Pil e gli investimenti si dimezzano e da cui si continua a scappare in massa per emigrare al Centro-Nord: in vent'anni sono emigrate 2,7 milioni di persone. Qui la disoccupazione reale supera il 28%, una famiglia su 7 guadagna meno di mille euro al mese e in un caso su quattro il rischio povertà resta anche con due stipendi in casa. L'allarme sullo tsunami che ha investito il Sud affondandolo sotto i colpi duri della crisi più pesante dal dopo guerra arriva dal Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2012 presentato oggi a Roma. «Un quadro inquietante» l'ha definito il capo dello Stato Giorgio Napolitano in un messaggio inviato al presidente dello Svimez Adriano Giannola.
Pil in caduta libera, in cinque anni bruciato il 10% - Nel 2012 il Pil è calato nel Mezzogiorno del 3,2%, oltre un punto percentuale in più del Centro-Nord, pure negativo (-2,1%). Dal 2007 al 2012, il Sud ha bruciato la bellezza di 10 punti percentuali di ricchezza, quasi il doppio del Centro-Nord (-5,8%). Pur essendo le Regioni italiane tutte negative, la forbice oscilla tra il risultato della Sicilia (-4,3%) e quello di Lazio e Lombardia (-1,7%). Nel Mezzogiorno si registrano cadute più contenute in Campania e Molise (-2,1%), seguono Puglia e Calabria (rispettivamente -3 e -2,9%), Abruzzo (-3,6%) e Sardegna (-3,5%). In coda la Basilicata (-4,2%) e la Sicilia (-4,3%). In valori assoluti, a livello nazionale, il Pil è stato di 25.713 euro, risultante dalla media tra i 30.073 euro del Centro-Nord e i 17.263 del Mezzogiorno, dove il Pil pro capite più elevato si registra in Abruzzo (21.244 euro) mentre la regione più povera è la Calabria, con 16.460 euro.
Industria a rischio desertificazione, ripresa difficile - A confermare l'allarme rosso arriva la spia rossa sullo stato dell'industria. Se Germania e Spagna dal 2001 al 2007 hanno fatto crescere il valore aggiunto industriale delle loro regioni svantaggiate del 40 e 10%, in Italia il valore aggiunto industriale del Sud è rimasto al 2007. Poi è arrivata la mazzata della crisi: il peso del manifatturiero è sceso dall'11,2% del 2007 al 9,2% del 2012, la produzione è scesa del 25%, i posti di lavoro del 24% e gli investimenti addiritura del 45 per cento. Per lo Svimez il Sud rischia ora di non agganciare la ripresa nel 2014 con un Pil che resta inchiodato allo 0,1% a fonte di un +0,7% nazionale e un +0,9% del Centro-Nord.
L'emigrazione torna quella del dopo guerra - Negli ultimi venti anni sono emigrate dal Sud circa 2,7 milioni di persone. Solo nel 2011 si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord circa 114 mila abitanti. Principalmente in Lombardia, che ha accolto nel 2011 in media quasi un migrante su quattro (seguita dal Lazio). Ma tra la destinazioni finali c'è anche l'estero: nel 2011 i cittadini italiani trasferiti oltre il confine sono stati circa 50mila, 10mila in più rispetto al 2010 e in decisa crescita rispetto a dieci anni fa, quando erano 34mila. Solo nel primo trimestre 2013 il Sud ha perso 166mila posti di lavoro rispetto all'anno precedente scendendo sotto la soglia dei 6 milioni. Non accadeva dal 1977.
Il ministro Trigilia: «Ora non sprecare più fondi» - Per il ministro alla Coesione territoriale, Carlo Trigilia è arrivato il momento di «mettere al centro delle politiche italiane il Mezzogiorno, abbandonate da troppi anni. L'Italia da anni non ha più la strategia per affrontare il nodo dello sviluppo nazionale», spiega Trigilia. Che avverte: «Non dovrà più essere sprecato un euro sui fondi disponibili per il Sud». Per il presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, Jacopo Morelli, i numeri della Svimez «sono drammatici e soprattutto non è mai stato così drammatico il dato sull'occupazione». «Ma - aggiunge da Napoli dove domani inizierà il convegno dei giovani di Confindustria - non ci arrendiamo».
(Fonte: Marzio Bartolini - IlSole24Ore)


Tafanus
Ogni ora che passa, le critiche alla finanziaria "del rilancio" di Letta diventato più feroci e argomentate. C'era una volta la previsione di tagli di 3,5 miliardi alla sanità. Ovviamente non siamo tifosi dei tagli ai farmaci salvavita o all'istituto del pronto soccorso. Ma al fatto che una siringa non possa costare un euro in certe regioni e cinque in altre si. Quanti Formigoni, quanti Cuffaro dobbiamo ancora sopportare? Perchè la "spending review" è rimasta una bella espressione che usiamo da anni e non facciamo mai? Che fine hanno fatto i costi standard? Ma bisognava pur dire di si alla Lorenzini. Vero, Letta? Ha capito o no che più cala le braghe, più questi sia aggrapperanno alle sue mutande, in difesa dei popri ceti sociali di riferimento, che non sono i poveracci?

Alla riduzione del cuneo fiscale sono stati destinati ben 10,7 miliardi di euro, ma suddivisi su tre anni, e a partire dall'anno prossimo (salvo complicazioni e imprevisti); al 2014 toccheranno ben 2,7 miliardi di euro, suddivisi a metà fra imprese e lavoratori. Considerando 19 milioni di dipendenti, si tratterà di ben 12 euro al mese di minori trattenute su stipendi e salari.

Ma davvero, Letta, pensa di rilanciare i consumi dando ad ogni famiglia un euro in più ogni due o tre giorni??? E senza rilanciare la domanda, è persino uno spreco dare 5,35 miliardi in tre anni alle aziende. Perchè se non ripartte la domanda, non sarà quell'obolo a salvare le imprese, o ad indurle a produrre, investire, assumere.

Ma poi c'è, questo euro ogni due/tre giorni di elemosina? No, non c'è. Perchè contestualmente ci saranno le riduzioni delle detrazioni dall'Irpef per spese mediche, interessi sui mutui e quant'altro, dal 19 al 18% l'anno prossimo, e dal 18% al 17% nel 2015. Ci saranno le "revisioni" dell'IVA. Continua il blocco del già parziale e truffaldino "adeguamento" all'inflazione delle pensioni superiori a 3000 euro (lordi); dietro la TRICE si nascondono molti imprevisti. Mi fermo qui.

La verità è che Letta prima ha mutuato il montiano "veder lucine" in ogni dove; poi linguaggio berlusconian-renziano, con la scemenza di un decreto chiamato "Decreto del Fare". Fare cosa??? E adesso, nella finanziaria, ha adottato il sistema gattopardesco di cambiare tutto perchè nulla cambi. Una pioggerellina leggera ed impalpabile di elemosinine, che si vaporizza prima di toccare il suolo. E intanto già si sussurra di nuovi "condoni" per il rientro di capitali illecitamente trasferiti all'estero. A quando la bella idea innovativa di tornare ai dodici condoni fiscali a botta di tremontiana memoria?

Caro Letta, non ci siamo. Lo dice la Camusso (e questo era scontato), ma lo dice anche la Confindustria, e lo dice persino Angeletti, che fino all'altro ieri non ha fatto altro che giocare a "culo e camicia" con Bonanni e coi Berlusconidi. Faccia l'unica cosa sensata che non costa niente: un bel decreto-legge che abroghi il porcellum. Lo faccia ponendo la questione di fiducia, Ci vogliono sette giorni, non 18 mesi. Poi, lasci pure che Berlusconi minacci ogni 5 minuti il "tutti a casa". E' una pistola col tappo di sughero. Il primo ad andare a casa sarebbe lui, e ci andrebbe per sempre. E forse poytrebbe andare addirittura in una casa non sua. Oppure lo statu quo del porcellum, in vigenza del quale Napolitano non scioglierà mai le camere, è un salvavita anche per lei?

Per piacere, la smetta di farsi prendere per il culo. La smetta di prenderci per il culo. Grazie

Tafanus

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