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RASSEGNA STAMPA/ Violetta, “una Traviata di seconda mano”

Creato il 19 ottobre 2011 da Iltelevisionario

RASSEGNA STAMPA/ Violetta, “una Traviata di seconda mano”“Una Traviata di seconda mano”. Così la critica tv Mirella Poggialini ha definito, sulle pagine del quotidiano L’Avvenire, la miniserie di Raiuno Violetta con Vittoria PucciniRodrigo Guirao Diaz. Le due puntate, trasmesse domenica 16 e lunedì 17 ottobre in prima serata, hanno raccolto una media di 4 milioni 756mila telespettatori (18.15% di share). Anche Aldo Grasso sul Corriere ha bocciato la fiction affermando che si tratta di “un vero capolavoro di umorismo involontario, una lezione di kitsch preterintenzionale, un sublime fallimento nel voler emulare un modello alto, rappresentato sia da Giuseppe Verdi (La traviata) che da Luchino Visconti (Senso)”.

Il kitsch involontario di Vittoria Puccini

(A fil di rete di Aldo Grasso – Corriere della Sera) Non ho mai riso tanto come con «Violetta»: un vero capolavoro di umorismo involontario, una lezione di kitsch preterintenzionale, un sublime fallimento nel voler emulare un modello alto, rappresentato sia da Giuseppe Verdi ( La traviata ) che da Luchino Visconti ( Senso ). E se a questo si aggiunge la redenzione di una escort per il bene della Patria, il divertimento edificante non manca. Un vero peccato che di «Violetta», la miniserie scritta da Sandro Petraglia, diretta da Antonio Frazzi e interpretata da Vittoria Puccini, siano state programmate solo due puntate (Raiuno, domenica e lunedì, ore 21.25). La storia è ambientata nella Milano risorgimentale dei moti del 1948, giusto per celebrare il 150° anniversario dell’Italia unita. Alfredo Germont (Rodrigo Guirao Diaz), giovane e belloccio studente di legge, animato da una forte passione civile e impegnato nella lotta contro gli austriaci, si innamora di Violetta Valery, una escort, bella e spregiudicata ma destinata dalla tisi a una morte precoce (com’è noto, La traviata di Verdi deriva da La signora delle camelie di Dumas figlio). I due sono travolti da un insolito destino di passione, destinato però a smarrirsi sotto il gioco delle convenzioni sociali e del dominio austriaco. Il kitsch nasce da una serie di scelte stilistiche e narrative: l’ambizione ultima di Petraglia è di rifare Senso capovolgendone l’assunto (là c’è una contessa che tradisce, qui c’è una traviata che sisacrifica e si santifica), la regia di Frazzi, così tradizionale e scolastica, ci restituisce un Risorgimento For Dummies (alla portata del pubblico di Raiuno) annegato in una salsa di retorica viscontiana. Ma l’idea più sfacciata e più trash, in un periodo in cui le prostitutenon godono di buona fama politica, è quella di trasformare la escort in un’eroina del Risorgimento: s’infila nei letti dei potenti solo per estorcerne informazioni preziose per l’unitànazionale! Come se oggi una soubrette andasse a letto con un capo leghista per ostacolare la secessione!

Una Traviata di seconda mano

(L’indice di Mirella Poggialini – L’Avvenire) Si considerano i risultati auditel o si valuta l’impressione? Perché di Violetta Raiuno, Traviata di seconda mano, male ispirata al romanzo di Dumas e mescolata a una confusa storia risorgimentale, si possono contare gli spettatori (nella prima puntata, domenica, sono stati 4.517.000. share 17,51%, saliti lunedì a 4.996.000, share 18,80%) , ma anche gli scarsi consensi: che invece avrebbero dovuto coronare la citazione di una vicenda famosa e l’emozione di una mitica storia d’amore. Qui di amore ne abbiamo visto poco: c’era, per la regia di Antonio Frazzi, una esagitata esibizione di furie passionali e di amplessi arditi, una bellissima Vittoria Puccini (nella foto) che mal interpretava la sua malattia mortale, un opaco comprimario, Rodolfo Guirao Diaz, belloccio e frenetico, che cercava di esprimere istericamente innamorata gelosia, un eccesso di primi piani enfatici e un ritmo convulso che cercava di mascherare il vuoto di una sceneggiatura logorroica e noiosa. Buoni gli altri, in verità, gli attori di contorno, più misurati e consapevoli, ma impossibilitati a dar vita a una storia coinvolgente: così che lo spettatore contemplava e non partecipava, estraniato da un’agitazione che negava l’emozione. Riprese lussuose su sfondi suggestivi non hanno sollevato le sorti di questa storia: forse perché vicende ormai divenute mito non accettano trasposizioni soggettive e modernizzazioni di ritmo. Affascinati ma non commossi, gli spettatori hanno comunque seguito le ripetitive scene di passione, in un clima di eccessiva ridondanza poco romantica. La ripresa di storie collaudate, il remake, è un rischio di cui la tv si è fatta tramite molto spesso soprattutto negli ultimi tempi: perché non osare intrecci originali, senza rappezzature e travisamenti inevitabili?

Povera Violetta, uno zombi con la tisi

(La Teledipendente di Stefania Carini – Europa) Paragoni Fino all’ultimo abbiamo sperato che Violetta uscisse da quella tomba. Come uno zombi. Succede quando si vede troppa tv, e la noia di una visione si mescola all’attesa di un’altra. Lunedì sera finiva nello strazio lo straziante Violetta, adattamento della celebre Signora delle Camelie di Dumas già Traviata di Verdi, aggiornamento di celebre mito (prostituta redenta). Su Fox invece iniziava la seconda stagione di The Walking Dead, adattamento di celebre fumetto, rifacimento di celebre mito (zombi). Imparagonabili? Certo. Non per l’argomento, bensì per la scrittura.

Operazioni L’operazione messa in atto con Violetta è triplice. Da una parte si sposta l’azione in Italia durante il Risorgimento, così da infarcire la narrazione con un “tema alto”, fingendo di fare Storia. D’altra si crea la solita cornice, ovvero il racconto nel racconto: un messo imperiale indaga su alcuni complottisti, si imbatte nelle lettere di Violetta e Alfredo, capisce che uno dei due è una spia. Ovviamente, è Violetta la Mata Hari in questione, che spiffera segreti della nobiltà a un conte votato alla causa italiana. Dunque, la celebre storia passionale vorrebbe farsi racconto storico espy story. Tanto valeva, appunto, regalarci anche un po’ di sano horror. In fondo Violetta (una Puccini dall’occhio perennemente lucido) tossisce a ogni ripresa, è già una morta che cammina. Ma c’è di più, c’è il lato neorealista: ecco il racconto dell’infanzia rubata alla tapina («Anche noi donne di tutti siamo state bambine»), ecco lei fanciullina che vive nelle baracche sul Po e viene venduta per poche lire a un losco figuro. Lo sceneggiatore Sandro Petraglia si avventa sul mito Violetta aggiungendo materiale superfluo, perdendo così di vista il vero dramma, un amore libero piegato infine alla morale borghese.

Differenze Gli zombie sono altro. Così vitali. Tanto che la prima puntata ha fatto il record di ascolti in America. C’è di mezzo la salvezza dopo l’apocalisse. Nella prima stagione, il poliziotto Rick Grimes si sveglia dal coma in un mondo pullulante di morti viventi, mutazione umana causata da misterioso virus. Ritrova moglie e figlio, deve vedersela con il suo amico che ha preso il suo posto in quella famiglia in più di un senso, è suo malgrado guida di un gruppo di sopravvissuti. Ora la caccia è ricominciata. L’horror si mescola al family drama. Se nelle serie apocalittiche di Spielberg (Falling Skies e Terra Nova), l’umanità conosce la speranza della ricostruzione, nella serie ispirata ai fumetti di Robert Kirkman (anche sceneggiatore e producer) conta solo sopravvivere, con l’ansia continua di essere braccati da chi una volta era come te. La speranza è solo l’unità del gruppo, sempre compromessa però dai bisogni e desideri dei singoli. Pietas per i vivi, pietas per i non-morti. Ecco la differenza: qui si scrive di zombi per scrivere di una precisa visione del mondo. Altro che la tosse della Puccini.


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