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Recensione Dead Man Down – Il sapore della vendetta

Creato il 10 marzo 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

La frase chiave del film: “Sai cosa vuol dire uccidere un uomo?”

Quando un regista non a stelle e strisce riesce a fare un film di successo e, cosa più unica che rara, questo riesce ad interessare i produttori americani, scatta subito il contratto per una pellicola da girare negli States. Questo è già successo ai nostri Benigni e Muccino, e ora è la volta dello svedese Niels Arden Oplev che, per non correre rischi, decide di affidarsi ad una sceneggiatura e ad un genere ben consolidato.
Nel suo Dead man down – Il sapore della vendetta, Oplev mette in scena la storia di Beatrice (Noomi Rapace), sfigurata al volto per un incidente d’auto, e quella di Victor (Colin Farrell), un teppista che non riesce a darsi pace per la morte della moglie e del figlio.
I due hanno qualcosa da condividere: i loro mali non sono stati casuali ma causati. Vicini di casa, Beatrice e Victor decidono di unirsi per vendicarsi dei torti subiti.
A tre anni di distanza dal film rivelazione “Uomini che odiano le donne“, il regista continua ancora a parlare di odio e di vendetta avendo a disposizione un cast tecnico molto raffinato e due attori abbastanza intensi e azzeccati. Se Noomi Rapace, stella svedese al suo quarto film in lingua inglese (esplosa sulla scena internazionale interpretando il ruolo di Lisbeth Salander, eroina del libro di Stieg Larssone, amata dagli hacker, bisessuale, con piercing, tatuaggi ) continua a cesellare un bel ritratto di donna fuori dagli schemi e a regalare qualche emozione, Colin Farrell, invece, utilizza le espressioni classiche del suo repertorio di cattivo fascinoso che, poi, a dirla tutta cattivo non lo è mai fino in fondo. La sceneggiatura è ben scritta, qualche scena è realmente coinvolgente, ma tutto sa di già visto e di stantio. Il thriller è un genere rodato ma qualche guizzo in più non farebbe male. Aspettiamo la prossima prova del regista in terra americana, se mai ci sarà.
Nelle sale dal 14 marzo

A cura di katya Marletta


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