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[Recensione] A proposito di Davis (dei Fratelli Coen, 2014)

Creato il 17 febbraio 2014 da Frank_romantico @Combinazione_C
[Recensione] A proposito di Davis (dei Fratelli Coen, 2014)
Di solito quando esce un nuovo film dei fratelli Coen, tanto per i cinefili quanto ormai per gli appassionati di ogni tipo si tratta di un evento da non perdere. Credo che questo succeda da più o meno Non è un paese per vecchi, che ha aperto la strada verso i due fratellini a tutti, chi più chi meno a loro agio con un certo tipo di cinema autoriale (perché, è bene ricordarlo, i Coen sono autori).
Immagino però la faccia dello spettatore (che da ora in poi chiamerò) qualunque di fronte ad un film come A proposito di Davis (in originale Inside Llewyn Davis). A dire il vero immagino anche la faccia dello spettatore cinefilo, dei fan dei Coen e di chi ama un certo tipo di cinema strettamente legato alla musica. E forse proprio l'ascoltatore di musica folk sarà quello che più apprezzerà un film che dalla sua ha dei pregi puramente tecnici ma, contro di lui, dei difetti puramente narrativi. Se li vogliamo chiamare difetti, io direi più un'identità particolare ed ostica.
Llewyn Davis è un cantante folk che, inseguendo il successo e alla ricerca ogni notte di un tetto sotto cui dormire, vaga per l'america alla ricerca del riscatto artistico. In compagnia di un gatto.
[Recensione] A proposito di Davis (dei Fratelli Coen, 2014)
Io trovo la musica folk. alla lunga, noiosa. Tra gli anni '50 e i '60 la musica folk non era granché apprezzata in generale, vista come musica da locale e da una botta e via, non destinata al successo se non tra quelli dell'ambiente, musica da pochi soldi buona per chi aveva una storia da raccontare e l'abilità di mettere due accordi uno dietro l'altro. Non la pensa così Llewyn Davis, narcisistico artista bohemienne che aspira alla musica come stile di vita e non semplice mezzo per il successo. Uno che sputa addosso alla musica commerciale, che suona quel che non gli piace solo per tirare a campare ma che spera, costantemente anche se non lo da a vedere, che il proprio talento venga riconosciuto. Davis non cambia, rimane sempre uguale a se stesso. Lo stesso film non è altro che un cerchio che si chiude semplicemente per riaprirsi (oppure è altro, ma ci torneremo tra poco). Si tratta di continuità, ciò che rende l'esistenza del protagonista un tirare a campare con la speranza che le cose accadano solo perché lui le merita.
[Recensione] A proposito di Davis (dei Fratelli Coen, 2014)
Tecnicamente A proposito di Davis è un film ineccepibile. I movimenti di camera sono pressoché perfetti, quasi la mdp seguisse il protagonista (interpretato da un Oscar Isaac con gli occhi più tristi che abbia mai visto e una voce impeccabile) accompagnandolo con aria indolente e la freddezza spietata dello stesso spettatore. Perché Davis è un personaggio negativo, che non fa nulla se non nutrirsi di quelli che lo circondano - e che lio disprezza - che fugge, che è egoista, che non si adatta e, non adattandosi, rischia di morire. La sua è un'odissea che non porta da nessuna parte. Tutto questo è sublimato anche dalla splendida fotografia di Bruno Delbonnel, cupa, fredda, opaca. E le musiche? Le musiche sono un accompagnamento tanto sonoro quanto narrativo, imbrigliate nel DNA diel film, nella voce dell'isterica Carey Mulligan e di un sorprendente Justin Timberlake. In tutto questo stupisce un'ironia ancora più catartica, ancora più velata, grottesca solo nelle forme di uno strabiliante John Goodman e del suo fido assistente, fredda anch'essa nella propria spietata critica. Il film si muove, vive e scivola sotto un sole che sembra non riscaldare più nessuno e una neve che penetra nei vestiti e nelle ossa. E questo lo rende un'opera di indicibile nichilismo.
[Recensione] A proposito di Davis (dei Fratelli Coen, 2014)
Peccato che, narrativamente, non vada da nessuna parte. Peccato che il viaggio riesca persino ad apparire insensato. Che si perda, direbbe qualcuno che non conosce i Coen. Quello che potrebbe sembrare un lungo flashback in realtà è il percorso di un uomo che non sa dove andare, sperduto in un mondo che sta cambiando attorno a lui e che, lui, non capisce. E solo una lettura cabalistica potrebbe spiegare quel che sembra un esercizio di stile: l'idea che l'uomo si muova, evolvendosi, attraverso tappe circolari che aggiungono qualcosa di nuovo alla sue essenza elevandola verso Dio ovvero verso la perfezione.  Ma Davis, escluso dal tempo, si muove sperduto come un bambino in un mondo in cui può vivere solo ai margini. Fuori tempo massimo, come una canzone folk che non è né nuova né vecchia, schiacciato dal nuovo che avanza (Bob Dylan). E allo stesso modo si potrà sentire lo spettatore, escluso da un film che non fa nulla per fagocitarlo, forse troppo concentrato su se stesso. Il rischio sarà la noia e il non capire perché, se c'è un perché, né dove trovarlo.
[Recensione] A proposito di Davis (dei Fratelli Coen, 2014)

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