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Recensione a basso costo: Il buio oltre la siepe, di Harper Lee

Creato il 11 agosto 2015 da Mik_94
Volevo che tu vedessi che cosa è il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente, e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda.
Recensione a basso costo: Il buio oltre la siepe, di Harper Lee Titolo: Il buio oltre la siepe Autrice: Harper Lee Editore: Feltrinelli Numero di pagine: 310 Prezzo: € 9,00 Sinossi: In una cittadina del "profondo" Sud degli Stati Uniti l'onesto avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa d'ufficio di un "negro" accusato di violenza carnale; riuscirà a dimostrarne l'innocenza, ma l'uomo sarà ugualmente condannato a morte. La vicenda, che è solo l'episodio centrale del romanzo, è raccontata dalla piccola Scout, la figlia di Atticus, un Huckleberry in gonnella, che scandalizza le signore con un linguaggio non proprio ortodosso, testimone e protagonista di fatti che nella loro atrocità e violenza non riescono mai a essere più grandi di lei. Nel suo raccontare lieve e veloce, ironico e pietoso, rivive il mondo dell'infanzia che è un po' di tutti noi, con i suoi miti, le sue emozioni, le sue scoperte.                                La recensione Recensione a basso costo: Il buio oltre la siepe, di Harper Lee Fino al giorno in cui minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?”  Ho letto il mio primo romanzo da cima a fondo – e dico leggere sul serio, senza barare o saltare direttamente agli ultimi capitoli: cose che si fanno, quando hai meno di dieci anni – nell'estate della terza elementare. Fate un po' i conti. Ricordo un lungo trasferimento, io, e settimane di mare blu senza compagni.  Con le porte della nuova scuola che avrei varcato solo di lì a qualche mese, i miei coetanei presi da compiti per le vacanze che – per quell'anno, col cambio di città – non erano affare mio e la strana fauna che popolava le spiagge libere – vecchietti artritici che rubavano la sabbia in una busta, per fare le sabbiature a casa; tardone in topless; una cantante di matrimoni sprecata e una cuoca di mezza età che lavorava in nero, sfruttata – avevo cercato per la prima volta la compagnia di un libro. Un classico americano, adatto a grandi e piccoli, recuperato su una bancarella – in vacanza ad Agrigento, in un momento in cui la solitudine aveva avuto lo stesso aspetto – e lasciato poi a metà. Quella volta mi ci misi d'impegno e lo finii. Di leggere non avrei più smesso – e leggere divenne così un verbo sempre coniugato al presente, a casa mia – e, molte estati dopo, diciamo questa estate qui, mi sarebbero tornate in mente con immancabile nostalgia Le avventure di Tom Sawyer sfogliando Il buio oltre la siepe
Sarà che da allora, più o meno, non esploro il profondo sud della letteratura americana. Sarà che quest'estate caldissima è caldissima proprio come l'estate della mia prima lettura - e chiamo a testimonianza, nel dirlo, i servizi di Studio Aperto e la memoria di ferro di papà – e che i giochi, le fantasie, le monellerie di Tom e Huck Finn erano le stesse sperimentate, qualcosa come cinquant'anni dopo, dai fratelli Finch, in un altro classico americano – solo successivo –, in un'altra avventura – solo dalla morale maggiormente manifesta -, in un volume un po' giallo ma ben tenuto, acquistato presso un altro mercatino. Harper Lee mi ha ricordato Mark Twain. Con il sud caloroso e caratteristico, i bambini e i loro passatempi, l'infanzia e i suoi misteri.  Recensione a basso costo: Il buio oltre la siepe, di Harper Lee Alla luce del giorno, tutto appare migliore. Le tenebre si diradano e quel che faceva paura appare d'improvviso innocuo. Diverso. E io immaginavo diverso Il buio oltre la siepe, romanzo citatissimo in cui – ora in un libro (la magica saga di Beautiful Creatures, magari), ora in un altro – indirettamente continuavo ad imbattermi. Coincidenze? Cosa nota però il mio fastidio verso quei romanzi che, in mancanza di definizioni calzanti, definisco a tesi. Ma ci capiamo. I temi della persecuzioni, dei movimenti razziali, dei diritti civili. Scritti, sempre o quasi, per arrivare al punto, a tavolino, quando il calendario ci suggerisce che è tempo di tragiche ricorrenze e giornate per ricordare. Pensati per il cinema e dunque per l'Oscar: la carta del razzismo non lascia indifferenti, fateci caso. Quest'anno Selma, lo scorso 12 anni schiavo e, non allontanandoci troppo nel tempo, Django Unchained e The Help. Barare. Vincere facile. Lucrare sulle lacrime e sul sangue. Almeno per me che – a onor del vero -, sono il supremo avvocato delle cause perse e il re dei bastian contrari. Ma ci sono modi e modi, ovviamente, per raccontare un problema. Dalla fastidiosa piaggeria a quella delicatezza che non è mai abbastanza.  Recensione a basso costo: Il buio oltre la siepe, di Harper Lee Non che nutrissi irragionevoli dubbi, ma la storia della Lee – premio Pulitzer, lettura imprescindibile dal seguito annunciato, film pluripremiato con Gregory Peck – rappresenta il modo giusto. Il tema era attuale – e perché, adesso no? - e la semplicità premiava. Il bello del romanzo, infatti, era il non limitarsi a parlare del divario sociale tra bianchi e neri; di colori che – davanti a occhi miopi, ottusi, provinciali – non si amalgamavano. Il processo annunciato dalle quarte di copertina – che a mio avviso dicono tutto e niente, e forse un po' troppo – occupa un terzo appena di una storia lunga trecento pagine. Il buio oltre la siepe ha regali ritrovati nell'incavo di un albero, amici cari che ritornano soltanto per la vacanze, un caso che tiene i padri lontano da noi. Così, a fare da tata a quei due bambini che si vedono già grandi, la ribelle Scout e il coscienzioso Jem, una zia a cui nulla sfugge. E ha, ancora, l'indimenticabile Atticus Finch – papà, vedovo, avvocato a tempo pieno, che crede nella saggezza dei suoi due pargoli, nelle cure della preziosa Calpurnia, nel bene – e la scoperta, nell'età in cui imparavo ad amare ciò leggevo, dell'ingiustizia. Se il nostro titolo fa infatti riferimento al superamento del pregiudizio – alla siepe “che da tanta parte dell'ultimo orrizzonte il guardo esclude” -, quello originale, To Kill a Mockingbird, parla del fare fuoco su un passerotto, sullo sprovveduto Tom Robinson. Traditi, entrambi, da un canto acuto ma gentile che mette sull'attenti bracconieri rissosi. Sbirciare perciò cosa accade. Oltre la balaustra, dove si sta tenendo un estenuante processo. Oltre il confine di casa nostra, dove vive Boo Radley, fragile e misantropo. Quando il colore della pelle vince sulla verità, quando la fantasia dei piccoli trasforma l'ignoto in leggenda metropolitana. Un romanzo diverso dal previsto – meno scolastico e più lieve, universale e a tratti ironico, grazie ai colpi di testa di una narratrice spassosissima – che è imprevisto e familiare. Ma così conosciuto, così omaggiato, da sottrarre purtroppo un po' il piacere – e la sorpresa - alla lettura, per forza di cose. D'altri tempi; scritto con spirito vitale e stile che non passa. Il mio voto: ★★★½ Il mio consiglio musicale: Common, John Legend – Glory

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