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Recensione del film GEMMA BOVERY di Anne Fontaine

Creato il 29 gennaio 2015 da Masedomani @ma_se_domani

GEMMA-BOVERY_Poster

Emma Bovary viveva in provincia, era la moglie dell’ufficiale sanitario Charles Bovary, e per scacciare la noia si diede all’adulterio. “Madame Bovary” è il capolavoro di Gustave Flaubert, è un cosiddetto classico anche se venne da subito additato come oltraggioso al buon pensare e buon costume. Durante gli anni delle scuole, per lo meno ai miei tempi, questo libro è percepito come una boccata di aria fresca. Nonostante le pagine siano cariche di sofferenza e la trama non sprizzi allegria, di fatto trasudano tensione ed erotismo, cosa che solletica non poco la fantasia degli adolescenti rendendo la lettura ben più divertente di altre imposte dai professori durante le vacanze.

“Gemma Bovery” è il nuovo film di Anne Fontaine (la regista di “Two Mothers”) e non temete se il titolo vi riporta alla memoria le pagine dedicate all’eroina di Flaubert. Anche al protagonista della nostra storia, Martin, è capitata la stessa cosa. Martin è un intellettuale parigino che si ritira in Normandia dopo aver rilevato la panetteria di famiglia. L’uomo cerca di dimenticare gli insuccessi cittadini creando baguette e altre delizie in un piccolo paese nel nord della Francia. La sua quieta routine sarà spezzata dall’arrivo dei nuovi vicini: una coppia inglese, Emma e Charles, i cui nomi (e non solo) faranno sobbalzare il nostro eroe di provincia.

Photo: courtesy of Officine UBU

Photo: courtesy of Officine UBU

L’opera è la trasposizione cinematografica della graphic novel di Posey Simmonds, autrice di un altro fumetto portato con successo in sala, “Tamara Drewe” di Stephen Frears. La storia di Gemma ha la stessa grazia che contraddistingueva quella di Tamara, l’attrice è addirittura la stessa, ma l’ambiente e il protagonista maschile sono invece presi da altra pellicola deliziosa, “Molière in biciletta”. Gemma Arterton e Fabrice Luchini formano la strana coppia, o meglio, sono i vicini di casa protagonisti di una dolce commedia, ricca di riferimenti, sorprese e ironia.

Il nuovo lavoro della regista francese è, infatti, unico nel suo genere. Cosa lo rende tale? La Normandia con i suoi colori, profumi e tradizioni; la presenza di Flaubert senza dover rileggere le sue pagine sempre attuali; la condotta dei protagonisti, così inconsapevolmente simile alle pagine del classico; il sex-appeal di Gemma Arterton; le inquadrature di Anne (Fontaine); la luce calda che rende tutto più intimo e ci porta in stanze in cui aleggia il profumo di pane; e quei dialoghi intelligenti, sottili ed eleganti che trasudano ironia e sensualità.

Photo: courtesy of Officine UBU

Photo: courtesy of Officine UBU

“Gemma Bovery” non insegna, non sfoggia conoscenza, non è snob, al contrario è un piccolo film, curato e delizioso. È come quei pasticcini mignon, tanto piccoli, quanto delicati e preziosi. È una mosca bianca che spicca nello sciame di opere chiassose che si danno battaglia al botteghino ogni weekend. È un bel diversivo da pellicole tutte uguali. Fabrice Luchini è stato di grazia, convincente con le sue smorfie e battute al punto da confondersi con Martin. Gemma Arterton è un vulcano, ispira simpatia, ricorda la comune umana fragilità ed ha un’innocente carica erotica che buca lo schermo. La trama è tanto fiabesca quanto reale e profuma di storie antiche. Da non perdere.

Vissia Menza


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