Volevo che tu vedessi che cosa è il vero
coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in
mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora
di cominciare, e cominciare egualmente, e arrivare sino in fondo,
qualsiasi cosa succeda.
Titolo:
Il buio oltre la siepe
Autrice:
Harper Lee
Editore:
Feltrinelli
Numero
di pagine: 310
Prezzo:
€ 9,00
Sinossi:
In
una cittadina del "profondo" Sud degli Stati Uniti l'onesto
avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa d'ufficio di un
"negro" accusato di violenza carnale; riuscirà a
dimostrarne l'innocenza, ma l'uomo sarà ugualmente condannato a
morte. La vicenda, che è solo l'episodio centrale del romanzo, è
raccontata dalla piccola Scout, la figlia di Atticus, un Huckleberry
in gonnella, che scandalizza le signore con un linguaggio non proprio
ortodosso, testimone e protagonista di fatti che nella loro atrocità
e violenza non riescono mai a essere più grandi di lei. Nel suo
raccontare lieve e veloce, ironico e pietoso, rivive il mondo
dell'infanzia che è un po' di tutti noi, con i suoi miti, le sue
emozioni, le sue scoperte.
La recensione
“Fino
al giorno in cui minacciarono di non lasciarmi più leggere, non
seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?”
Ho
letto il mio primo romanzo da cima a fondo – e dico leggere sul
serio, senza barare o saltare direttamente agli ultimi capitoli: cose
che si fanno, quando hai meno di dieci anni – nell'estate della
terza elementare. Fate un po' i conti. Ricordo un lungo
trasferimento, io, e settimane di mare blu senza compagni.
Con le
porte della nuova scuola che avrei varcato solo di lì a qualche
mese, i miei coetanei presi da compiti per le vacanze che – per
quell'anno, col cambio di città – non erano affare mio e la strana
fauna che popolava le spiagge libere – vecchietti artritici che
rubavano la sabbia in una busta, per fare le sabbiature a casa;
tardone in topless; una cantante di matrimoni sprecata e una cuoca di
mezza età che lavorava in nero, sfruttata – avevo cercato per la
prima volta la compagnia di un libro. Un classico americano, adatto a
grandi e piccoli, recuperato su una bancarella – in vacanza ad
Agrigento, in un momento in cui la solitudine aveva avuto lo stesso
aspetto – e lasciato poi a metà. Quella volta mi ci misi d'impegno
e lo finii. Di leggere non avrei più smesso – e leggere divenne
così un verbo sempre coniugato al presente, a casa mia – e, molte
estati dopo, diciamo questa estate qui, mi sarebbero tornate in mente
con immancabile nostalgia Le avventure di Tom Sawyer sfogliando
Il buio oltre la siepe.
Sarà che da allora, più o meno, non esploro il profondo sud della
letteratura americana. Sarà che quest'estate caldissima è
caldissima proprio come l'estate della mia prima lettura - e chiamo a
testimonianza, nel dirlo, i servizi di Studio Aperto e la memoria di
ferro di papà – e che i giochi, le fantasie, le monellerie di Tom
e Huck Finn erano le stesse sperimentate, qualcosa come cinquant'anni
dopo, dai fratelli Finch, in un altro classico americano – solo
successivo –, in un'altra avventura – solo dalla morale
maggiormente manifesta -, in un volume un po' giallo ma ben tenuto,
acquistato presso un altro mercatino. Harper Lee mi ha ricordato Mark
Twain. Con il sud caloroso e caratteristico, i bambini e i loro
passatempi, l'infanzia e i suoi misteri.
Alla luce del giorno, tutto
appare migliore. Le tenebre si diradano e quel che faceva paura
appare d'improvviso innocuo. Diverso. E io immaginavo diverso Il
buio oltre la siepe, romanzo
citatissimo in cui – ora in un libro (la magica saga di Beautiful
Creatures, magari), ora in un
altro – indirettamente continuavo ad imbattermi. Coincidenze? Cosa
nota però il mio fastidio verso quei romanzi che, in mancanza di
definizioni calzanti, definisco a tesi. Ma ci capiamo. I temi della
persecuzioni, dei movimenti razziali, dei diritti civili. Scritti,
sempre o quasi, per arrivare al punto, a tavolino, quando il
calendario ci suggerisce che è tempo di tragiche ricorrenze e
giornate per ricordare. Pensati per il cinema e dunque per l'Oscar:
la carta del razzismo non lascia indifferenti, fateci caso.
Quest'anno Selma, lo
scorso 12 anni schiavo
e, non allontanandoci troppo nel tempo, Django Unchained
e The Help. Barare.
Vincere facile. Lucrare sulle lacrime e sul sangue. Almeno per me che – a onor del vero -, sono il supremo avvocato delle cause
perse e il re dei bastian contrari. Ma ci sono modi e modi,
ovviamente, per raccontare un problema. Dalla fastidiosa piaggeria a
quella delicatezza che non è mai abbastanza.
Non che nutrissi
irragionevoli dubbi, ma la storia della Lee – premio Pulitzer,
lettura imprescindibile dal seguito annunciato, film pluripremiato
con Gregory Peck – rappresenta il modo giusto. Il tema era attuale
– e perché, adesso no? - e la semplicità premiava. Il bello del
romanzo, infatti, era il non limitarsi a parlare del divario sociale
tra bianchi e neri; di colori che – davanti a occhi miopi, ottusi,
provinciali – non si amalgamavano. Il processo annunciato dalle
quarte di copertina – che a mio avviso dicono tutto e niente, e
forse un po' troppo – occupa un terzo appena di una
storia lunga trecento pagine. Il buio oltre la siepe
ha regali ritrovati nell'incavo
di un albero, amici cari che ritornano soltanto per la vacanze, un
caso che tiene i padri lontano da noi. Così, a fare da tata a quei
due bambini che si vedono già grandi, la ribelle Scout e il
coscienzioso Jem, una zia a cui nulla sfugge. E ha, ancora, l'indimenticabile Atticus Finch – papà, vedovo, avvocato a tempo
pieno, che crede nella saggezza dei suoi due pargoli, nelle
cure della preziosa Calpurnia, nel bene – e la scoperta,
nell'età in cui imparavo ad amare ciò leggevo,
dell'ingiustizia. Se il nostro titolo fa infatti riferimento al
superamento del pregiudizio – alla siepe “che da tanta parte
dell'ultimo orrizzonte il guardo esclude” -, quello originale, To
Kill a Mockingbird,
parla del fare fuoco su un passerotto, sullo sprovveduto Tom
Robinson. Traditi, entrambi, da un canto acuto ma gentile che mette
sull'attenti bracconieri rissosi. Sbirciare perciò cosa accade. Oltre la
balaustra, dove si sta tenendo un estenuante processo. Oltre il
confine di casa nostra, dove vive Boo Radley, fragile e misantropo.
Quando il colore della pelle vince sulla verità, quando la fantasia
dei piccoli trasforma l'ignoto in leggenda metropolitana. Un romanzo
diverso dal previsto – meno scolastico e più lieve, universale e a
tratti ironico, grazie ai colpi di testa di una narratrice spassosissima –
che è imprevisto e familiare. Ma così conosciuto, così
omaggiato, da sottrarre purtroppo un
po' il piacere – e la sorpresa - alla lettura, per forza di cose.
D'altri tempi; scritto con spirito vitale e stile che non passa.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Common, John Legend – Glory