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Recensione di I ragazzi Burgess di Elizabeth Strout

Creato il 16 ottobre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

6 Flares 6 Flares × Recensione di I ragazzi Burgess di Elizabeth StroutVoto:
Informazioni sul libro
Titolo: I ragazzi BurgessElizabeth Strout
Pubblicato da:Fazi
Collana:Le strade
Genere:Narrativa Contemporanea
Formato e pagine:
Social:Goodreads
Disponibile su:
in offerta
usato
Trama:
I ragazzi Burgess, Jim, Bob e Susan saranno costretti a riavvicinarsi e a confrontarsi con un tragico incidente nel quale, molti anni prima, aveva perso la vita il padre.

A cinque anni di distanza da Olive Kitteridge, la raccolta di racconti che l’ha resa celebre e con cui ha vinto nel 2009 il Premio Pulitzer, torna Elizabeth Strout con un nuovo romanzo I ragazzi Burgess (Fazi Editore, 2013). L’autrice, considerata una delle voci più importanti della letteratura americana contemporanea, è nata e vive nel Maine, la terra dove in parte è ambientata questa storia. I ragazzi Burgess sono tre fratelli, ormai sulla cinquantina, originari di Shirley Falls, piccolo e freddo paese del Maine. Jim è un avvocato di successo e un uomo di grande popolarità mediatica; Bob è anch’egli avvocato, ma di basso profilo e vive nel culto del fratello; Susan, abbandonata dal marito, è una donna un po’ sciatta e palesemente depressa. La narrazione prende spunto da una vicenda sgradevole che vede coinvolto il figlio di Susan, il diciannovenne Zachary, il quale, durante la celebrazione del Ramadan, compie un gesto in apparenza inspiegabile, gettando una testa di maiale all’interno di una moschea dove si trova riunita in preghiera la comunità somala del Maine. Tale evento, pur nella sua drammaticità, riunisce la famiglia e costringe i componenti a confrontarsi con un tragico incidente nel quale, molti anni prima, aveva perso la vita il padre.

Un evento che ha travolto le loro vite, diventando un tabù. L’isolamento psicologico prodotto dalla sciagura infatti, aveva portato entrambi i maschi a trasferirsi a New York. L’opera rappresenta un’attenta riflessione sulla nostra società e sul fatto che il passato ci perseguita e non smette mai di “parlarci”. I conflitti razziali che esplodono all’interno di un microcosmo, incarnano il primo e più evidente tema che viene affrontato, e pongono l’accento sulla situazione politica della Somalia. Sull’infruttuoso intervento degli Stati Uniti in quel paese e sulle difficoltà di integrazione che la popolazione affronta ogni giorno. Una comunità fiera delle proprie tradizioni, diffidente nei confronti dell’America, che avverte un forte desiderio di recuperare le proprie radici e non intende “mescolarsi” con gli americani. La Strout analizza con occhio attento l’America contemporanea così come l’umanità in generale, mentre narra una storia in cui sono sapientemente alternate quotidianità e profonde riflessioni. “Nessuno conosce mai veramente qualcuno”, sembra essere il concetto attorno al quale ruota l’intera analisi. I sentimenti dominanti sono l’amore fraterno e quello coniugale, come fossero una corda robusta che a tratti si assottiglia, ma non si spezza, indicando sempre la direzione da prendere. Il senso ineluttabile di declino che investe i protagonisti e la descrizione di avvenimenti tragici all’interno di una comunità provinciale, finiscono per travolgere anche i personaggi a loro vicini. Numerosi sono infatti i matrimoni che si sfaldano, all’interno della famiglia Burgess. Tra le righe passa il messaggio di andare oltre i pregiudizi senza fermarsi alle apparenze, accettare il semplice fatto che non esiste un modo perfetto di vivere.

Al di là degli eventi narrati, la Strout è un’autrice che costruisce i suoi personaggi lentamente, pezzo dopo pezzo, mettendo sempre in luce l’impossibilità della perfezione, smascherando certi meccanismi sociali ipocriti e meschini. “È stato un lavoro lungo- ha dichiarato Elizabeth Strout, che ha impiegato sette anni a scrivere il romanzo – anche perché, inserendo nella storia la comunità somala del Maine, ho dovuto studiare. Ho letto decine di libri, ho parlato con loro, ho cercato di entrare nelle loro teste”. I personaggi evolvono, ad un certo punto prendono vita propria, trasformandosi nell’esatto contrario di quello che erano all’inizio. Si rivelano in tutta la loro essenza. L’opera è divisa in quattro parti, e forse inizia un po’ in sordina, ma man mano che si procede nella lettura, la storia appassiona sempre di più. Un linguaggio semplice, quello utilizzato dalla Strout, accompagnato da una vena poetica che rende molto gradevoli le descrizioni. “I ragazzi Burgess” è un buon libro che consigliamo a chi non ha bisogno di avventure eclatanti, bensì trova nella quotidianità e nella famiglia la consolazione di poter sbagliare.

Cristina Biolcati



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