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Recensione di Il ragazzo che sognava Kim Novak di Hakan Nesser

Creato il 30 giugno 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

11 Flares 11 Flares × Recensione di Il ragazzo che sognava Kim Novak di Hakan NesserIl ragazzo che sognava Kim NovakHakan Nesser
Pubblicato daGuanda
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Le Fenici
Genere:Mistero
Pagine:
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La trama:
Un’estate da ricordare: due adolescenti che instaurano un’amicizia rara, un giovane che si dedica alla scrittura del suo libro realista, una madre in punto di morte, una supplente bellissima che fa innamorare tutti i suoi alunni. Un libro che parla di amicizia, di amore, di morte e di crescita. Un libro che ti mette voglia di alzarti dal divano e vivere, perché il tempo a nostra disposizione non è infinito.

Cominciamo dall’inizio: la copertina. Chi mi conosce sa che lo considero un elemento importante. Suddivido le copertine in tre categorie: quelle fatte e pensate così bene che di per sé giustificano l’acquisto di un libro, quello che lasciano il lettore del tutto indifferente e infine ci sono quelle che quasi fanno desistere dall’acquisto (come per esempio può essere per la sottoscritta che soffre di aracnofobia un’immagine di un bel ragno in bella mostra). Per quanto mi riguarda, la copertina della Guanda qui in questione fa parte della categoria intermedia: né caldo né freddo. Ma andiamo pure oltre. Prima di tutto: chi è Kim Novak, per chi fosse ignorante in materia e, come me, non lo sapesse, è bene specificare che si tratta di un’attrice in voga negli anni 50/60, dalle forme di Marylin Monroe e la grazia di Grace Kelly. Sapendo questo, è facile capire come il protagonista la consideri un idolo di bellezza.

Non avevo mai letto nulla prima di Hakan Nesser, autore svedese, ed ero un po’ scettica al riguardo. Non so dire bene il perché, di certo non si tratta di nazionalismo, visto che ho molto apprezzato autori del calibro di Herman Kock, credo si trattasse semplicemente di una sana diffidenza iniziale. Ma Nesser ti conquista e lo fa piano piano, entra nella tua testa in punta di piedi e ci mette le radici prima che tu te ne renda conto. La storia, narrata in prima persona dal protagonista, quando sono passati già più di vent’anni dai fatti accaduti, inizia in un’estate degli anni Sessanta in cui fin dall’inizio sappiamo succederà qualcosa di brutto, qualcosa che cambierà il destino dei protagonisti, di cui il protagonista parla come del Fattaccio. Per tutto il tempo ci convinciamo che si tratti di un inevitabile quanto doloroso lutto in famiglia, ma verremo presto smentiti.

Sono molte le sfaccettature che ho apprezzato di questo romanzo, prima di tutto la sensibilità del protagonista: un quattordicenne con un piede nel mondo degli adulti che si trova spesso a riflettere su che cosa voglia dire essere adulti. Molto spesso lo vediamo criticare quelli che sono gli atteggiamenti e i modi di parlare degli adulti, quando basterebbe stare zitti se non si ha niente da dire. Ma soprattutto, si tratta di un ragazzino che per la prima volta nella sua vita si trova a dover affrontare la Morte, e la lotta è nettamente impari. Affrontare la malattia, la degenza in ospedale e, infine, la morte della propria madre per un ragazzino di quattordici anni vuol dire rifugiarsi in bagno per non vedere, non sentire e, soprattutto, non dover parlare… non dover parlare mai.

Molto bello, per quanto mi riguarda, anche veder nascere e poi maturare l’amicizia con Edmund: un’amicizia rispettosa e intima come solo nell’adolescenza si possono instaurare. Devo dir la verità, io ho adorato Edmund, con il suo modo di fare, il suo modo di pensare e di esprimersi, persino il suo rigido modo di far colazione mi risulta piacevole. È la spalla di Erik, una spalla che spesso parla al posto suo, una spalla su cui poter decisamente contare. E poi ci sono gli adulti: la madre di Erik, malata terminale; il papà di Erik, un uomo troppo preso dal dolore per sapere come affrontarlo; la madre di Edmund, alcolizzata; il vero padre di Edmund che lo picchiava con la cintura per poi piangere. Un mondo degli adulti, quindi, che non lascia grande spazio alla speranza e alla positività.

Infine c’è Henry, il fratello maggiore di Erik, un ragazzo di 22 anni che ancora non si è fatto abbattere dalla vita adulta e che tra lavoro, donne e il suo desiderio di scrivere un libro cerca la propria strada, cercando di affrontare al meglio la morte di un genitore. Il suo rapporto con Erik è quello tipico tra fratelli: poche parole, pochi gesti ma ricchi di significato. Ultima c’è Ewa, una ragazza così bella da non passare inosservata: s’innamorano di lei il fidanzato, famoso giocatore di pallamano, adatto più a un campo da boxe; Henry e persino Erik. È da questo intreccio che deriverà il Fattaccio. Infine c’è il lettore, che nonostante il dolore sempre latente in questo libro, si ritrova a desiderare di rivivere una di quelle estati spensierate che solo l’adolescenza ti può offrire. Per quanto mi riguarda, il finale è stato assolutamente inaspettato.

Citazione da Il ragazzo che sognava Kim Novak: “Se un uomo non può diventare nient’altro, che almeno diventi un gentiluomo.”

Daniela Mastropasqua

To be continued



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