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Recensione: American Sniper

Creato il 03 gennaio 2015 da Justnewsitpietro

Recensione: American Sniper
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american sniper clint eastwood

Uscita nelle sale: 01 Gennaio 2015

Regia: Clint Eastwood

Cast: Bradley Cooper, Sienna Miller, Cory Hardrict, Jake McDorman, Navid Negahban, Luke Grimes, Kyle Gallner, Owain Yeoman, Brian Hallisay, Sam Jaeger, Eric Close, Bill Miller, Max Charles, Tom Stern

Produzione: Usa

Genere: Azione, Drammatico

Durata: 132 min.

Benché non mi andasse particolarmente a genio una buona parte del cinema di Clint Eastwood, a giugno dell’anno scorso, quando uscì nelle sale nostrane, rimasi talmente folgorato dalla bellezza del suo Jersey Boys da non poter fare a meno di classificarlo come terzo miglior film del 2014. Il 2015 non fa neanche in tempo a vestirsi decentemente che nonno Clint se ne esce al cinema con un’altra importante pellicola, American Sniper, tratta dalla storia vera di Chris Kyle, cecchino statunitense degli US Navy Seals durante la guerra in Iraq.

Dovete sapere che io ho un rapporto molto difficile con il suddetto regista, un rapporto di odi et amo di catulliana memoria durante il quale l’astio ha più volte prevaricato l’indulgenza e l’amore nei suoi confronti. Il sottoscritto, infatti, vede il signor Eastwood come un vecchietto cantastorie, autoreferenziale, didascalico, retorico e infantile nel raccontare le proprie vicende personali. Clint Eastwood è paragonabile ad Abe Simpson, il nonno di casa Simpson. L’unica differenza è che mentre sono davvero in pochi ad ascoltare Abe, se non nessuno, ad apprezzare ed osannare il regista sono davvero, davvero tanti, troppi per i miei gusti. D’altro canto c’è da dire che non solo con Jersey Boys, ma anche con American Sniper ho dovuto considerarmi un eastwoodiano.

Sulla scia di ben noti capolavori bellici come The Hurt Locker, Salvate il soldato Ryan o Black Hawk Down, American Sniper di Clint Eastwood ripercorre la vita del cecchino americano Kyle, autore di un’omonima autobiografia da cui il film è tratto. “Ci sono tre tipi di persone: le pecore, i lupi e i cani pa-store” insegna il padre al piccolo Chris e al fratello, “e voi dovete essere dei cani da pastore”, soccorritori delle persone più care, più deboli e indifese. Una volta adulto, abbandonato il rodeo texano, Chris decide di servire il proprio paese, l’America, e i suoi connazionali, gli americani, sottomessi alla violenza del terrorismo islamico. Si arruola nei Navy Seals, diventa cecchino e, lasciata in patria la moglie incinta, parte per l’Iraq, consapevole di essere schiavo del proprio dovere morale di cittadino americano difensore della propria nazione.

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I primi dieci minuti di American Sniper sono tra i più intensi che io abbia mai visto. Solo Flight di Zemeckis aveva suscitato in me le medesime sensazioni ansiogene e terribilmente inquietanti. La primordiale sequenza in cui Chris, col fucile in mano e il mirino puntato su una donna e sul proprio bambino, deve decidere, sudante poiché ancora vergine d’uccisioni, se sparar a loro o meno, è davvero agghiacciante, nonché creatrice di una tensione fisica e psicologica che di rado ho provato nel corso della mia esperienza cinematografica. Per non parlare poi della sottilissima analisi introspettiva che Eastwood compie sul suo protagonista, continuamente terrorizzato dagli incubi della propria esperienza bellica, morbo esiziale che lo ossessiona a tal punto da non poterne più fare a meno. Eastwood mostra come l’inferno e l’orrore della guerra, una volta che siano stati vissuti direttamente, soprattutto se in prima persona, possano tramutarsi facilmente e velocemente non solo in una mera dipendenza fisica, ma addirittura in una etica e morale. Chi nasce cane da pastore, muore cane da pastore. Non sarà mai né pecora né lupo, ma anteporrà, egoisticamente, il bisogno personale di difendere i soprusi a quello di curare se stessi.

In conclusione, American Sniper di Clint Eastwood è un grandioso film bellico, che, attraverso un ritmo e un montaggio rispettivamente serrato e isterico, ha il grande pregio di criticare l’orrore della guerra non attraverso immagini raccapriccianti di cadaveri e corpi dilaniati, bensì attraverso l’impatto psicologico che una simile esperienza ha sull’essere umano, fragile di fronte all’ingiustizia e all’incompletezza del proprio mondo cui è quotidianamente sottoposto. Chris Kyle è stato un grande modello americano per un grande film su uno dei periodi più bui e cupi della storia degli Stati Uniti d’America.

Trailer:

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