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Reazioni alla posizione di Hawking sull'origine dell'universo e su Dio: risposta al professor Benvenuti

Creato il 17 settembre 2010 da Andream
Il post «Reazioni alla posizione di Hawking sull'origine dell'universo e di Dio» mi ha permesso di iniziare uno scambio di commenti con Fabrizio e col professor Benvenuti. Credo che i commenti a quel post non siano il modo più adatto per mandare avanti il discorso, dati i limiti di dimensione dei commenti di blogspot, dunque approfitto e rispondo al professor Benvenuti in questo post.
«Vorrei interpretare correttamente quanto afferma. Premesso, come ho già detto, che non pretendo di "convertire" nessuno, e che la sto prendendo sul serio, vorrei essere anch'io essere preso sul serio. Lei trova interessantissimo il Prologo di Giovanni: non pensa che l'evangelista scrivendo ciò che ha scritto non fosse ispirato solo poeticamente ma "credesse" fermamente in quello che dice? come lui migliaia di pensatori di altissimo livello (inclusi molti scienziati) hanno elaborato le stesse "credenze". Credo che questo fatto è talmente notevole da essere preso dannatammente sul serio, se non altro come "fenomeno". Se poi non sono preso sul serio, non succede nulla di drammatico, ma mi riesce difficile mantenere una discussione costruttiva.»

Non mi riferivo alla serietà della fede, sua, dell'evangelista o di altri, mi riferivo alla serietà della pretesa che si chieda di credere al trascendente, con tutte le conseguenza che ne discende, senza fornire alcuna prova della sua esistenza. Non era mia intenzione mettere in dubbio la buona fede di nessuno, ma solo la validità dell'appello al trascendente in assenza di valide prove.
«Le stesse identiche considerazioni che evidenziano l'impossibilità di "provare" la trascendenza o l'esistenza di Dio, evidenziano anche l'impossibilità di provarne la non-esistenza, o meglio di provarne l'irrazionalità.»

Concordo con lei sul fatto che sia impossibile provare l'inesistenza di Dio e del trascendente, ma non mi pare un grosso problema: l'onere della prova ricade su chi ne afferma l'esistenza, non su chi la nega. E' chi sostiene l'esistenza di Nessie, per fare un esempio al di fuori della religione, che deve sostenere questo onere, che deve trovare le prove della sua esistenza; in assenza di prove è assolutamente lecito affermarne l'inesistenza (a titolo puramente informativo, la comprensione di questa differenza tra la prova positiva e quella negativa che mi ha fatto passare da una posizione agnostica ad una atea).
«Di fatto, l'atto di fede implica una decisione volontaria personale che pone la propria fiducia in qualcosa o qualcuno. Non sempre questa decisione si basa unicamente su "prove" razionali: pensiamo all'innamoramento tra due persone e la decisione di "fidarsi" l'una dell'altra. Se la decisione si potesse basare su "prove" inconfutabili, non ci sarebbero sorprese (in genere molto dolorose) quando la fiducia viene tradita. Dare fiducia è sempre una sfida, ma non per questo è da considerarsi "irrazionale". Tecnicamente infatti l'atto di fede cristiano è un atto volontario a-razionale, cioè non è basato "solo" su "prove razionali" ma non è neppura irrazionale. Perchè avvenga ci vuole un "incontro" personale: la fulminazione di Saulo sulla via di Damasco è forse l'esempio di incontro più eclatante, ma incontri più discreti, altrettanto efficaci sono possibili per tutti noi, basta fare spazio con pazienza e anche fatica perchè avvengano. E forse anche solo la ricerca o l'attesa e la stessa opposizione all'incontro, sono alla fine un incontro. Solo l'indifferenza e la superficialità lo possono impedire.»

Credo di comprendere quello che dice, ma sono lo stesso disorientato: lei sembra parlare di fede e fiducia in generale, io mi riferisco a quel genere particolare di fede che è esemplificata dalla fede religiosa, e in particolare nella fede nel Cristianesimo.
Mi porta l'esempio della decisione di fidarsi della persona amata, ma proprio il dolore conseguente alla scoperta che la propria fiducia è stata tradita, dolore frequente in questi casi, mi fa intuire che lei intende una sorta di fede "affettiva", uno stato di fiducia. E non credo che sia questo il caso della fede religiosa, dato che lei stesso dice che si tratta di un atto «non è basato "solo" su "prove razionali"»; dunque implica una componente "cognitiva". In altre parole, la fede religiosa non è tanto l'avere fiducia in qualcuno o qualcosa, ma piuttosto la fiducia nel fatto che talune cose siano vere: che Dio esiste, che Dio mi ama, che Dio ha creato l'universo, eccetera, fino alle credenze più elaborate. Ovviamente c'è una componente emotiva nella fede religiosa, ma quello che la rende differente dal semplice "amore per Dio" (per rifarmi al suo esempio dell'amore per un'altra persona) è proprio quel contenuto informativo che la fede religiosa porta con sé e che l'amore non ha.
Come ho detto in qualche altro commento, la parte emotiva della fede è per me del tutto legittima, ma la trovo meno interessante di quella cognitiva, e su quest'ultima vorrei concentrare la mia attenzione. Lei afferma che «l'atto di fede cristiano è un atto volontario a-razionale, cioè non è basato "solo" su "prove razionali" ma non è neppura irrazionale». Qui vorrei riepilogare i termini in gioco. Per "razionale" intendo un atto basato sull'esercizio corretto della ragione; per "a-razionale" un atto che non coinvolga la ragione in alcun modo; per "irrazionale" un atto che sia contrario all'esercizio corretto della ragione. Un esempio del primo tipo è la scelta di acquistare, tra due prodotti altrimenti uguali, del prodotto che costa di meno; un esempio del secondo tipo è la scelta del prodotto che ha il mio colore preferito rispetto a quello che ha un colore che non mi piace; mentre un esempio del terzo tipo sarebbe quello di scegliere il prodotto più costoso (e magari del colore che non mi piace).
A questo punto mi chiedo: l'atto di fede cristiano è un atto razionale, a-razionale o irrazionale? Razionale non può essere: se fosse così sarebbe una conoscenza come le altre, e non avrebbe bisogno di una categoria a parte. Lei afferma che si tratta di un atto a-razionale e che necessita di un "incontro", ma la mia impressione è che alla fine si tratti di una sensibilità personale (l'avere bisogno dell'incontro), e in quanto tale non possa essere portata a sostegno della verità di talune conoscenze.
«Questo è l'atto di fede dello scienziato: qualunque nuovo dato sperimentale scoprirò in futuro, sono certo (ho fede che) sarà inquadrabile in un modello razionale. Qual'è la "prova" di questo atto di fede? eppure io e lei ci crediamo fermamente. Certo, siamo confortati finora dall'esperienza storica, ma "razionalmente" non posso provare che sia necessariamente così. È affasciante chiedersi come mai la struttura logica del nostro pensare coincida con l'intrinseca "razionalità" del Cosmo.»

Naturalmente non posso dimostrare che tutti i fenomeni fisici futuri saranno spiegabili razionalmente, ma, anche grazie alla mia esperienza, posso dire che tra le due ipotesi alternative che ho a mia disposizione e che spiegano ugualmente bene i fatti - che vi sia un modello razionale dell'universo o che esso non vi sia, ma fin'ora tutto sembra adeguarvisi per puro caso - una è estremamente più probabile dell'altra. Similmente, a riguardo dell'esistenza di Dio, io ho due alternative: una che esista e una che non esista; ma nel primo caso devo supporre che questo Dio operi in modo che tutto va esattamente come se non esistesse (nel senso che posso pienamente spiegare i fenomeni attorno a me in accordo con l'ipotesi di inesistenza), e questo rende l'ipotesi-Dio estremamente improbabile.

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