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Recensione a basso costo [libro e film]: Come Dio comanda, di Niccolò Ammaniti

Creato il 17 agosto 2015 da Mik_94
Io e te siamo attaccati a un filo. E tutti lo vogliono spezzare. Ma nessuno ci riuscirà. Io sarò sempre con te e tu sarai sempre con me. E io aiuterò te e tu aiuterai me. Con il cervelletto che ti ritrovi non capisci che non bisogna mai mostrare la gola? Pensa alle tartarughe, alle loro corazze. Pensa che devi essere così forte che nessuno ti può fare male.
Recensione a basso costo [libro e film]: Come Dio comanda, di Niccolò Ammaniti Titolo: Come Dio comanda Autore: Niccolò Ammaniti Editore: Piccola Biblioteca Oscar Mondadori Numero di pagine: 478 Prezzo: € 10,00 Sinossi: Premio Strega 2007. Rino e Cristiano Zena sono padre e figlio. Rino ha trentasei anni ma ne dimostra cinquanta, è ostinato, violento e xenofobo, ma adora suo figlio. Cristiano ha tredici anni, è timido, alto e sottile, e sa che quel padre ubriacone e "buono a nulla" è la sola persona su cui può contare. Vivono in una periferia del nord-est, tra desolazione e centri commerciali. Soli contro il mondo, hanno per amici due tipi strani, Quattro Formaggi e Danilo. È con questi che Rino organizza la rapina che dovrà riscattare le loro vite. La notte del colpo, però, si scatena un furioso temporale, e una ragazzina bionda apparsa dalle tenebre e dal fango fa deviare i destini di tutti.
                          La recensione Recensione a basso costo [libro e film]: Come Dio comanda, di Niccolò Ammaniti La neve che si farà fango sotto la suola delle scarpe, chilometri e chilometri di strade deserte e, in lontananza, oltre il cancello di una fabbrica chiusa per la notte, un cane che non smette un po' di abbaiare. Presto sarà giorno e forse, domani, che poi è già oggi, niente scuola, se il gelo dura. Ma Cristiano si alza dal letto e, mettendo in pratica l'ultima lezione di suo padre, taglia per la statale vuota – col pigiama a scacchi ormai fradicio – e spara. Bang: onomatopea di una detonazione secca nel cuore del buio. Il proiettile fa centro e il cane smette di uggiolare, attaccato alla sua catena: padre e figlio si sono esercitati a far fuoco alle lattine di birra, qualche tempo prima, ma la mano non trema e, anche con un bersaglio vivente, il colpo di Cristiano è perfetto. Ha avuto un grande maestro. Insegnamenti paterni e eredità familiari. Ci si applica con solerzia, in casa Zena e dintorni, al culto della violenza. Così, tra rabbia e stupore, ha inizio Come Dio comanda: storia di affetto simbiotico e prevaricazione, su uomini senza donne e rari momenti che ti segnano, nonché secondo romanzo di Ammaniti che leggo – dopo Io e te, racconto di cento pagine scarse che aveva lasciato, a sorpresa, più strascichi emotivi del previsto -; si vocifera, inoltre, sia uno dei migliori della sua carriera di autore amato e a volte incompreso, puntualmente corteggiato da chi fa il cinema coraggioso. Acquistato una vita fa a metà prezzo, quando i giorni precedenti al Ferragosto hanno portato il cattivo tempo e la gente qualunque si crucciava per la minaccia atmosferica incombente e i picnic nei prati in pericolo mortale (avete visto, poi, quanto brillava alto il sole, il quindici?), mi sono seduto al coperto – con un orizzonte di nubi temporalesche e catasfrofi dalla mia parte – e ho iniziato il romanzo che, sulla copertina originale, aveva cieli a lutto, fulmini e saette. La mia edizione, l'ennesima ristampa, era di un angoscioso giallo evidenziatore e aveva denti digrignati, gente con la rabbia, inquietanti disegni tribali. Tutto comunque a tema; soprattutto i tuoni grevi che, ora lontano, ora vicino, facevano da accompagnamento musicale live. E la pioggia non è voluta cadere, per me che sono amico stretto dell'inverno, ma illusioni di acquazzoni furibondi e falsi allarmi sono risultati abbastanza. Nella bella stagione, mi sono trovato una brutta parentesi – o forse quella perfetta? - per dedicarmi a una lettura forte e crudele che ha richiesto la presenza di un cielo che spirasse contro e l'aiuto di litri di sangue freddo. 
Recensione a basso costo [libro e film]: Come Dio comanda, di Niccolò Ammaniti E io, a dirla tutta, lo sapevo sotto sotto che questo Ammaniti – scoperto una volta e mai approfondito, conosciuto più come sceneggiatore che per altro – fosse nelle mie corde scordate, coi suoi suoni stridenti, lo stile scarno, le immagini forti; inutile spiegarsi, però, i misteriosi perché dei miei continui rimandi. Questione di momenti propizi e provvidenza divina. Una periferia desolante spazzata dalla burrasca, il pensiero di un tesoro in un Bancomat al di là dell'arcobaleno, Cappuccetto Rosso in Vespa che s'incamminano nel folto del bosco, notte di balordi – e lupi famelici. Quando Noè costruisce la sua arca, durante il Diluvio Universale, lasciando fuori cinque disgraziati: un padre naziskin e quel figlio verso cui nutre tutto l'amore del mondo; lo scemo del villaggio, che tiene su il presepe anche ad agosto e ha il nome del gusto di pizza che più preferisce; un divorziato che, con il colpo del secolo nella tempesta del secolo, spera di riconquistare la fiducia della sua famiglia; un assistente sociale traditore, beccato a letto – dalla folgore – con la moglie del migliore amico. L'acqua cheta roderà i ponti e ognuno di loro, dopo un crimine che li renderà protagonisti di una storia crudele, dovrà fare i conti con il proprio passato; quanto costa caro il perdono? E la felicità, che appare impossibile? Nel trasformarsi in film – frutto dell'ennesima collaborazione tra Ammaniti e Salvatores, coppia collaudata quasi quanto quella dei coniugi felici Castellitto e Mazzantini -, Come Dio comanda perde parte della sua folgorante dimensione corale – tra tagli, ellissi e personaggi, come quel Danilo la cui vita è una strada senza uscita, che mancano proprio – ma finisce per essere uno dei più originali e interessanti esempi di cinema italiano degli ultimi anni. 
Recensione a basso costo [libro e film]: Come Dio comanda, di Niccolò Ammaniti Le pagine più surreali e oscure, infatti, coi dialoghi esigui, il buio impenetrabile e innocue canzoni d'amore che diventano un viscido leitmotiv, grazie a una fotografia pesta e a un ottimo montaggio sonoro, vanno a costruire una parte centrale dettagliata e calzante, saltata direttamente fuori dai passaggi più crudi del romanzo per azzannarti al collo. Mostrando un Salvatores mai uguale a sé stesso, a proprio agio coi toni horror così come con i tentativi primigeni di cinecomic all'italiana, e direttore di un cast tra cui figurano un paio di grandi nomi del nostro sottovalutato cinema. Ridimensionare la portata del racconto, rinunciare a qualche comprimario per questione di spazio, non appare una scelta poi troppo imprudente, se hai a disposizione due che – per selezione naturale – sono destinati a essere sempre protagonisti. Filippo Timi, massiccio e con la voce altisonante, capace di percosse e tenerezza, ha un personaggio tutto contraddizioni – e forti emozioni - che sembra scritto pensando a Taxi Driver. Elio Germano, con il ruolo di Quattro Formaggi, dinoccolato e imprevedibile clochard che gli permette di essere più sopra le righe del normale, esagera con tic e balbuzie con la tipica naturalezza di cui ormai lo sappiamo capace. Con loro, un Fabio De Luigi dal ruolo fortemente ridimensionato – e forse per fortuna, perché il comico nostrano e il drammatico non sembrano in particolare intimità – e l'esordiente Alvaro Caleca, bambino che sa reggere, spesso tutto solo, la scena. Una storia di figli di un Dio minore – abbandonati, diseredati, miserabili – diventa, per esigenze di copione, un caso di cronaca nera e un'agrodolce vicenda domestica, in cui manca qualcosa – soprattutto qualcuno – ma non un lato tecnico all'avanguardia e interpretazioni credibili; non lo spirito indocile del fulmine. Ammaniti alla sceneggiatura, per forze di cose, rinuncia al dono dell'onniscienza: come il Padre eterno o gli angeli custodi, lui sa. Ti ha creato. Ti sta fisso alle costole. Sfiora le sue creature – anche quelle di passaggio, semplici comparse nel mucchio – e ne fa una scansione del profondo. Così, in cinquecento pagine pulp e scattanti, di quelle che se fossi in pubblico avresti bisogno di tornare a casa - sennò mi metto a piangere, dici; sennò vomito -, pioggia d'antico testamento, piaghe bibliche, tunnel senza luce e pozzi senza fondo. Mentre nel mondo, contorta foresta di simboli, ci si interroga sul senso di Dio – è Lui che ci ordina di tentare ancora, di essere migliori, di tornare a respire, di smettere di farlo? – e ci si prepara a cuore aperto agli squilli di tromba conclusivi, per essere giudicati innocenti o colpevoli un'ultima volta.  Pronti alla giustizia cieca dei giudizi universali. 
Come Dio comanda, terroso noir sullo sfondo delle industrie pesanti del nord est, col cuore caldo e le mani fredde, con una mole che pesa e una scrittura che si beve, è l'esperienza più intensa e difficile di quest'estate. Potente, tanto da meritarsi un bolletino meteo avverso tutto per sé.  Il mio voto: ★★★★½    Il film: 7+ Il mio consiglio musicale: R.E.M - Losing My Religion


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