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Recensione: Deathdate, di Lance Rubin

Creato il 12 ottobre 2015 da Mik_94
Il mondo non è perfetto, e non abbiamo il dono del tempo che hanno tutti gli altri. E abbiamo paura, e ci sentiamo confusi, e forse facciamo qualche sbaglio. Forse proviamo a masturbarci con il burro e combiniamo un casino. Ma tu devi morire a testa alta.
Recensione: Deathdate, di Lance Rubin Titolo: Deathdate Autore: Lance Rubin Editore: De Agostini Numero di pagine: 331 Prezzo: € 14,90 Sinossi: Denton Little ha diciassette anni e una sola certezza: morirà la notte del ballo di fine anno. Ma - escluso il pessimo tempismo - nulla di strano. Perché il mondo di Denton funziona così: tutti conoscono la data della propria morte, e tutti aspettano il fatidico momento contando i minuti. Per questo, fino a oggi, la vita di Denton è stata piuttosto normale: la scuola, gli amici e Taryn, la fidanzata. Ma ora mancano due giorni al ballo... e Denton sente di non avere più un secondo da sprecare. Non soltanto perché vuole collezionare più esperienze possibili in meno di quarantotto ore - la prima sbronza, la prima volta, e il primo tradimento - ma anche perché le cose sembrano essersi improvvisamente complicate. Chi è l'uomo sbucato fuori dal nulla che dice di avere un messaggio da parte di sua madre, morta ormai da molti anni? È soltanto un pazzo? E allora perché suo padre ha iniziato a comportarsi in modo tanto bizzarro? D'un tratto le ultime ore di Denton Little si trasformano in una corsa contro il tempo, una disperata ricerca della verità. E forse di una via d'uscita.                                               La recensione Recensione: Deathdate, di Lance Rubin Per mettere alla prova il loro coraggio, in quello che forse è il mio film preferito in assoluto, un gruppo di bambini si spingeva fino alle porte di una casa cupa e decadente, in una notte di metà estate. Bussavano e, prima di scappare via, si trovavano davanti una strana signora: curva, spettrale, inquietante. Avrebbero spiato, così, nell'occhio di vetro della strega, una porzione di futuro. Precisamente: il momento del loro triste trapasso. Chi caduto da una scala traballante, chi colto da un imbarazzante infarto sul gabinetto; chi – come Edward Bloom – destinato, invece, a una morte senza precedenti; per lo spettatore, un segreto agrodolce fino all'ultima, magica sequenza. Se fosse possibile, al posto dei protagonisti, dareste anche voi una sbirciatina dall'altra parte, oltre il confine, per non essere colti impreparati quando l'ora fatale si avvicina? Sì, no? E se, in un futuro non precisato, non aveste possibilità di scelta? Nel mondo di Denton Little – lontano nel tempo da quel che ci è dato da sapere, ma per il resto identico al nostro – si nasce con una data di scadenza impressa: una piccola indagine, un test e, durante il primo giorno di vita, per i genitori e i parenti, è già possibile conoscere l'ultimo. La data: non l'ora, né la causa del decesso. C'è chi muore anziano - per angosciarsi, quindi, sai quanto tempo c'è; chi, come Denton, ha un'esistenza dal capolinea vicinissimo: lui morirà a diciassette anni, nel fiore della gioventù. Deathdate - romanzo di esordio di Lance Rubin – racconta, in ordine, la storia del suo ultimo giorno al mondo. Un countdown che ha inizio la mattina, da un confuso risveglio in uno sconosciuto letto di ragazza, e termina la notte successiva, durante il ballo della scuola, ma in sospeso; senza svelarvi troppo, mi sembra necessario dirvi che il finale, infatti, è aperto ma d'impatto e che, previsto per chissà quando, si aspetta molto volentieri l'arrivo di un seguito. Il simpatico Denton, nei giorni direttamente precedenti al grande congedo, almeno, è sempre stato un ragazzo modello: un amico leale, un figlio rispettoso, un fidanzato fedele. Cosa non gli si perdonerebbe, insomma, durante il festeggiamento della sua morte imminente? 
Recensione: Deathdate, di Lance Rubin Sbandate, pazzie e incidenti di percorso, infatti, sono permessi quando è l'ultima volta per dare colpi di testa, osare un po'. Tutto filerebbe come programmato – un prefunerale in cui a lui, ancora vivo e in salute, tocca il discorso più atteso e toccante; una veglia con compagni e parenti in cui, sempre vivissimo, trascorrere i momenti rimanenti in mezzo al conforto di chi c'è sempre stato - se non fosse per la comparsa, tra una lacrima e un abbraccio, di episodi curiosissimi, che vanno dal comico al misterioso. Tradisce la fidanzata recalcitrante con Veronica, la sorella maggiore del suo migliore amico; il bullo della scuola, perfino in quella data, vuole dargli barbaramente filo da torcere; un dottore sbucato dal passato, amico intimo di quella mamma che è morta mettendolo al mondo, ha un piano imperscrutabile da rivelargli. Il tutto, mentre con brio si scivola dalle istanze dello young adult a quelle di una grottesca spy story e il protagonista, insieme a chi gli è stato carnalmente vicino, inizia a coprirsi di chiazze viola. Lance Rubin, con in testa un'idea originalissima e, per il resto, simpatico di suo, esordisce con un romanzo che non è come sembra. Deathdate è uno stravolgimento e una libera parodia, per me, di quei romanzi così numerosi, dopo il boom di Colpa delle stelle, da meritarsi un sottogruppo tutto per loro, nella narrativa per ragazzi: li chiamano “sick lit”. 
Recensione: Deathdate, di Lance Rubin Ma sì, quelli in cui uno dei protagonisti, dal destino segnato, sta morendo e, con amici e fidanzate varie nei paraggi, si interroga sul senso del tempo, della vita, dell'amore; viaggiando e, finché si è in forze e giovani, vivendo ogni giorno come fosse l'ultimo. Una cosa del genere. Con Rubin si ride a crepapelle lì dove si dovrebbe piangere e tutto l'ordine è infranto, tutto è il contrario di tutto: all'inizio il discorso di Denton al suo stesso funerale – simile a quello di Gus e Hazel, eppure diverso: uno sfogo semiserio più ironico che affranto, controcorrente – e a metà le cose da ragazzi – fraintendimenti, gelosie, inimitabili siparietti in cui l'umorismo nero e il nonsense vincono a mani basse. Ha lo stesso difetto, però, che riscontro nei romanzi dalle ore contate; quelli ambientati in tempo reale: si pensa al qui e ora – il futuro è un buco nero, il passato è una terra straniera – e ai protagonisti, gente che vive nel presente, manca oggettivamente un po' di profondità. Resoconto di notti rocambolesche e libertine in cui tutto o quasi è lecito, Deathdate comunque piace per un linguaggio più colorito del solito – qualcuno ha capito che non esistono diciassettenni che parlano come libri stampati – e per personaggi da sitcom. Ho pensato alla deliziosa serie british Scrotal Recall – comedy in cui una malattia venerea era una scusa per pensare all'amore dato e ricevuto: agli amori andati – grazie all'esilarante amico Paolo, alla tentatrice e scostante Veronica, alla leziosa Taryn, a genitori epici e a chiazze colorate che, come un virus o la morte stessa, si diffondono. Nonostante la trama sinistra e un epilogo potenzialmente tragico in agguato – è nei patti che, salvo colpi di scena, il protagonista muoia nelle battute finali – Deathdate è più American Pie che In Time. Un gaudente e ironico giro di prime (e ultime) volte e non una corsa alla vana ricerca del tempo perduto. Il mio voto: ★★★ Il mio consiglio musicale: Good Charlotte – Last Night

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