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Recensione: Aristotele e Dante scoprono i segreti dell'universo, di Benjamin Alire Saenz

Creato il 15 luglio 2015 da Mik_94
Avevo deciso che mi sarei fatto chiamare Ari. Aggiungendo una lettera, il mio nome diventava Aria. Sarebbe bello essere Aria. Essere qualcosa e niente allo stesso tempo. Essenziale, ma anche invisibile
Recensione: Aristotele e Dante scoprono i segreti dell'universo, di Benjamin Alire SaenzTitolo: Aristotele e Dante scoprono i segreti dell'universo Autore: Benjamin Alire Saenz Editore: Loescher Editore Numero di pagine: 320 Prezzo: € 12,20 Sinossi: Di solito i romanzi parlano di protagonisti “normali” che vivono avventure straordinarie. Questo è un romanzo al contrario, che ci rivela quanto è normale la vita di due ragazzi “speciali”: Aristotele e Dante. Dall’estate del 1987, nella città di El Paso, in Texas, seguiremo la più sensazionale delle scoperte umane: la crescita. Dal microcosmo della famiglia – con le sue regole, i suoi silenzi e le sue rigidità – al ring della scuola, fino allo sconfinato orizzonte della “vita di fuori”, quella che attende tutti tra aspettative e paure. Aristotele e Dante scopriranno i segreti dell’universo dentro se stessi, e finalmente accetteranno di amarsi.                                                  La recensione Recensione: Aristotele e Dante scoprono i segreti dell'universo, di Benjamin Alire Saenz "Ci potevi trovare tutti i misteri dell'universo, in una mano." Capisco che è importante quello che faccio in momenti come questo. In giornate come questa. Quando basta una foto postata su Facebook, e perdipiù in domeniche caldissime che tengono la maggioranza dei lettori lontano dal computer, per generare il passaparola e commenti a fiumi, che mi fanno vibrare il cellulare – incaricato di aggiornarmi puntualmente sulle singole notifiche – ogni due minuti, distogliendomi da cose che dovrei ripetere ma tanto non voglio già di mio. Così mi stoppo, lascio che il ventilatore spazzi via i miei appunti, vengo a leggere cosa avete da scrivermi voi che mi leggete. E che questo Aristotele e Dante lo aspettavate da sempre, ma non sapevate fosse già qui: arriva quieto, infatti, il più quieto – e profondo, e delicato, e ironico – dei romanzi young adult di quest'anno. Ma, nonostante la sua indole silenziosa e la sua naturale inclinazione alla melanconia, fa tutta un'altra musica, pubblicato da una casa editrice a me sconosciuta, fino a ieri l'altro, e specializzata in testi scolastici. Quelli che trovi in cartoleria, mica alla Feltrinelli. Quelli che, se hai un figlio, un fratello, un nipote, magari hai sfogliato, mentre gli sistemavi la merenda nello zaino, oppure sedendoti al suo banco per i consigli di classe, con i professori tutt'intorno e gli scarabocchi ribelli sulla fòrmica verde. Con il rischio che passasse in sordina, che ci si soffermasse su una copertina che non si avvicina all'originale, che la cura messa nella traduzione precisa e nella compilazione di ultime pagine piene di spunti di discussione fosse cosa sprecata, perché nel nostro Paese, nelle nostre scuole, certi argomenti, tabù, non sono mai entrati. La Loescher Editore rischia e c'è chi rischia assieme a lei. Più che sul romanzo in sé, il mio pensiero questa volta si focalizza su ciò che significa proporre in veste didattica uno young adult che parla di omosessualità, oggi, alle scuole secondarie. E, se avete familiarità le mie divagazioni, solo voi sapete quanto sia spietato nel parlare degli spietati adolescenti che vivono quell'età che è fragile ma, con la voce grossa e il bullismo, vuole apparire forte: ci si mette paura a vicenda, ci si dicono parole cattive, ci si passa vivi sì, ma mai del tutto incolumi. Chiudere i ragazzini in camera e buttare via la chiave – almeno fino ai diciotto, che portano assennatezza – o provarci a fare qualcosa per calmare chi è rude e aiutare chi è insicuro? Inquadrato in quest'ottica, Aristotele e Dante scoprono i segreti dell'universo appare ancora più speciale di quel che è, e neanche quei disegni stilazzati – un grande editore ci avrebbe rifilato, probabilmente, i soliti faccioni in primo piano o due indefinibili mani intrecciate – sembrano tutta questa tragedia. Chi si fermerà a quelli, si perderà una lettura significativa – e proposta nella più significativa delle vie – e probabilmente non apprezzerà neanche quel che vi è dietro.  Recensione: Aristotele e Dante scoprono i segreti dell'universo, di Benjamin Alire Saenz Il romanzo di Saenz può sembrare proprio quello scarabocchio a coloro che ricercano l'apparenza. Invece ha una trama esile che si regge su niente - se il niente esige una scrittura immediata, colloquiale e un po' poetica – e personaggi che camminano, senza sapere dove li porterà il passo successivo. Protagonisti di una storia che finisce perché deve ma che potrebbe continuare ancora. Loro sono fatti di vita e la vita, presumo, va avanti. Se c'è una cosa che posso rimproverare a una Loescher che ha tutti i meriti, posso?, è il sottolineare eccessivamente il peso dell'argomento. Sul loro sito, infatti, puoi leggere: “genere: romanzo di formazione”; “tematica: omosessualità”. Non è certamente una rivelazione, si parla di quello, ma “omosessualità” ha un suono troppo definitivo, consapevole: a lungo, Aristotele non sa che omosessuale è il suo migliore amico Dante, che bacia le ragazze ma si innamora dei maschi, e ancora più a lungo non saprà a che punto finisce l'amicizia e quando è che si attacca a parlare d'amore. Ma a sedici anni, alla fine, chi lo sa? All'ora di narrativa si leggeva a voce alta, e io ero sempre quello che leggeva a voce alta, in una classe piene di ragazze che avevano corde vocali e polmoni meno forti dei miei: leggevo antologie di brani, testi sull'immigrazione, una volta perfino Dahl.  Recensione: Aristotele e Dante scoprono i segreti dell'universo, di Benjamin Alire Saenz Mai qualcosa così, sintomo di una scuola non noiosa e non ignorante. Segno che, dall'altra parte della cattedra, c'è vita. Compito per casa: un romanzo che leggerei di mio. Con due protagonisti di quelli riflessivi, con nomi che rispettivamente sono due malloppi, capaci a volte di sembrare grandissimi e a volte piccolissimi: Aristotele – la sindrome del figlio perfetto, l'allergia alle pubbliche manifestazioni d'affetto, il fastidio di sentirsi dire grazie: la stessa identica indole del sottoscritto, insomma – e quel Dante che conosce dopo un tuffo rinfrescante in piscina – figlio di accademici, innocente, espansivo, che non scappa; da volere bene subito e accompagnare, come un suo personale Virgilio, nel limbo della sessualità. Con loro, alla ricerca dei segreti dell'universo – ad esempio, costellazioni nella fedina penale di fratelli di cui nessuno parla, buchi neri di zie ripudiate, comete di sapienza di un papà con il Vietnam dentro, gente che diventa d'un tratto la tua Orsa Maggiore – quelle famiglie meravigliose che annuiscono e sorridono, accettano. Metteteci gli anni ottanta, la realtà di due giovani meticci – americani in Messico, messicani in America –, la pacatezza delle lettere di uno Chbosky visto che gli SMS – colpevoli di avere creato tutta questa distanza - non c'erano, a cavallo tra due estati da ricordare in cui ognuno dei personaggi si romperà qualcosa: le gambe, le costole e, per tutto il tempo, il cuore. Parlatene, ma con accortezza. Leggetelo, ma lentamente. La bellezza della prima edizione Loescher, che ci mostra che la cultura è libertà, non andrà via come il pane – anche se spero il contrario – ma, detto tra noi, meglio così. Aristotele e Dante è come un film indie che solo noi abbiamo visto – il ricordo che va all'inedito The Way He Looks, brasiliano, con un'altra piscina e un altro sentimento cieco, letteralmente – o come quel posto nel deserto che solo noi, un filosofo greco e un poeta fiorentino conosciamo. Stesi nel cassone di un pick up rosso, a contemplare quelle stelle che, secondo un altro Dante, l'amore stesso muoveva. 
"Il sole non fa per i tipi come me. Apparteniamo alla pioggia." Il mio voto: ★★★★½ Il mio consiglio musicale: OneRepublic - I Lived



Hope if everybody runs, you choose to stay. Hope that you fall in love, and it hurts so bad (…) Whit every broken bones, I swear I lived.

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