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Recensione “Calvario” (2015)

Creato il 16 maggio 2015 da Cinetvrecensioni

In una chiesa di un paese irlandese un uomo si presenta in confessionale da Padre James Lavelle (Brendan Gleeson) e, senza mostrare il suo volto, confessa che a 7 anni è stato violentato da un prete che adesso è morto.
L’intenzione dell’uomo ora, è uccidere un prete “buono” (Lavelle stesso) per vendicarsi e da tempo al padre per preparare la sua anima dandogli appuntamento la domenica successiva su una spiaggia per compiere l’omicidio. 1545976_823520704327472_7843332291687883616_n

La narrazione dopo quest’avvenimento segue in diversi giorni il “Calvario” di Padre Lavelle, costretto a confrontarsi anche con i problemi della figlia (avuta prima di prendere i voti) e di una comunità composta da personaggi così eccentrici da sembrare surreali.
Proprio la comunità metterà alla prova la il povero Lavelle, stritolato da velati (e non) pregiudizi verso la Chiesa e verso la sua persona.

Come dice il Piccolo Principe nella favola omonima: “come sono strani questi adulti”, anche in “Calvario” ci troviamo dinanzi ad una civiltà piena di pregiudizi e di perfidia, tanto da farci pensare che il povero padre Lavelle si sarà sentito come il Piccolo Principe finito per caso su un’altro mondo e impaziente di fuggire. 

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Fuga che può essere vista come la sentenza di morte che Lavelle si porta dietro o come un cambiamento da parte sua in negativo, stritolato dalla stupidità che lo circonda.

La pellicola ovviamente è impuntata sui personaggi negativi e questo dopo un po’ consuma lo spettatore che sente la necessità di un cambiamento di registro; l’humor nero che emerge non aiuta più di tanto ma abbinato alle sfumature dark del film, non ci fa avere dubbi sul genere di questo film.

Film che inevitabilmente ci trasporta verso la fatidica domenica finale nella quale Lavelle si troverà dinanzi uno dei cittadini della comunità per il confronto tanto atteso, anch’egli in cerca della fine del suo calvario, pieno di traumi psicologici e fisici. 

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John Michael McDonagh dopo aver diretto “Un poliziotto da Happy Hour” (“The Guard” il titolo originale, imbarazzante quello italiano) si ripresenta a noi con il suo secondo film, scegliendo ancora Brendan Gleeson come protagonista, ma cambiando leggermente copione e prendendosi un po’ più sul serio.
Tentativo riuscito a metà, creando un continuo dialogo incentrato su confessioni e accuse che va a sprofondare nella perversione dei protagonisti.
La cornice geografica (Irlanda) però è stupenda e McDonagh giustamente ce la mostra spesso.
Ottima l’interpretazione di Gleeson in un ruolo difficile, ma sulla sua bravura non c’erano dubbi.
Film da non trascurare!

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