Mentre sabato notte guardavo Alabama Monroe – Una storia d’amore di Felix Van Groeningen, la mia mente andava a La grande bellezza di Paolo Sorrentino (sì, ancora!!!).
Ovviamente, ne avrei ancora da dire a chi ha scritto e detto che il film non vale un cazzo e che non si meritava l’Oscar (mi trattengo perché sono in fascia protetta e perché non voglio abusare della vostra infinita o limitata pazienza).
Ora, non dico che Alabama Monroe – Una storia d’amore sia un film tremendo, ci mancherebbe ma, non ha sicuramente lo stesso raffinato stile in cui noi critici cinematografici ci siamo imbattuti guardando il film di Sorrentino… E infatti, non mi spiego perché il César al miglior film straniero sia andato a questo titolo e non a noi… Antipatia personale da parte della Francia? Invidia? Po’ esse!
Per farvi capire: è una comune storia d’amore, particolarmente drammatica, coraggiosa e ben equilibrata fra amore e morte.
L’amore è rappresentato dai flashback che narrano la nascita di una storia romantica fra una tatuatrice-cantante e un contadino-cantante e la morte, invece, dai crudi momenti di malattia della loro unica figlia e dal conseguente trapasso+ elaborazione del lutto. Il tutto contornato da una polemica sacrosanta contro coloro che, per idee religioso, privano della libertà chi invece non segue la loro fede.
Senza dubbio un occhio di riguardo è per la musica di Bjorn Eriksson e, in secondo luogo, per il cast principale (la bellissima Veerle Baetens… e d’ora in poi guai a chi me la tocca…, Johnah Helbenbergh… anche sceneggiatore del film con Mieke Dobbels, e Nell Cattrysse).
Meritava di essere candidato all’Oscar? Diciamo: insommina. Diciamo… ma si potrebbe anche urlarlo!
Fabio Secchi Frau
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