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Recensione. CAPTAIN AMERICA: THE WINTER SOLDIER è una nuova Marvel-meraviglia

Creato il 28 marzo 2014 da Luigilocatelli

Recensione. CAPTAIN AMERICA: THE WINTER SOLDIER è una nuova Marvel-meravigliaCaptain America: The Winter Soldier 3D, un film di Joe e Anthony Russo. Con Chris Evans, Scarlett Johansson, Samuel L. Jackson, Anthony Mackie, Robert Redford, Sebastian Stan, Toby Jones.Recensione. CAPTAIN AMERICA: THE WINTER SOLDIER è una nuova Marvel-meravigliaNon date retta ai recensori bon ton e schifiltosi, e agli antipatizzanti del cinema-spettacolo. Questo è un gran bel film, altroché. Assai più ricco, complesso e stratificato di quanto non dia a vedere. Complotti oscuri contro la democrazia, e ancora una volta è Captain America, il soldato perfetto, a salvare il mondo. Poi c’è Scarlett Johansson, strepitosa. Voto tra il 7 e l’8.
Recensione. CAPTAIN AMERICA: THE WINTER SOLDIER è una nuova Marvel-meravigliaMDopo il più recente Iron Man, dopo The Avengers e questo notevole Captain America numero 2, comincio seriamente a pensare che l’alleanza produttiva-distributiva tra Marvel e Walt Disney stia imprimendo una svolta all’entertainment popolar-planetario, stia marcando un change come una decade e passa fa successe con i Pixar movies (oggi un po’ sgonfi e stanchi). Anzi, il punto di svolta è stato The Avengers, reunion di un bel mucchio di super eroi e diventato film-matrice di spin-off uno meglio dell’altro (includere, oltre ai sopra elencati, anche il buon Thor 2). La Cgi, con tutta la sua sontuosa offerta di effetti speciali, messa però al servizio di storie complesse che, se ruotano intorno a un super eroe, vanno poi a esplorare altri tracciati, financo altri generi; storie e trame che si configurano come nuovo teatro del potere a uso delle masse globali (non diversamente da quanto The Game of Thrones ha rappresentato nella serialità tv). Sembran ragazzate per la loro radice fumettara, sono invece narrazioni sempre più grandiose e potenti dell’avidità, della sopraffazione e, specularmente, della resistenza ai disegni intolleranti e totalitari di un pugno di malvagi. Questo Captain America numero 2, patriottico quanto basta ma non smargiasso, e piuttosto riflessivo e perfino in certi passaggi autocritico, svolta presto da supereroistico in thriller politico, in una ibridazione non certo nuova, ma parecchio interessante e tesa a riposizionare il genere in un territorio più adulto e meno teenager-popcorniano. Rispettando ovviamente il canone e relativi vincoli, gli scontri, le esibizioni muscolari intensificate dai super poteri, le battaglia tra macchinerie e umani e quasi umani o non più umani, i corpi spezzati e ricostruiti in laboratorio, gli umanoidi e i cyborg in azione e all’attacco. Più, in questo caso, l’ipercinesi che di Captain America è la superiore qualità. Tutto nella cornice assai conosciuta, solida, rassicurante  e riconoscibile del Marvel-movie, solo che lo spettacolo vero è quello tra bene e male, difensori della legge contro chi vorrebbe sovvertirla e azzerarla e, ebbene sì, tra democrazia (per quanto imperfetta) e totalitarismo. Son le ombre del ventesimo secolo che si allungano su questo film, son le fiamme delle guerre di allora a percorrere sottotraccia e a rischiare di incendiare questa Washington, questa America di un futuro molto vicino e già distopico.
Steve Rogers, alias Captain America, il perfetto soldato strips-and-stars, si ritrova invischiato in una pericolosa partita d’ombre e di misteri dove nemici e amici si confondono. Tutto comincia quando il capo dello Shield – il servizio di supersicurezza nazionale di cui anche Captain America fa parte – viene attaccato e fatto fuori da un commando super armato. Il nostro dovrà rispolverare la sua corazza, e lo scudo che lo rende (quasi) invincibile, per lottare contro chi sta destabilizzando il paese e i suoi vertici. Fino a diventare a suo volta bersaglio e preda. C’è un complotto, e responsabile è l’Hydra, un’organizzazione fondata dai nazisti e infiltratasi nei gangli della libera America. A dare una mano a Steve Rogers arriva la super eroina Marvel già vista in The Avengers, Natasha Romanoff alias la Vedova nera, là abbastanza sacrificata in un ruolo collaterale e qui promossa a quasi coprotagonista. Più il bravo soldato volante detto Falcon. In tre contro il male, e indovinate chi vincerà. Storia a tratti oscura e labirintica, ma è il prezzo che bisogna pagare a un progetto narrativo volutamente complesso che schiva molte ovvietà e ambisce a farsi (anche) racconto del potere, e dei cattivi poteri. Con perfino momenti meta- di mise-en-abyme e autorispecchiamento, allorché Steve Rogers va in incognito al museo (mi pare lo Smithsonian) a contemplare il se stesso supereroico gigantografato e feticizzato a uso della masse visitatrici, arrivando poi a rubare la divisa di quel sé idolo. Non bastasse, gli autori aggiungono pure una storia familiar-privata, inventando il personaggio del Winter Soldier, antagonista semicyborg di Captain America venuto dal suo lontano passato. Che è la parte meno convincente del film, non riuscendo a conferire al Soldato d’inverno la statura di vero antagonista (e doppio malvagio) e lasciandolo inconcluso e abbozzato. Se la cava molto bene Chris Evans, che da un corpo fin troppo statuario e quasi artificiale riesce a cavare vibrazioni umane. Ma a prendersi il film è Scarlett Johansson, definitivamente una delle migliori in circolazione, che sa dare alla sua Natasha-Vedova nera aggressività, spietatezza e vulnerabilità. Una super eroina di carne e sangue, e anche lacrime, tasformata da Scarlett in personaggio stratificato e complesso. Un’attrice che quest’anno ha avuto il coraggio di essere in Lei-Her solo con la sua voce e poi di buttarsi in un Marvel-movie come questo (passando nel frattempo attraverso un film quasi sperimentale come Under the Skin) merita il nostro rispetto. Si rivede Robert Redeford, sempre più rugoso, e in un ruolo che non ti aspetteresti (non dico altro). I fratelli Joe e Anthony Russo – un’altra coppia di parenti per il cinema americano dopo i Coen, i Farrell, i Wachowski ecc. – dirigono benissimo, con una pulizia e un nitore com’è raro vedere nei film colossali e gonfi di special effects, rispettando la storia e impaginandola al meglio, e, quando possibile, inventandosi immagini e sequenze quasi autoriali, e penso a quell’attacco notturno alla nave sequestrata.


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